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La delibera Arera modifica il TICA: da oggi basta il modello unico fotovoltaico

La delibera Arera 674/2022/R/efr modifica il TICA: da oggi basta il modello unico fotovoltaico per l’installazione di impianti fino a 200 kW di potenza sul tetto della tua abitazione o condominio

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I prezzi di gas e luce hanno raggiunto vette impensabili fino a solo qualche anno fa. Il risultato è che sempre più famiglie italiane si trovano in difficoltà in quanto non riescono più ad arrivare a fine mese a causa di questi aumenti. Per questo motivo sono sempre più le persone che cercano di ricorrere a soluzioni alternative per cercare di ridurre i propri consumi e quindi le loro spese energetiche.

Fra queste soluzioni alternative, una delle più efficaci è senza dubbio ricorrere ad un impianto fotovoltaico in grado di utilizzare l’energia solare per produrre energia elettrica per il tuo fabbisogno energetico. Una soluzione, questa, per cui esistono anche diverse agevolazioni e bonus di cui parliamo meglio in questo approfondimento. Nonostante la presenza di questi incentivi e/o agevolazioni, tuttavia, installare un impianto fotovoltaico prevedeva, almeno fino a poco fa, un lungo processo autorizzativo e burocratico. Per questo, molte persone, seppur interessate ad installarne uno, non riuscivano a farlo perché si arenavano nei meandri della burocrazia.

Ma oggi non è più così! Installare i pannelli solari fotovoltaici, grazie alla Delibera 6 dicembre 674/2022/R/efr di Arera da adesso infatti sarà sempre più semplice. Tramite questa delibera infatti, Arera, estende la possibilità di ricorrere al modello unico per la richiesta per l’installazione e realizzazione, la connessione e l’esercizio di impianti solari fotovoltaici di potenza fino a 200KW e per quelli di microcogenerazione fino a 50 KWE. Il tutto è stato possibile grazie alla sostanziale modifica del TICA (testo integrato delle connessioni attive) che approfondiremo tra poco.

Ma come funziona di preciso la possibilità di ricorrere al modello unico semplificato per l’installazione di un impianto fotovoltaico? Ne parliamo qui di seguito.

La delibera del 6 dicembre 674/2022/R/efr

La delibera di Arera 674/2022/R/efr introduce quindi la possibilità di ricorrere al modello unico per l’installazione di impianti fotovoltaici fino a 200 kw. In questo modo, molti degli impianti fotovoltaici di piccola e media taglia potranno essere posizionati senza particolari noie burocratiche.

Per fare in modo di ottenere questa preziosa semplificazione, Arera ha di fatto modificato il TICA (testo integrato delle connessioni attive) che era in vigore. D’altronde era proprio lo stesso TICA a stabilire le modalità e connessioni tecnico economiche per la connessione alla rete degli impianti di produzione di energia elettrica. Con le modifiche introdotte da ARERA, adesso entra in vigore appunto il modello unico fotovoltaico.

Tale modello a sua volta si rifà a quanto stabilito dal dlgs 199/2021. In particolare, l ’art. 25, comma 3, lettere a) di tale decreto infatti prevedeva il ricorso ad un documento semplificato per gli impianti fotovoltaici fino a 50kW ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 5 del dlgs 28/2011 per la realizzazione, la connessione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. La delibera quindi modifica questo limite di 50 kW innalzandolo adesso a 200 kW.

L’iter burocratico prima del Modello unico fotovoltaico fino a 200 kW semplificato

Prima di scoprire il modello unico semplificato per l’installazione di un impianto fotovoltaico, abbiamo brevemente ricostruito come funzionava l’iter burocratico prima della delibera di ARERA. Fino a questo momento infatti l’iter procedurale per richiedere l’installazione di un impianto fotovoltaico di potenza superiore ai 50 kW era complesso. Per l’installazione di questi impianti fotovoltaici era infatti necessario seguire gli step qui di seguito:

  1. autorizzazione da parte del comune che ospita l’edificio (dell’impresa o dell’abitazione) sulla quale andrà installato l’impianto;
  2. messa in sicurezza del cantiere e comunicazione al comune delle date di inizio e fine lavori;
  3. richiesta di connessione alla rete tramite il Distributore locale;
  4. registrazione al sito GSE e attivazione della convenzione per lo Scambio sul Posto (per cessione totale in assenza di un sistema di accumulo o parziale qualora presente);
  5. registrazione presso Terna S.p.A. società che censisce e gestisce l’anagrafica unica degli impianti fotovoltaici nazionali;
  6. invio della scheda dell’intervento ad ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) per la richiesta delle detrazioni fiscali in vigore.

Obbiettivo del modello unico

L’adozione del modello unico per l’installazione di impianti fotovoltaici fino a 200 kW avvenuta tramite la delibera di ARERA ha un scopo ben preciso.

Grazie a questo iter burocratico infatti sarà possibile seguire un iter più snello e facile e quindi di fatto agevolare il ricorso a questo tipo di impianti a fonti rinnovabili. Agevolando il ricorso all’energia ottenuta da fonti rinnovabili, di fatto si sta sostenendo quel percorso verso una maggior sostenibilità ambientale che passa attraverso la riduzione delle emissioni di gas serra ed inquinanti. Sono questi ultimi infatti i responsabili principali dei recenti cambiamenti climatici in atto.

La delibera di ARERA quindi  definisce tutte le condizioni e le modalità per l’attuazione del modello unico semplificato per gli impianti solari fotovoltaici su edifici, strutture o manufatti ecc… di potenza nominale fino a 200 kW.

Esclusioni previste dal modello unico per l’installazione di impianti fotovoltaici

Le norme recentemente introdotte non cambiano tuttavia le modalità di esclusione per l’installazione di impianti fotovoltaici. Questo significa quindi che il modello unico non potrà essere utilizzato per gli impianti solari fotovoltaici installati in aree specifiche di cui all’articolo 136 comma1, lett. b) e c) del dlgs 42/2004. In altre parole non potranno avvalersi del modello unico gli impianti fotovoltaici che saranno realizzati su edifici ed aree come:

  • ville, giardini e parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza;
  • complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici.

Precisiamo però che possono tuttavia utilizzare tale modello unico semplificato gli edifici che rientrano nell’ultima casistica sopra esposta a patto che:

  • l’installazione dei pannelli solari non risulti visibile dagli spazi pubblici e dai punti di vista panoramici.

Struttura del modello unico fotovoltaico

Il modello unico fotovoltaico, presente nell’allegato 1 del decreto, è strutturato nel seguente modo:

  • Nella prima parte devono essere riportati i dati anagrafici del proprietario e dell’immobile o del bene oggetto dell’intervento;
  • Nella seconda parte invece il soggetto richiedente dovrà dichiarare di essere in possesso della documentazione rilasciata dal progettista circa la conformità dell’intervento;
  • Infine, nella terza parte dovranno essere indicati i dati funzionali alla connessione e all’accesso al mercato da parte degli impianti di produzione.

Campo di applicazione

Il modello unico semplificato per il fotovoltaico può essere utilizzato nei seguenti casi:

  • potenziamento di impianti esistenti,
  • modifica di impianti esistenti,
  • realizzazione di nuovi impianti,
  • connessione di impianti esistenti o appena realizzati,
  •  l’esercizio degli impianti di produzione.

I possessori di tali impianti e gli impianti stessi devono però rispettare le seguenti caratteristiche: 

  • i possessori devono essere clienti finali già dotati di punti di prelievo attivi per i quali siano necessari interventi di realizzazione, modifica o sostituzione dell’impianto per la connessione del gestore di rete, secondo le modalità individuate dall’ARERA;
  • gli impianti devono avere potenza nominale complessiva, al termine dell’installazione, non superiore a 200 kW;
  • tali impianti devono prevedere il ritiro dell’energia elettrica da parte del GSE.

Modalità operative

Un recente decreto del MiTE definisce le condizioni e le modalità tramite cui sarà possibile utilizzare il modello unico semplificato per l’installazione di un impianto fotovoltaico. Qui di seguito abbiamo quindi elencato quali sono i punti da seguire per trasmettere il modello correttamente.

Dovrà essere il richiedente a compilare e trasmettere in via informatica, al gestore il modello unico fotovoltaico. Costui inoltre, prima di iniziare i lavori, dovrà fornire i dati anagrafici richiesti presenti nell’allegato, prendendone visione e accettando le condizioni contrattuali definite dal gestore di rete per la gestione e i relativi costi, come definiti nel TICA.

Anche il gestore di rete ha degli obblighi. Costui infatti dovrà verificare che la domanda sia compatibile secondo la modalità definite da ARERA. A questo punto possono verificarsi diversi scenari.

In caso in cui il gestore esprima esito positivo, la pratica verrà avviata immediatamente e non è previsto l’emissione del preventivo per la connessione. In questo caso sarà il gestore ad informare il soggetto richiedente che provvederà a:

  • inviare copia del Modello Unico al Comune;
  • caricare i dati sul portale Gaudì;
  • inviare copia del Modello Unico al GSE;
  • addebitare al soggetto richiedente gli oneri per la connessione;
  • inviare copia delle ricevute delle comunicazione;
  • inviare i file dati in merito all’impianto alla Regione o alla Provincia autonoma, tramite PEC.

Invece, nel caso in cui sia stata accertata la necessità dei lavori complessi per la connessione ai sensi del TICA, il gestore dovrà informare il soggetto richiedente, specificandone i motivi.

Casa accade una volta terminati i lavori per l’impianto fotovoltaico?

Una volta terminati i lavori, il soggetto richiedente dovrà trasmettere al gestore di rete la II parte del Modello Unico prendendone visione e accettando il regolamento e il contratto previsto. Solo a seguito della ricezione di questa seconda parte del modello unico fotovoltaico, il gestore di rete potrà:

  • inviarne copia al comune;
  • inviare copia al GSE;
  • caricare i documenti sul portale GAUDI;
  • addebitare l’eventuale saldo di connessione;
  • inviare copia delle ricevute al soggetto richiedente.

Infine il soggetto che richiede tale agevolazione dovrà mettere a disposizione tutte le informazioni e la documentazione eventualmente richieste dai soggetti deputati, al controllo sulla veridicità delle dichiarazioni rese con il Modello Unico.

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Cosa è e come funziona il bonus caldaia 2023?

Tutto quello che devi sapere sul bonus caldaia 2023. Approfitta dello sconto del 50 o 65% per la sostituzione del tuo vecchio generatore di calore!

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Aggiornato il 27/01/2023

Come saprai già di sicuro, quella dell’efficientamento energetico degli edifici è una tematica che sta particolarmente a cuore ai nostri politici. I governi che si sono succeduti in questi anni infatti hanno sempre messo in campo delle agevolazioni, più o meno sostanziose, per sostenere gli interventi di efficientamento energetico di cittadini ed imprenditori. Fra queste agevolazioni spiccano senza dubbio quelle previste dai famosi Ecobonus nei quali rientra anche il bonus caldaie 2023.

Se quindi con l’arrivo dell’inverno ti trovi a dover sostituire della tua vecchia caldaia, abbiamo una buona notizia per te. La spesa che dovrai sostenere per l”intervento di sostituzione della tua vecchia caldaia sarà notevolmente ridotta. Il bonus caldaia 2023 infatti prevede due aliquote di detrazione fiscale: una del 50% ed una del 65%, qualora il richiedente rispetti i requisiti fissati dalla normativa.

L’ecobonus per la sostituzione della caldaia è in realtà una detrazioni fiscale sull’IRPEF e sull’IRES che può essere riscossa in dichiarazione dei redditi in 10 quote annuali di pari importo. Ma la convenienza del bonus caldaia 2023 è un altra. Per effetto del DL Rilancio, la detrazione può essere convertita in credito d’imposta da cedere alla ditta che effettua i lavori in cambio di uno sconto in fattura di pari importo. Questo significa che domani stesso, potresti installare una nuova caldaia pagandola il 50% o addirittura il 65% in meno rispetto al suo costo originario.

Ma come funziona questo Bonus Caldaia 2023? Quali spese vi possono rientrare?

Abbiamo cercato di fare il punto della situazione insieme ai nostri esperti in questo approfondimento. Continua a leggere per scoprire di più.

Sei curioso di scoprire quali sono gli incentivi per il riscaldamento domestico in vigore nel 2024? Allora clicca qui e scoprili subito!

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Bonus caldaia 2023: cos'è, come funziona e come ottenerlo

Bonus caldaia 2023: cos’è, come funziona e come ottenerlo

Bonus caldaia 2023: cosa sono gli ecobonus?

Con il termine “Ecobonus” viene indicata la detrazione del 65% dall’IRPEF (Imposta sul reddito delle persone fisiche) o dall’IRES (Imposta sul reddito delle società). La detrazione in oggetto viene concessa sulle spese che si sostengono per aumentare l’efficienza energetica di edifici esistenti che rispettano determinati requisiti. Fra queste spese, è evidente, rientrano anche quelle da sostenere per la sostituzione della tua vecchia caldaia.

E’ stata la Legge di Bilancio 2018 (Legge 27 dicembre 2017, n. 205), ad introdurre importanti novità su quello che è anche chiamato bonus caldaie 65 %. Secondo tale legge:

“la detrazione del 65% si applica per gli interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione di efficienza almeno pari alla classe A di prodotto prevista dal citato regolamento delegato (UE) n. 811/2013 e contestuale installazione di sistemi di termoregolazione evoluti, appartenenti alle classi V, VI oppure VIII della comunicazione della Commissione 2014/C 207/02, o con impianti dotati di apparecchi ibridi, costituiti da pompa di calore integrata con caldaia a condensazione, assemblati in fabbrica ed espressamente concepiti dal fabbricante per funzionare in abbinamento tra loro, o per le spese sostenute all’acquisto e posa in opera di generatori d’aria calda a condensazione.”

Validità del bonus caldaia 2023

Come spesso accade in materia di detrazioni fiscali, la loro validità, di solito, non è molto estesa nel tempo. Tuttavia in questi ultimi anni ci siamo trovati ad affrontare degli eventi che pensavamo essere alquanto improbabili.

In particolare, ci riferiamo alla pandemia dovuta al coronavirus, che ha costretto imprese e cittadini italiani al lockdown con una conseguente crisi economica. Per questo il governo Conte bis è intervenuto per cercare di rilanciare il settore dell’edilizia con delle misure straordinarie come il Superbonus 110%. Ma non solo queste.

In questo contesto infatti il governo ha anche colto l’occasione per prorogare la validità degli ecobonus fino a fine 2024. Questo significa che potrai ancora usufruire del bonus caldaia 2023 fino a tutto il 2024.

Una possibilità quest’ultima che potrebbe essere particolarmente preziosa visto il rincaro del gas che la guerra tra Russia e Ucraina sta provocando. Un rincaro che ammonta anche a 5 volte il prezzo di qualche mese fa e che sta mettendo in ginocchio famiglie come la tua ed imprese. In questo contesto, sostituire la tua vecchia caldaia a gas con un nuovo generatore di calore potrebbe essere l’unica soluzione per abbattere i costi delle bollette. Una sostituzione che può avvenire sfruttando il bonus caldaia 2023 e quindi gli sconti in fattura del 50 o 65%.

Modalità di godimento della detrazione

La detrazione fiscale IRPEF o IRES a cui si può accedere tramite il bonus caldaie 2023 viene spalmata in 10 anni. L’importo totale della detrazione va quindi suddiviso in 10 rate di uguale importo che andranno scaricate tramite la dichiarazione dei redditi (modello 730 o Unico).

Tuttavia, come abbiamo già avuto modo di accennare, la validità dell’ecobonus è stata prorogata fino a tutto il 2024. Con essa è stata anche prorogata la possibilità, per il beneficiario, di optare per lo sconto in fattura o per la cessione del credito.

Richiedere lo sconto in fattura di fatto significa pagare la nuova caldaia il 50% o 65% in meno. Ma significa anche far anticipare all’impresa i soldi necessari allo svolgimento dei lavori. In cambio di questo sconto però dovrai cedere alla stessa il credito d’imposta che maturerai usufruendo della detrazione. In questo modo l’impresa potrà diventare creditore d’imposta, e potrà utilizzare in compensazione tale credito d’imposta. Ov è come se avesse uno sconto sulle future tasse da pagare.

Ma il Decreto Rilancio, con il quale è stata ampliata la platea dei beneficiari non prevede solo questo. Prevede anche la possibilità di cedere questo credito ad altri soggetti, compresi gli Istituti di credito (banche ecc.) ed altri Intermediari finanziari. Una cessione di fatto andrebbe a liquidare l’importo permettendo alle imprese che effettuano i lavori di riscuotere quanto loro spetta e di poter così riutilizzare i soldi nel proseguire i lavori. Il tutto in maniera immediata e senza dover aspettare 10 anni.

IMPORTANTISSIMO. Con il DL Antifrodi, anche per l’ecobonus 65 2022, è diventata obbligatoria la congruità dei prezzi, oltre all’apposizione del visto di conformità da parte del CAF o del commercialista nel caso in cui il beneficiario decida di optare per lo sconto in fattura o il credito d’imposta.

Quali interventi rientrano nel bonus caldaia 2023?

Potrai rientrare nel bonus caldaia 2023 se deciderai di effettuare uno degli interventi qui di seguito:

  1. La sostituzione dell’impianto di riscaldamento con una caldaia a condensazione di classe A o superiore, con contestuale installazione dei sistemi di termoregolazione come le valvole termostatiche e comandi remoti evoluti può farti beneficiare di una detrazione del 65%;
  2. La sola sostituzione della vecchia caldaia con una nuova caldaia a condensazione di classe A può farti ottenere una detrazione fiscale del 50%.

Ricordiamo inoltre che non potrai beneficiare di alcuna detrazione fiscale se deciderai di sostituire la tua vecchia caldaia con una di classe inferiore alla A. Niente detrazioni quindi per le caldaie di classe B,C o inferiori.

Requisiti e fruibilità della detrazione del bonus caldaia

I requisiti per poter accedere al bonus caldaie 2023 sono sia oggettivi che burocratici.

Abbiamo provato ad elencare qui di seguito i requisiti oggettivi:

  • Gli interventi di riqualificazione energetica che riguardano la sostituzione del generatore di calore devono essere eseguiti su unità immobiliari o edifici esistenti. La categoria catastale di appartenenza di questi edifici non è importante, pertanto possono esservi compresi sia gli edifici rurali che quelli strumentali per un’attività d’impresa o professione. Si all’ecobonus 65 quindi anche per negozi, abitazioni, laboratori, uffici, capannoni industriali, magazzini.
  • Le unità immobiliari su cui si effettuano questi interventi devono essere riscaldate prima che inizino i lavori. Ambienti al grezzo, quindi senza sistema di riscaldamento, non possono quindi farti accedere alla detrazione.

Da un punto di vista burocratico, accedere al bonus caldaia 2023 significa anche che:

  • a seconda dell’entità dell’intervento è necessario trovare un tecnico abilitato produca una asseverazione di congruità delle spese oltre che un A.P.E. o Attestato di prestazione energetica degli edifici;
  • é necessario essere in possesso del visto di conformità (per interventi superiori ai 10.000 €);
  • produrre la documentazione necessaria alla Legge 10.

Ci teniamo inoltre a specificare che, per poter usufruire di queste agevolazioni fiscali, fa fede la data del bonifico bancario o postale, non la data della fattura. Il bonifico con il quale si salda l’intervento di sostituzione della caldaia deve quindi avvenire prima del 31 dicembre 2024 per poter accedere al bonus caldaia 50-65%.

Altre Agevolazioni per la sostituzione della caldaia

Se devi sostituire la tua caldaia abbiamo un’altra buona notizia da darti.

Non esiste infatti solamente il bonus caldaia 2023 al 65% ma esistono anche detrazioni che riguardano le ristrutturazioni edilizie come il Bonus casa 50% o il Superbonus 110% per i condomini. Le detrazioni in questione ovviamente non sono cumulabili fra loro, pertanto prima di decidere di quale intervento effettuare ti consigliamo di rivolgerti a degli esperti come noi.

Se vuoi usufruire bonus caldaia 2023 il nostro consiglio è quello di affidarti a dei professionisti come noi per ottenere la detrazione. La nostra squadra di tecnici ed il nostro personale amministrativo, grazie all’esperienza ed al know-how accumulato in anni sul campo, sono diventati dei veri esperti in materia di detrazioni fiscali e credito d’imposta. Solo in questo modo saprai con certezza in quale delle detrazioni previste per la sostituzione della tua caldaia puoi rientrare e risparmiare notevolmente sul costo finale del tuo intervento.

Affidarsi a Valore Energia significa infatti fruire della detrazione del bonus caldaia 2023 in maniera certa ma soprattutto in tempi brevi, anzi brevissimi!

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Dl Aiuti quater: finalmente è stato convertito in legge. Ecco tutte le novità

Dl Aiuti quater finalmente convertito in legge dopo l’ok anche dalla Camera. Ecco i principali cambiamenti apportati anche dopo l’approvazione della Legge di Bilancio 2023

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E’ finalmente arrivato il tanto atteso via libera definitivo della Camera al dl 176/2022 (dl aiuti quater) con 164 voti favorevoli e 127 contrari dopo quello del Senato arrivato lo scorso 21 dicembre 2022. La misura modifica in maniera sostanziale alcuni dei bonus edilizi che ci hanno accompagnato per tutto il 2022, molti dei quali hanno riscosso un successo davvero straordinario come il Superbonus.

Tra le numerose integrazioni e correzioni introdotte dal DL Aiuti Quater figurano molte novità riguardanti le cessione dei crediti di imposta legati ai bonus edilizi. Ma soprattutto figura il via libera definitivo alla riduzione dal 110% al 90%, tranne che per alcune eccezioni, dell’aliquota agevolativa del superbonus.

Scopriamo più in dettaglio tutte le modifiche contenute nel Decreto 176/2022 qui di seguito.

DL Aiuti Quater, le novità sul Superbonus

Dl Aiuti Quater e CILAS condomini

Il DL Aiuti Quater ha portato una sostanziale diminuzione alla percentuale dell’aliquota della detrazione fiscale legata agli interventi previsti dal Superbonus per i condomini. Quest’ultima è infatti passata dal 110% al 90% per tutto il 2023. Tuttavia, è prevista un’eccezione che può far ancora ottenere l’aliquota del 110% ai condomini richiedenti. Tale condizione è quella di aver presentato CILA-S (comunicazione di inizio lavori asseverata Superbonus) entro il 25 novembre 2022.

La Legge di Bilancio 2023 (disponibile qui) ha comunque ridisegnato il quadro complessivo della casistica qui sopra individuata. Approfondendo l’argomento, la detrazione del 110% del Superbonus per i condomini può essere applicata nei seguenti casi (in tutti gli altri la detrazione è pari al 90% come spieghiamo qui):

  • interventi diversi da quelli effettuati dai condomìni con CILA-S presentata al 25 novembre 2022;
  • interventi effettuati dai condomini con:
    – delibera assembleare adottata entro il 18 novembre 2022 e dichiarazione sostitutiva;
    – CILAS presentata entro il 31 dicembre 2022;
  • interventi effettuati dai condomini con:
    – delibera assembleare adottata tra il 18 e il 24 novembre 2022 e dichiarazione sostitutiva;
    – CILAS presentata entro il 25 novembre 2022;
  • interventi di demolizione e ricostruzione con istanza presentata entro il 31 dicembre 2022.

Invece, per quanto riguarda tutte quelle spese per gli interventi di efficientamento energetico sostenute nel 2024 e 2025 le detrazioni restano invariate ed ammonteranno al:

  • 70% per il 2024;
  • 65% nel 2025.

Le modifiche alla cessione dei crediti del DL Aiuti Quater: si arriva ad un massimo di 5 cessioni

Il dl Aiuti Quater prevede anche un incremento nel numero massimo di cessioni dei crediti fiscali da parte dei soggetti qualificati (banche, assicurazione, ecc.) che passano adesso da 4 a 5. Questo è stato reso possibile grazie all’aumento da 2 a 3 del numero di cessioni effettuabili verso banche, intermediari finanziari, società appartenenti a gruppi bancari e assicurazioni.

Per maggiore chiarezza proviamo a riepilogare brevemente tutta la questione relativa alla cessione del credito d’imposta.

Partito con un numero di cessioni illimitato nel DL Rilancio per poi essere stata ridotta a tre passaggi, il dl 50/2022 (decreto aiuti) entrato in vigore dal 18 maggio, vincolava la cessione del credito in 4 passaggi, i seguenti:

  • prima cessione libera;
  • seconda cessione a favore di banche, assicurazioni, ecc. (cessione qualificata);
  • terza cessione a favore di banche, assicurazioni, ecc. (cessione qualificata);
  • quarta cessione del credito, la banca può cedere il credito a un proprio correntista professionale o partita IVA.

Per effetto della modifica approvata in Senato la cessione del credito verrebbe modificata dal DL Aiuti Quater nel seguente modo:

  • prima cessione libera;
  • seconda cessione a favore di banche, assicurazioni e ecc. (cessione qualificata);
  • terza cessione a favore di banche, assicurazioni, ecc. (cessione qualificata);
  • quarta cessione a favore di banche, assicurazioni, ecc. (cessione qualificata);
  • quinta cessione del credito: la banca può cedere il credito a un proprio correntista professionale o partita IVA.

Terzo settore: il DL Aiuti Quater proroga il Superbonus al 110% fino al 2025

Secondo quanto previsto dal comma 1, lettera c) del DL Aiuti Quater, il riconoscimento dell’agevolazione con aliquota del 110% è, citiamo testualmente:

“previsto per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2025 per interventi su immobili rientranti nelle categorie catastali B/1, B/2 e D/4, a titolo di proprietà, nuda proprietà, usufrutto o comodato d’uso gratuito ai soggetti del terzo settore che esercitano servizi socio-sanitari e assistenziali e i cui membri del consiglio di amministrazione non percepiscano alcun compenso.”

Garanzia SACE “SupportItalia”

Il DL Aiuti Quater introduce anche una garanzia del governo per dare una spinta al mercato delle cessioni del credito derivanti dai bonus edilizi. In sostanza, grazie ad essa, sarà lo stato a fare da garante nei confronti delle banche in modo che esse possano effettuare prestiti alle imprese in difficoltà. Tale garanzia si chiamerà SACE.

In altre parole, decreto aiuti quater ha previsto la possibilità di concedere da parte di SACE garanzie in favore di banche e istituti di credito per finanziamenti a favore di imprese che realizzano interventi superbonus. Grazie a questa garanzia dei prestiti, le banche potranno tornare giocare il loro ruolo per trasformare in liquidità i crediti acquisiti a seguito di interventi rientranti nella disciplina del Superbonus.

Tuttavia per accedere ai prestiti SACE è necessario essere in possesso di determinati requisiti. Ad esempio l’impresa deve essere iscritta alla CCIA con i seguenti codici:

  • ATECO 41 (COSTRUZIONE DI EDIFICI RESIDENZIALI E NON RESIDENZIALI);
  • ATECO 43 (DEMOLIZIONE E PREPARAZIONE DEL CANTIERE EDILE) e deve avere crediti fiscali derivanti da attività di Superbonus.

La garanzia è rilasciata entro il 31 dicembre 2022 per finanziamenti di durata non superiore a 6 anni, con la possibilità di preammortamento non superiore a 36 mesi. inoltre la garanzia copre l’importo del finanziamento entro limiti 70, 80 o 90 per cento inversamente proporzionali al fatturato dell’impresa e al numero di dipendenti.

La norma precisa inoltre che i crediti di imposta eventualmente maturati dall’impresa alla data del 25 novembre 2022 possono essere considerati dalla banca o istituzione finanziatrice quale parametro ai fini della valutazione del merito del credito di impresa richiedente il finanziamento e della predisposizione delle relative condizioni contrattuali.

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La valutazione economica tramite contabilizzazione del calore degli interventi di risparmio energetico

Come deve essere effettuata la valutazione tecnico-economica degli interventi di risparmio energetico per l’installazione di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore secondo la Norma UNI EN 15459?

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Il D. Lgs. 102/2014, come modificato dal D. Lgs. 141/2016, è il riferimento in merito alla valutazione economica degli interventi di contabilizzazione del calore. Tale decreto legislativo è importantissimo perché contiene le disposizioni sull’attuazione della Direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica.

In particolare, è proprio grazie a questo decreto che si prevede la possibilità, in caso di contabilizzazione del calore diretta, di ricorrere alla norma UNI EN 15459. Quest’ultima norma è a sua volta finalizzata alla valutazione economica delle opere di risparmio energetico.

Nei casi di interventi effettuati contabilizzazione del calore indiretta invece, il ricorso a tale norma è obbligatorio. Questo perché il l D. Lgs. 141/2016 ha quasi interamente riscritto il comma 5 dell’articolo 9 del precedente D. Lgs. 102/2014. E’ in questo comma che infatti viene regolamentato l’obbligo della contabilizzazione del calore negli impianti centralizzati di:

  • riscaldamento,
  • raffrescamento
  • fornitura di acqua calda sanitaria

in modo da poter misurare l’effettivo consumo di calore da parte di ciascuna unità immobiliare.

L’obiettivo della direttiva qui sopra citata è quello mettere in campo un efficace strumento per la riduzione delle emissioni di gas clima-alteranti. Obiettivo che è perseguito grazie alla norma UNI EN 15459 e tramite anche una serie di azioni come l’incentivazione all’adozione di comportamenti virtuosi che consentano un risparmio energetico. Tra questi comportamenti figura anche l’implementazione di un sistema di ripartizione delle spese per il riscaldamento non più basato sui millesimi di proprietà o similari ma sull’effettivo consumo da parte della singola utenza.

Qual è la valenza ed il significato del calcolo richiesto per la contabilizzazione del calore?

Occorre a questo punto domandarsi quali siano la valenza ed il significato effettivi del calcolo richiesto per la contabilizzazione del calore oltre all’obbligo normativo.

Innanzitutto è doveroso precisare che l’intervento di contabilizzazione del calore, insieme con quello di termoregolazione, costituisce un intervento preliminare. Per questo motivo si tratta di un intervento che andrebbe, in linea di principio, sempre eseguito, indipendentemente dal suo tempo di ritorno. L’intervento di contabilizzazione è infatti necessario a predisporre l’edificio ad accogliere ulteriori opere facendo sì che l’impianto “percepisca” gli interventi effettuati sul fabbricato. Possiamo anche dedurre che non avrebbe molto senso effettuare opere di risparmio energetico, se non si avesse poi la possibilità di monitorarli ed incidere su di essi.

Un ulteriore buona regola sarebbe quella di abbinare l’intervento di contabilizzazione del calore ad altri interventi come ad esempio quelli di isolamento termico, sostituzione del generatore, ecc. In questo modo sarebbe possibile far beneficiare chi sostiene gli interventi del loro effetto sommato cumulato e di incrementare il risparmio conseguibile, ma non solo. Effettuando anche altri interventi oltre a quello di contabilizzazione potresti eseguire contestualmente le varie opere, come quelli edili, ed ottimizzare i loro costi e tempi.

Quando non conviene contabilizzare l’efficienza energetica?

La non convenienza economica della contabilizzazione energetica prevista dalla norma UNI EN 15459 è dunque da ricondursi prevalentemente a circostanze particolari. Ricadono ad esempio in questa casistica tutti quegli edifici a fattore di occupazione molto basso, la cui spesa annua di riscaldamento, estremamente esigua, non giustificherebbe, fintanto che si mantiene tale, l’investimento. Un altra casistica è quella in cui si verifichino condizioni in cui la difficoltà tecnica di installazione comporterebbe opere particolarmente onerose.

La valutazione economica della contabilizzazione del calore prevista dalla norma UNI EN 15459 dovrebbe quindi essere volta ad avvalorarne l’utilità ed efficacia. Non dovrebbe essere pertanto utilizzata per dimostrarne la non convenienza (equivoco in cui talvolta si incorre) quanto utilizzata al contrario.

Condizioni per l’esonero dagli obblighi della contabilizzazione del calore ed energetica dell’art. 9, comma 5 del D. Lgs. 102/2014

Il D. Lgs. 102/2014 prevede due condizioni che possono esimere dagli obblighi sopra richiamati. Queste condizioni si differenziano in base alla tipologia di contabilizzazione energetica e sono le seguenti:

  • contabilizzazione diretta: nei casi di installazione di sottocontatori d’utenza,
  • contabilizzazione indiretta: installazione di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore individuali per quantificare il consumo di calore in corrispondenza a ciascun corpo scaldante nei casi ove non risulti verificata la fattibilità dell’installazione dei sottocontatori d’utenza.

Schematizzando le condizioni per l’esonero della contabilizzazione del calore ed energetica sono le due seguenti:

  • Condizione di esonero dall’obbligo di contabilizzazione diretta del calore con sottocontatori (art. 9, comma 5, lettera b): l’installazione di tali sistemi non risulti tecnicamente possibile, efficiente in termini di costi e proporzionata rispetto ai risparmi energetici potenziali. L’efficienza in termini di costi può essere valutata con riferimento alla metodologia indicata nella norma UNI EN 15459;
  • Condizione di esonero dall’obbligo di contabilizzazione indiretta previa installazione di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore individuali in corrispondenza a ciascun corpo scaldante (art. 9, comma 5, lettera c): l’installazione di tali sistemi non risulti essere efficiente in termini di costi, con riferimento alla metodologia indicata nella norma UNI EN 15459. L’obbligo di cui all’art. 9, comma 5 del D. Lgs. 102/2014 risulta quindi derogabile se, in successione, sono verificate le condizioni esimenti di cui alle lettere b) e c).

La sussistenza delle citate condizioni esimenti dovrà essere accertata e dichiarata per entrambe in apposita relazione tecnica predisposta dal progettista/tecnico abilitato. In particolare, la sussistenza della condizione di cui alla lettera c) dovrà essere effettuata con riferimento alla metodologia indicata nella norma UNI EN 15459.

esonero dagli obblighi dell’art. 9, comma 5 del D. Lgs. 102/2014 in breve

Semplificando quanto abbiamo sopra esposto possiamo riassumere che:

  • Di norma devono essere installati conta-calorie di tipo diretto. Per quanto riguarda il riscaldamento, è generalmente possibile installare questi dispositivi solo negli impianti centralizzati “a zone” ovvero “a distribuzione orizzontale”. Sono questi i casi in cui ogni unità immobiliare è collegata alla rete di distribuzione tramite un’unica derivazione d’utenza.
  • Se la soluzione di cui sopra risultasse tecnicamente non fattibile, ovvero eccessivamente onerosa in funzione dei risparmi potenziali conseguibili, si deve procedere all’installazione di sistemi di misura del calore su ciascun corpo scaldante (sistema indiretto), unitamente all’adozione di valvole di regolazione termostatiche, in conformità dalla norma UNI EN 834. Precisiamo inoltre che la prescritta installazione dei dispositivi di misura e termoregolazione decade qualora la stessa sia eccessivamente onerosa rispetto ai risparmi potenziali conseguibili.

A questo punto è necessario fare una doverosa precisazione. Anche nel caso in cui non si dovesse procedere all’installazione del sistema di termoregolazione e contabilizzazione del calore, per le ragioni ammesse e con relative relazioni da parte dei tecnici abilitati, rimane comunque obbligatorio ripartire i costi di riscaldamento secondo le modalità previste dalla norma UNI 10200, laddove applicabile. Secondo questa norma è necessario redigere una nuova tabella dei millesimi energetici, quindi non più basato sui millesimi di proprietà o similari.

Verifica di fattibilità tecnica

Il primo step nella valutazione della sussistenza delle condizioni di deroga dagli obblighi in oggetto consiste nell’accertare la fattibilità tecnica degli interventi di adeguamento volti all’installazione di un impianto di contabilizzazione diretta. In questo caso però non sarà applicabile operare anche la verifica in termini di efficienza di costi e proporzione rispetto ai risparmi energetici potenziali di una soluzione non fattibile tecnicamente.

Il D. Lgs. 141/2016 tuttavia non prevede, così come nella precedente formulazione, l’impossibilità tecnica. In questa fattispecie viene indicata come unica strada quella della valutazione della non efficienza in termini di costi con riferimento alla metodologia indicata nella norma UNI EN 15459. Ai fini della verifica di sussistenza delle condizioni di deroga, accertata la fattibilità tecnica, è necessario un esame della convenienza economica.

 

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Superbonus e CILAS: la Legge di Bilancio 2023 conterrà un rinvio bluff

Un emendamento del Governo al disegno di Legge di Bilancio 2023 sostituisce la disciplina regola i rapporti tra Superbonus e CILAS

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Anche questa volta, come del resto oramai prassi, sarà necessario attendere la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della nuova Legge di Bilancio per comprendere al meglio le decisioni del Governo e del Parlamento in merito a Superbonus e CILAS per i condomini.

Sono in molti ad attendere chiarimenti in merito, come del resto avevamo anticipato anche qui, dal momento che il Decreto Aiuti Quater aveva individuato una nuova scadenza per la presentazione della CILAS.

Secondo il decreto Aiuti quater infatti la CILAS, assieme alla delibera assembleare dei lavori, sarebbe dovuta essere presentata entro lo scorso 25 novembre. Peccato però che tale decreto sia stato approvato nemmeno una settimana prima della scadenza non concedendo quindi abbastanza tempo per la presentazione della CILAS ai soggetti interessati. Da qui la richiesta di una proroga della scadenza per la presentazione della Cilas del Superbonus al 31 dicembre 2022.

Ma questa proroga  arriverà oppure no? Cosa conterrà la nuova Legge di Bilancio in merito a Superbonus e CILAS?

Abbiamo cercato di fare il punto della situazione in questo approfondimento.

Superbonus 110%: le eccezioni per i Condomini

Le recenti modifiche al Superbonus prevedono una riduzione della sua aliquota al 90% per condomini ed abitazioni che intendono effettuare gli interventi da essi previsti nel 2023 (ne parliamo meglio qui). Tuttavia sono previste alcune eccezioni, soprattutto per i condomini, che permetterebbero di continuare ad usufruire delle detrazioni maggiorate al 110%.

Pertanto, come potrai facilmente immaginare, il tema di Superbonus e CILAS è caldissimo. Purtroppo però il tema è vittima non tanto di ragionamenti tecnici ma di scelte di natura politica che, benché presentate come semplificazioni, rischiano di complicare ulteriormente le cose.

Ricapitolando brevemente la situazione, il Decreto Legge n. 176/2022 (Decreto Aiuti-quater), è intervenuto sul superbonus rimodulando l’aliquota fiscale per i soggetti beneficiari di cui all’art. 119, comma 9, lettera a) del Decreto Rilancio come:

  • condomini (anche minimi o assimilati tali per la presenza di parti comuni come definite all’art. 1117 del codice civile);
  • persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arte o professione, con riferimento agli interventi su edifici composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate, anche se posseduti da un unico proprietario o in comproprietà da più persone fisiche.

Per tali soggetti, il decreto ha previsto la rimodulazione dell’incentivo sulle spese sostenute nel 2023 che potranno godere di un’aliquota fiscale del 90% anziché 110%.

Tale rimodulazione tuttavia non si applicherebbe, sempre secondo il Decreto Aiuti quater:

  • agli interventi per i quali, alla data del 25 novembre 2022, risulti presentata la CILAS per il Superbonus. In caso di interventi su edifici condominiali, oltre alla CILAS è anche necessario presentare la delibera assembleare che abbia approvato l’esecuzione dei lavori risulti adottata in data antecedente al 25 novembre 2022;
  • agli interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici, per i quali alla medesima data del 25 novembre 2022, risulti presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo.

Superbonus e CILAS: le modifiche in Legge di Bilancio e le casistiche previste

Il Decreto aiuti quater approvato a novembre però, in quanto Decreto Legge, deve essere convertito in Legge entro un certo termine. Il termine ultimo è il 17 gennaio 2023: dopo questa data, se non sarà convertito in legge, le cose tornerebbero ad essere come prima.

Per questo motivo, il Governo ha deciso di anticipare i contenuti del comma che regola Superbonus e CILAS direttamente nella Legge di Bilancio 2023 presentando un emendamento che disporrebbe l’integrale riscrittura del Decreto Aiuti Quater. In particolare, l’emendamento disporrebbe delle eccezioni differenziate in funzione:

  • del soggetto beneficiario, ovvero se trattasi di condominio o altro;
  • della data della delibera di approvazione da parte dell’assemblea condominiale;
  • dell’intervento, ovvero se trattasi di demolizione e ricostruzione.

Eccezioni che, di fatto, limitano ulteriormente l’applicazione del Superbonus 110%. Avremo modo di esaminare meglio la situazione tra poco dal momento che esamineremo le casistiche previste per Superbonus e CILAS una per una.

Interventi diversi da quelli effettuati dai condomini

Se il soggetto beneficiario della detrazione è una persona fisica proprietaria o comproprietaria di un edificio composto da 2 a 4 unità immobiliari autonomamente accatastate dovrà:

  • presentare la la CILAS Superbonus entro il 25 novembre 2022.

In questo caso, chiaramente non si parla di delibera assembleare.

Condomini

Per quanto riguarda i condomini, anche nel caso in cui non sia obbligatorio nominarne l’amministratore, è prevista una doppia verifica da fare in funzione delle seguenti date:

  • data antecedente alla data di entrata in vigore del Decreto Aiuti-quater che, ricordiamo, è entrato in vigore il 19 novembre 2022;
  • 24 novembre 2022.

Procediamo adesso a descrivere i casi individuati in precedenza.

Nel caso in cui la a delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori risulta adottata in data antecedente al 19 novembre 2022, allora viene previsto un “mini-rinvio” per la CILAS Superbonus che potrà essere presentata entro il 31 dicembre 2022.

Nel caso in cui la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori risulta adottata tra il 19 novembre e il 24 novembre 2022, resta l’obbligo di presentazione della CILAS entro il 25 novembre 2022.

Un’importante disposizione che riguarda Superbonus e CILAS riguarda proprio la delibera assembleare. Tale delibera dovrà essere attestata con apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà rilasciata ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445:

  • dall’amministratore del condominio;
  • ovvero, nel caso in cui, ai sensi dell’articolo 1129 del codice civile, non vi sia l’obbligo di nominare l’amministratore e i condòminì non vi abbiano provveduto, dal condòmino che ha presieduto l’assemblea.

Superbonus e CILAS nel caso di demolizione e ricostruzione

Per quanto riguarda i tempi per gli interventi di demolizione e ricostruzione, invece le cose potrebbero essere più semplici. Se infatti l’art. 9, comma 2, lettera b) del Decreto Aiuti-quater stabilisce che a condizione di accesso al Superbonus 110% è che al 25 novembre 2022 “risulti presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo”, nell’emendamento della nuova Legge di Bilancio non sarà più così.

In questo emendamento viene infatti previsto che l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo possa essere presentata entro il 31 dicembre 2022.

Conclusioni

In questo approfondimento abbiamo cercato di raccogliere le informazioni necessarie a capire come Superbonus e Cilas potrebbero essere modificati dalla Legge di Bilancio 2023.

Tuttavia, la legge è ancora molto lontana dall’essere approvata. Ne consegue che quelle che abbiamo riportato fino a questo momento, sono solo supposizioni basate su documenti che non possono essere considerati affidabili al 100%. Le somme su Superbonus e Cilas potranno essere tirate, purtroppo, solo dopo l’approvazione della nuova Legge di Bilancio 2023.

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Credito d’imposta sistemi di accumulo: tutto quello che devi sapere

Credito d’imposta sistemi di accumulo, domande al via da marzo 2023. Ecco requisiti e beneficiari del bonus

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Coloro che hanno “sposato” uno stile di vita green e hanno deciso di installare in casa propria sistemi di stoccaggio dell’energia rinnovabile possono vantare un credito nei confronti dell’Agenzia delle Entrate. E’ infatti previsto che questi soggetti abbiano diritto ad un vero e proprio credito d’imposta per i sistemi di accumulo.

Questa agevolazione è stata introdotta nella legge di Bilancio dello scorso anno con la quale si stanziavano ben 3 milioni di euro come risorse dedicate a questo credito d’imposta. Risorse che potrai richiedere solamente fino a marzo 2023.

Ma quali sono i requisiti per fare la domanda per il credito d’imposta sistemi di accumulo? Qual è il modello da compilare per richiederlo? Quali sono le istruzioni da seguire?

Tutti questi aspetti sono tassativamente indicati dall’AdE con scadenza a marzo 2023. Quello che devi sapere è che solo dopo aver inviato la domanda, sarà comunicata ai beneficiari la percentuale di credito d’imposta spettante.

In ogni caso abbiamo deciso di spiegare in maniera approfondita come funziona questo credito d’imposta per sistemi di accumulo qui di seguito.

Se vuoi conoscere le novità sul blocco della cessione del credito d’imposta dopo l’approvazione del Decreto Legge 11/2023, leggi il nostro articolo aggiornato qui.

Credito d’imposta sistemi di accumulo di energia prodotta da fonti rinnovabili: cos’è e come ottenerlo

Gli italiani che scelgono di investire in fonti rinnovabili abbracciando uno stile di vita green sono sempre di più. Questa scelta infatti permette loro di risparmiare sui costi delle bollette e abbracciare uno stile di vita più rispettoso dell’ambiente. Per agevolare questa buona pratica, lo stato italiano e le regioni hanno previsto diverse bandi e agevolazioni che possono aiutarti a sostenere le spese per l’installazione di sistemi a fonti rinnovabili e di efficientamento energetico in generale.

In particolare la a legge di Bilancio 2022 ha previsto un’importante agevolazione sotto forma di credito d’imposta per coloro che decidono installare dei sistemi di accumulo. Ovviamente tale bonus è erogato solamente a coloro che effettuano l’installazione di impianti di produzione dell’energia da fonti rinnovabili congiuntamente al sistema di accumulo.

Credito d’imposta sistemi di accumulo: cos’è e come ottenerlo

Il credito d’imposta sistemi di accumulo potrebbe rivelarsi fondamentale per fare in modo di ottimizzare sempre più l’efficienza degli impianti F.E.R. come quelli fotovoltaici. I sistemi di accumulo, detti anche “energy storage”, consentono di immagazzinare l’energia prodotta in eccesso, ovvero quella non autoconsumata, da questi impianti. Una volta immagazzinata può essere rilasciata successivamente in maniera stabile e costante anche quando l’impianto non è in funzione come ad esempio di notte.

Per capire meglio l’utilità dei sistemi di accumulo è necessario forse fare un esempio. Un impianto fotovoltaico, durante il giorno, produce energia. Gli abitanti dell’abitazione su cui è installata però ne consumano, durante le ore giornaliere, solo una parte. D’altronde è spesso così: le persone durante il giorno sono fuori casa perché di solito sono al lavoro. Pertanto i consumi elettrici dell’abitazione sono minimi.

L’energia non utilizzata durante il giorno quindi, in questo caso, non viene “dispersa”, ovvero immessa in rete tramite lo Scambio sul Posto o Ritiro Dedicato, ma immagazzinata nella batteria di accumulo. In questo modo, di notte, quanto l’impianto non produce energia, gli elettrodomestici dell’abitazione possono essere alimentanti con l’energia raccolta dalla batteria di accumulo che è stata prodotta durante il giorno dall’impianto fotovoltaico. Una simile pratica permette quindi un notevole risparmio in bolletta visto che riduce la necessità di prelevare energia elettrica dalla rete nazionale e quindi a pagamento.

Requisiti e scadenze per ottenere il credito d’imposta sistemi di accumulo

Il credito d’imposta sistemi di accumulo collegati a fonti di energia rinnovabile è previsto all’articolo 1, comma 812, della legge 30 dicembre 2021, n. 234. Tuttavia è soggetto ad un requisito temporale. Il richiedente (persona fisica) deve infatti aver sostenuto le spese documentate tra il 1° gennaio 2022 e il 31 dicembre 2022.

Il credito fiscale ad esempio spetta a chi ha provveduto ad installare un sistema di accumulo collegato ai pannelli fotovoltaici montati sul tetto o nel giardino della propria abitazione.

La scadenza per presentare la domanda per ottenere il credito d’imposta sistemi di accumulo è perentoria ed è fissata entro il primo trimestre del 2023. Le domande infatti possono essere presentate solamente a partire dal 1° marzo 2023 fino al 30 marzo 2023, a pena di esclusione.

Sarà l’Agenzia delle Entrate, una volta esaminate tutte le richieste, ad emettere un successivo provvedimento in cui sarà riportata la percentuale di credito d’imposta che spetta a ciascun beneficiario. Nel farlo terrà conto delle risorse stanziate che per il 2022 ammontano a 3 milioni di euro.

Modello per la presentazione della domanda per l’ottenimento del credito d’imposta ed istruzioni per una corretta compilazione

L’unico modo per ottenere il credito d’imposta sistemi di accumulo è utilizzare il modello a disposizione sul sito dell’Agenzia delle Entrate. Nessun altro canale infatti può garantire il credit tax previsto dalla legge.

Dopo la compilazione della domanda è necessario presentarla online dal beneficiario o comunque tramite un intermediario. Dopo l’invio , l’AdE rilascerà una ricevuta che attesta la presa in carico della richiesta o il respingimento in caso di requisiti mancanti.

Ricordiamo infine, ancora una volta che, il periodo per inviare il modello va dal 1° marzo al 30 marzo 2023. Tuttavia, qualora fosse necessario, è lasciata la possibilità di sostituire un’istanza precedentemente trasmessa, sempre nel rispetto dei termini indicati.

Abbiamo anche riportato alcune istruzioni che sicuramente possono tornarti utili per compilare la domanda:

  • nel riquadro “beneficiario” bisogna indicare il codice fiscale del soggetto beneficiario del credito
  • nel riquadro “Rappresentante firmatario dell’istanza” va inserito il codice fiscale dell’eventuale rappresentante legale di minore/interdetto
  • dove è indicato il “credito di imposta” il richiedente deve indicare l’importo delle spese documentate, sostenute dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022, “relative all’installazione di sistemi di accumulo integrati in impianti di produzione elettrica alimentati da fonti rinnovabili”.
  • In caso di rinuncia al credito d’imposta per i sistemi di accumulo, il beneficiario deve barrare la casella “rinuncia”.
  • Ultimo, ma non meno importante, la parte dedicata alla “sottoscrizione”, dove vanno riportate la firma del beneficiario e la data di trasmissione.
  • Invece nel riquadro dedicato all’”Impegno alla presentazione telematica” il soggetto incaricato della trasmissione dell’istanza deve indicare: codice fiscale, firma e data dell’impegno alla presentazione telematica.

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Quanto si risparmia con fotovoltaico e riscaldamento elettrico?

Fotovoltaico e riscaldamento elettrico sono un’ottima soluzione per risparmiare sulle bollette del gas. Scopriamo quanto si risparmia!

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Con l’arrivo dell’inverno, le temperature stanno iniziando a calare in maniera repentina. Per questo è importantissimo trovare degli efficaci metodi per il riscaldamento che non si rivelino essere un vero e proprio salasso per le tue tasche.

Si perché con la crisi energetica in corso, riscaldarsi adeguatamente, è diventato un lusso per molte famiglie italiane. Un salasso che è aggravato anche dal fatto che gran parte dei sistemi di riscaldamento presenti oggi sul territorio italiano si basano quasi esclusivamente sull’utilizzo dei combustibili i cui prezzi oggi sono esorbitanti. Ma non solo, ricorrere ai combustibili fossili significa anche ricorrere a sistemi che emettono in atmosfera una notevole quantità di CO2 e che quindi sono altamente inquinanti.

Quale è dunque l’alternativa migliore a questi vecchi impianti per risparmiare ed allo stesso tempo impattare meno sull’ambiente?

La risposta è molto più semplice di quanto potessi pensare tanto che per scoprirla infatti ti basterà alzare gli occhi al cielo: il sole. Grazie ad un sistema che coniuga impianto fotovoltaico e riscaldamento elettrico infatti potresti ottenere dei notevoli risparmi ed al tempo stesso non produrre gas inquinanti. Il sistema di riscaldamento composto da fotovoltaico e riscaldamento elettrico infatti ti permetterà di utilizzare l’energia prodotta dall’impianto per alimentare il riscaldamento elettrico e quindi consumare molto di meno. Anzi, il sistema conviene tanto più quanto si riesce ad autoconsumare l’energia prodotta dall’impianto.

Ovviamente, per fare in modo che questo sistema sia davvero efficiente, è necessario innanzitutto ragionare su tutto un insieme di fattori. Le valutazioni vanno infatti fatte sull’intero sistema di climatizzazione e riscaldamento della casa, l’isolamento termico degli ambienti, e tutti gli accorgimenti utili per un miglior “funzionamento” termico di una casa. Tuttavia questi accorgimenti necessitano di un notevole budget a disposizione e di tempo per apportare questi cambiamenti. Se non disponi di abbastanza budget o tempo allora sostituire un impianto a gas con fotovoltaico e riscaldamento elettrico potrebbe essere la soluzione migliore.

Qui di seguito cerchiamo di scoprire perché.

Fotovoltaico, riscaldamento elettrico e autoconsumo

Produrre energia tramite un impianto fotovoltaico ed utilizzare questa energia per il riscaldamento e per l’alimentazione di tutti gli altri dispositivi elettrici di casa è senza dubbio una strategia vincente.

Più si riuscirà ad autoconsumare questa energia prodotta dall’impianto, più riuscirai a risparmiare sulle bollette. L’autoconsumo è quindi a tutti gli effetti il fattore principale di risparmio anche per il sistema fotovoltaico e riscaldamento elettrico. Per questo motivo, prima di passare dal riscaldamento a gas a quello a fotovoltaico e riscaldamento elettrico dovresti innanzitutto assicurarti di poter sfruttare l’autoconsumo al massimo.

Per ottimizzare il tuo autoconsumo dovresti però utilizzare il riscaldamento elettrico nei momenti in cui il fotovoltaico è in funzione ovvero di giorno. In alternativa potresti avvalerti di sistemi di accumulo dell’energia. Cosi facendo potresti conservare parte dell’energia prodotta dall’impianto per utilizzarla in un secondo momento come la notte. In questo secondo caso ti consigliamo di valutare bene l’investimento, non proprio irrisorio, da sostenere. Fortunatamente, anche per le batterie di accumulo, sono in vigore alcune detrazioni fiscali particolarmente vantaggiose.

In ogni caso, sia a prescindere dall’ottimizzazione dell’autoconsumo che dall’acquisto di una batteria, il fotovoltaico per riscaldamento elettrico conviene ed anche nettamente. Se non altro perché non consumerai gas per il riscaldamento, e consumerai meno elettricità per lo stesso scopo in quanto consumeresti quella prodotta dal fotovoltaico.

Ovviamente, non stiamo dicendo che il fotovoltaico e riscaldamento elettrico siano in grado di soddisfare pienamente i tuoi bisogni. Stiamo semplicemente dicendo che la spesa per le bollette, grazie a questo sistema, potrebbe essere di molto inferiore a quella attuale. In questo modo l’investimento che dovrai sostenere si ripagherà da solo in poco tempo oltre a generare un risparmio non indifferente.

Fotovoltaico e riscaldamento elettrico e tutte le altre soluzioni

Installare un impianto fotovoltaico significa avere a propria disposizione un generatore di elettricità. Il modo in cui utilizzi questa elettricità dipende solo da te. Il fotovoltaico può essere infatti utilizzato per alimentare diversi tipi di sistemi di riscaldamento elettrico: pompe di calore (ne parliamo anche qui), termoconvettori di vario genere, radiatori elettrici, pannelli ad irraggiamento a raggi infrarossi, pedane e cavi riscaldanti, riscaldamento a pavimento con nastri in metallo amorfo e altri sistemi elettrici.

Fra tutte le soluzioni di fotovoltaico per riscaldamento elettrico la migliore forse è il sistema “radiante”. Questa soluzione infatti è in grado di coniugare perfettamente risparmio energetica ed una distribuzione ottimale del calore. Questa soluzione consiste in una sorta di resistenza elettrica applicata dietro o al di sotto di una data superficie, come quella dei pavimenti, pertanto è molto semplice da installare. Niente rottura delle pareti e niente muratori: basta semplicemente attaccare il pannello radiante ad una presa della corrente.

Il sistema di riscaldamento elettrico “radiante” abbinato al fotovoltaico consiste quindi di distribuire in maniera uniforme il calore. Per questo i consumi di elettricità saranno ulteriormente ottimizzati abbattendo gli sprechi e garantendo quindi un sicuro risparmio economico. 

Fotovoltaico e riscaldamento elettrico: tutti i vantaggi

Il principale vantaggio di un fotovoltaico abbinato al riscaldamento elettrico è economico dal momento che questo sistema è più economico rispetto a quelli tradizionali. Inoltre questa soluzione non necessita di grosse spesse di manutenzione (come avviene invece con le caldaie dei sistemi a gas) e ha anche dei bassi costi di installazione e funzionamento.

Tuttavia i vantaggi della soluzione fotovoltaico e riscaldamento elettrico non finiscono di certo qui.

Questi impianti sono infatti straordinariamente sicuri poiché non utilizzano la combustione di gas e lavorano sempre a basse temperature limitando quindi al massimo l’eventualità di incendi.

Le soluzioni che abbinano fotovoltaico e riscaldamento elettrico sono anche eco-friendly ed eco-compatibili poiché sono sistemi che sfruttano l’energia pulita ottenuta dai raggi del sole per l’alimentazione dei dispositivi elettrici. In questo modo non producono emissioni di gas serra.

Infine, un aspetto che potrebbe essere sottovalutato da molti. Questi sistemi sono estremamente silenziosi dal momento che non ci sono parti meccaniche in movimento.

Fotovoltaico e riscaldamento elettrico: quali sono i costi?

Per capire se il sistema composto da fotovoltaico e riscaldamento elettrico conviene davvero è necessario innanzitutto analizzarne i costi. 

Per prima cosa analizziamo i costi dei singoli radiatori elettrici o termoconvettori. In sostanza, questi dispositivi non sono altro che la versione elettrica dei tradizionali termosifoni. Il loro prezzo varia dai 300 ai 500 euro l’uno in base alla loro potenza. A questi costi non sono da aggiungerne di ulteriori dovuti alla loro installazione.

Nei sistemi elettrici a riscaldamento radiante invece il calore viene distribuito dal basso in maniera uniforme in tutto l’ambiente indipendentemente dalle sue dimensioni. Pertanto questo sistema è facilmente adattabile alle diverse esigenze di vari utenti. In commercio è possibile trovare al momento diverse soluzioni: esistono sistemi che possono utilizzare la tensione di rete e 230 volt e sistemi che invece lavorano anche a tensioni notevolmente inferiori, tra i 24 e i 48 volt.

Altri esempi di costi di impianti di riscaldamento elettrico a fotovoltaico sono i seguenti:

  • una matassa per riscaldamento elettrico a pavimento di 2 metri quadrati con una potenza di 200 Watt per metro quadro costa intorno ai 200 euro.
  • uno scaldabagno a pompa di calore (con accumulo da 300 litri) da 300 watt di potenza costa invece sui 1.700 euro.
  • una pompa di calore da 10 kilowatt costa invece tra i 3 e i 5 mila euro.
  • un termoconvettore elettrico a conduzione naturale costa dai 150 ai 200 euro in base ovviamente alla potenza che può andare dai 600 watt di potenza ai 2000.

Ma un sistema che coniuga fotovoltaico e riscaldamento elettrico conviene oppure no?

A questo punto è venuto il momento di rispondere in maniera più precisa alla domanda “Quanto si risparmia con fotovoltaico e riscaldamento elettrico?”.

Un impianto di riscaldamento elettrico alimentato dall’energia prodotta da un impianto fotovoltaico può farti risparmiare fino al 75% sui costi delle bollette. Pertanto, il fotovoltaico conviene decisamente. Il risparmio è netto soprattutto se si pensa che un nucleo famigliare di 4 persone consuma in un anno circa 4000 KW per il riscaldamento. Con un sistema impianto fotovoltaico e riscaldamento elettrico invece, se il fotovoltaico producesse 3000 KW annui e la famiglia riuscisse ad autoconsumarli tutti, la sua bolletta si abbasserebbe di molto! In sostanza se 4000 kW costassero 1000€ l’anno, 1000 kW ne costerebbero solo 250 !

Il fotovoltaico inoltre conviene non solo da un punto di vista economico ma anche da un punto di vista ambientale visto che si tratta di un sistema decisamente meno inquinante. In questo modo potresti risparmiare mentre dai il tuo contributo alla lotta ai cambiamenti climatici, una cosa che non è affatto scontata.

E’ indubbio che all’inizio i costi possano essere elevati o comunque non immediatamente accessibili a chiunque. Tuttavia basta ragionare un attimo sul lungo periodo per rendersi conto che quando si parla di un impianto di riscaldamento elettrico alimentato con energia pulita e rinnovabile prodotta da un fotovoltaico si sta parlando di investimenti dal ritorno economico assolutamente garantito. Investimenti il cui tempo di rientro è ancora più ridotto grazie ai numerosi incentivi in vigore in questo momento di cui parliamo meglio qui!

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Valore Energia: anche per il 2023 abbiamo ottenuto la certificazione ISO 9001:2015

Il 2022 ha segnato una crescita aziendale importante ed improntata sulla qualità per Valore Energia che ci ha portato ad ottenere il rinnovo della certificazione ISO 9001

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Quello che si è appena concluso, per Valore Energia è stato un anno di soddisfazioni visto che abbiamo raggiunto dei risultati davvero importanti. Se il 2021 aveva segnato una svolta per la nostra azienda, il 2022, ci ha confermato che la direzione che avevamo intrapreso due anni fa è quella giusta.

Se siamo riusciti ad ottenere dei risultati così importanti è anche merito della nostra attenzione alle novità del settore delle energia rinnovabili. Novità che fin dalla nostra nascita ci hanno sempre portato a mettere a punto dei modelli di business innovativi, il vero fulcro della nostra crescita aziendale.

Ma la nostra crescita aziendale non sarebbe stata possibile senza una corretta definizione degli standard di gestione della qualità all’interno della nostra azienda. E’ proprio la definizione di questi standard di qualità ad averci permesso dapprima di ottenere e poi di rinnovare la certificazione ISO 9001:2015.

Che cos’è la certificazione ISO 9001:2015?

Le norme della serie ISO 9000 sono state definite dall’International Organization for Standardization per delineare i requisiti per i sistemi di gestione della qualità all’interno delle aziende. Si tratta di norme generali e flessibili, applicabili ai processi e settori aziendali più svariati. La ISO 9001 è lo standard più conosciuto e utilizzato per i sistemi di gestione della qualità di tutto il mondo: infatti più di un milione di aziende sono oggi certificate secondo questa norma in 170 Paesi diversi.

Ma di preciso che cos’è la certificazione ISO 9001:2015?

È un certificato o come si dice un “marchio” il cui possesso dimostra che le attività dell’impresa rispecchiano i requisiti minimi della norma ISO 9001. In tal modo i nostri clienti finali possono riporre piena fiducia sul fatto che i servizi che forniamo, quelli di efficientamento energetico appunto, corrispondano a determinate specifiche e che tutte le fasi relative alla loro realizzazione siano ripercorribili e verificabili. Grazie a questa certificazione quindi, il rapporto di fiducia che è fondamentale tra cliente e azienda, può poggiarsi su solide basi.

L’adozione della certificazione ISO 9001 non è obbligatoria, ma il suo possesso sta diventando un attributo sempre più indispensabile per far fronte alle sfide del mercato. Oramai in tutte le gare pubbliche dello stato, negli appalti e anche nell’ affidamento di forniture importanti, si richiede il possesso della Certificazione Iso 9001.

A cosa serve la certificazione ISO 9001:2015?

La ISO 9001:2015 è infatti una normativa volta al miglioramento continuo e costante dell’azienda, con obiettivo l’ottimizzazione della struttura organizzativa. Si tratta di una scelta strategica per le imprese che vogliono incrementare la propria produzione, abbattere i costi, diventare più aggressive sul mercato e aumentare la fidelizzazione della clientela.

Molte leggende metropolitane in circolazione affermano che la certificazione ISO 9001:2015 sia costosa e incapace di dare benefici concreti alle imprese. In realtà le tempistiche di certificazione sono legate in primo luogo alle dimensioni e alla complessità dell’azienda che ne fa richiesta, e possono variare dai 3-4 mesi ad un anno.

Per quanto riguarda i costi, esistono oggi numerose possibilità di finanziamento in grado di abbattere le spese della certificazione ISO 9001 e di dare una mano in particolar modo alle piccole e nuove imprese.

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Fotovoltaico su tetto condominio: la nuova sentenza del Tar del Lazio

Secondo la nuova sentenza del Tar installare il fotovoltaico sul tetto del condominio è un diritto garantito anche senza l’autorizzazione dell’assemblea a patto che non sia vietato dal regolamento condominiale.

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Se vivi in un condomino probabilmente avrai pensato mille volte alla possibilità di installare un impianto fotovoltaico in grado di produrre elettricità per il tuo appartamento. Il problema però è che proprio trovandoti in un condominio, la superficie a disposizione per installare questo impianto solitamente non è sufficiente. La superficie del tetto di un condominio è infatti in comune con gli altri condomini (ne parliamo anche qui).

Per questo probabilmente ti starai chiedendo se un singolo proprietario di un appartamento può installare impianti di energia da fonti rinnovabili (fotovoltaico) anche sulle superfici comuni del condominio e senza autorizzazioni dell’assemblea condominiale.

La sentenza del TAR del Lazio ha fatto chiarezza proprio in merito a questo ultimo punto. La sentenza infatti ha ribadito ciò che è già stabilito dal Codice civile ovvero il proprietario di un appartamento può installare un impianto fotovoltaico sul tetto condominio anche senza autorizzazioni.

Cerchiamo di capire perché in questo approfondimento.

Il tetto dell’edificio rientra oppure no nella disponibilità del condomino?

Rispondere alla domanda con cui abbiamo intitolato questo paragrafo è fondamentale per capire se il proprietario di un appartamento può installare un impianto fotovoltaico sul tetto del condominio anche senza autorizzazioni. D’altronde la sentenza del TAR del Lazio è arrivata proprio a seguito di un caso del genere.

Il caso in oggetto si riferisce infatti ad un impianto fotovoltaico realizzato sul tetto di un condominio di Cuneo nel 2012. Il proprietario di questo impianto aveva anche ottenuto l’autorizzazione all’installazione da parte del Comune a patto che

”l’ opera fosse aderente o integrata nel tetto dell’edificio con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda e i cui componenti non modificassero la sagoma dell’edificio stesso”.

A questo punto, il condomino aveva richiesto al Gestore dei Servizi Energetici (GSE) il riconoscimento degli incentivi previsti. A quel tempo infatti vigeva il il decreto prevedeva incentivi per gli impianti fotovoltaici entrati in esercizio tra il 31 maggio 2011 e il 31 dicembre 2016.

Dopo un primo parere positivo, il GSE, aveva poi in un secondo momento rifiutato la richiesta. A seguito di una verifica infatti aveva ritenuto che il fotovoltaico sul tetto del condominio fosse realizzato abusivamente da parte del condomino. In sostanza, secondo il GSE, il tetto del condominio non rientrava sulla disponibilità del condominio almeno secondo quanto previsto dal regolamento condominiale. Quindi, nel 2014, il GSE provvedeva a fare decadere gli incentivi precedentemente assegnati.

A questo punto al proprietario dell’appartamento non è rimasto altro che rivolgersi al TAR del Lazio per avere giustizia e riottenere gli incentivi promessi e poi sottratti.

Si può installare un impianto fotovoltaico sul tetto del condominio per uso personale.  Ecco le condizioni da rispettare

Chiamato in causa, il Tar del Lazio, non ha potuto fare altro che stabilire per che il singolo proprietario di un appartamento è possibile installare il fotovoltaico sul tetto condominiale (sentenza 15948/2022). Secondo il Tar infatti, l’articolo 1122 bis c.c., aggiunto con la legge n. 220 dell’11 dicembre 2012, e quindi entrato in vigore prima dell’adozione dei provvedimenti impugnati, consente espressamente a ogni condomino di installare

 “impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinate al servizio di singole unità sul lastrico solare, su ogni altra superficie idonea comune e sulle parti di proprietà dell’interessato.”

L’assemblea condominiale pertanto non può negare l’installazione di un impianto da fonte di energia rinnovabile. O meglio, può farlo solo nel caso in cui questo intervento comporti modificazioni alle parti comuni. L’assemblea può quindi bloccare i lavori per l’installazione del fotovoltaico sul tetto del condominio solo se fornisce la prova che la posa dei pannelli leda al decoro architettonico dell’edificio oppure ne comprometta la stabilità o la sicurezza.

Nel caso esaminato dal Tar del Lazio però l’assemblea condominiale non ha fornito nessuna di queste prove. Pertanto al condomino sono stati ingiustamente negati gli incentivi ed è giusto che li riottenga.

Conclusioni

La sentenza del TAR del Lazio sull’installazione di un impianto fotovoltaico sul tetto del condominio ha di fatto ha ricordato quanto già stabilito dal Codice civile.

Se i lavori per l’installazione di tale impianto non comportano una modifica delle parti comuni, una delibera dell’assemblea, anche approvata a maggioranza, non ha il potere di impedire l’installazione di questi impianti. Questo anche nel caso in cui tali impianti siano destinati al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà dell’interessato.

L’unico modo per impedire l’installazione di tali impianti è che il regolamento del condominio approvato all’unanimità (quindi non l’assemblea), specifichi l’impossibilità di un uso del genere delle parti comuni. Questo impedimento però, nel caso preso in esame dal Tar del Lazio, non era indicato.

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Quanto dura un impianto fotovoltaico?

Quanto dura un impianto fotovoltaico? Quali sono i fattori che incidono sulla durata dei moduli fotovoltaici?

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I costi dell’energia sono aumentati a dismisura. Pagare le bollette dell’elettricità e del gas potrebbe essere diventato insostenibile per te e per la tua famiglia. Per questo stai pensando di installare un impianto fotovoltaico per sfruttare le agevolazioni fiscali disponibili ed abbattere al tempo stesso le bollette. Tuttavia qualcosa ancora non ti torna.

Installare un impianto fotovoltaico infatti significa affrontare un investimento non indifferente, e questo è vero nonostante gli incentivi di cui puoi usufruire. Probabilmente quindi ti starai chiedendo se ne vale davvero la pena oppure ponendoti domande come: “Quanto dura un impianto fotovoltaico? Farò in tempo ad ammortizzare i costi che ho sostenuto?”.

In questo approfondimento cercheremo di scoprire quanto dura un impianto fotovoltaico appena installato esaminando anche quali sono i fattori che incidono sul suo corretto funzionamento. In questa maniera ti sarà facile comprendere come, nonostante i tuoi dubbi, la lunga durata dell’impianto ti permetterà di ammortizzare facilmente i costi per la sua installazione.

Pronto a scoprire quanto dura un impianto fotovoltaico? Allora continua a leggere!

Quanto dura un impianto fotovoltaico?

Rispondere alla domanda “Quanto dura un impianto fotovoltaico?” è fondamentale per capire se installare un impianto fotovoltaico è conveniente oppure no.

Possiamo affermare con certezza che in media, un impianto a moduli fotovoltaici è garantito per circa 25 anni. La longevità di questo tipo di impianti ne fa una delle migliori soluzioni per la generazione di energia se pensiamo ad esempio che la longevità di un impianto solare termico è di 15 anni. E’ proprio la lunga durata di questo tipo di impianti a permettergli di ripagarsi, sia da un punto di vista economico, sia in termini di riduzione delle emissioni di CO2. Produrre energia sfruttando quella solare in effetti permette di eliminare quel processo che è basato sulla combustione per produrre elettricità.

Quello che devi tenere presente però è che durante il ciclo di vita di un impianto fotovoltaico, la sua efficienza non sarà sempre la stessa. Un impianto nuovo, avrà un efficienza maggiore di uno che ha 20 anni di età. I migliori moduli fotovoltaici tuttavia permettono di ridurre al minimo questo scarto tanto che dopo 20 anni si può arrivare ad una perdita di efficienza del solo 6%.

Per rispondere alla domanda “Quanto dura un impianto fotovoltaico?” quindi, bisogna innanzitutto chiarire cosa si intende con il termine durata. I pannelli solari sono infatti in grado di produrre energia per tempi lunghissimi. Ma la durata a cui ci riferiamo è più che altro riferita alla vita utile del sistema ovvero al tempo in cui è conveniente lasciarlo in funzione. In altre parole la durata di un impianto si riferisce all’arco temporale in cui l’energia prodotta e il risparmio collegato coprono i costi di esercizio e manutenzione.

A questo proposito, è doveroso precisare che possiamo in ogni caso prolungare la durata dell’impianto anche grazie a degli interventi di revamping. Sostituendo componenti obsoleti con degli ultimi ritrovati tecnologici potresti prolungare ancora di più la durata dell’impianto.

Quali sono i fattori che incidono sulla durata dei pannelli solari?

Per capire quanto dura un impianto fotovoltaico è necessario comprendere quali sono i fattori che ne influenzano il ciclo di vita. Abbiamo riassunto i principali qui di seguito:

  • Presenza o meno di componenti meccaniche. E’ infatti provato che l’assenza di componenti meccaniche all’interno dei pannelli riduce l’usura quotidiana media. La trasmissione di energia elettrica attraverso il silicio o il tellururo di cadmio è un processo con decadimento dei materiali minimo e quantificabile: ogni cella fotovoltaica soffre di una riduzione di potenziale annua pari al massimo all’1%, in particolare intorno allo 0,7% per il silicio cristallino e circa dell’1,5% per i pannelli a film sottile.
  • Manutenzione ordinaria dell’impianto. Pulire un impianto fotovoltaico è fondamentale perché la sporcizia che si deposita sui moduli fotovoltaici non solo ne riduce l’efficienza, ma può influire sul deterioramento dei pannelli e quindi sulla durata dell’impianto.
  • L’area geografica in cui è installato l’impianto. Un’area soggetta ad un forte inquinamento può voler significare una minore durata dell’impianto. Le polveri sottili possono depositarsi all’interno di ciascun pannello solare inficiandone il rendimento e la durata. Un altro esempio di come sia necessario conoscere l’area geografica per capire quanto dura un impianto fotovoltaico è capire se sia o meno vicino al mare. La salinità diffusa dal mare può minare il funzionamento del sistema fotovoltaico visto che ha un effetto corrosivo su alcune parti dei pannelli, oltre a rendere opaca la superficie assorbente.

Dopo queste considerazioni avrai certamente capito come sia necessario procedere ad una pulizia annuale dell’impianto per prolungarle la sua durata.

Un altro consiglio che ti suggeriamo di seguire scrupolosamente è quello di monitorarne costantemente la sua produzione di energia in modo da capire quando è più opportuno effettuarne la manutenzione o interventi di altro genere. In questo saprai sempre se c’è qualcosa che non va e puoi intervenire subito su eventuali malfunzionamenti. Oggi per fortuna gli inverter degli impianti sono collegati ad appositi portali o app che potrai facilmente consultare ovunque ti trovi.

Per rispondere alla domanda “Quanto dura un impianto fotovoltaico?” è però necessario considerare anche il ciclo di vita dei suoi componenti.

Durata dell’inverter

Quanto dura un inverter di un impianto fotovoltaico? Per rispondere alla domanda sulla durata degli impianti a moduli fotovoltaici è necessario capire anche quanto può durare uno dei suoi componenti fondamentali: l’inverter.

Partiamo subito con il precisare che per gli inverter è difficile avere le stesse prestazioni, in termini di durabilità, degli impianti fotovoltaici. E questo è un problema visto che un inverter serve a convertire l’energia solare raccolta dai pannelli, trasformandola da corrente continua in corrente alternata in modo da poter essere usata dall’impianto elettrico (ne parliamo anche qui). Anche in questo caso la durata è influenzata da diversi fattori: le condizioni di usura, l’assenza di manutenzione e la possibilità di surriscaldamento.

Generalmente è necessario sostituire l’inverter dopo 10 anni anche se i migliori possono arrivare anche a 13 anni di vita prima di avere un significativo calo di rendimento. Se un impianto fotovoltaico dura 20 anni quindi, nell’investimento considerate anche il costo della sostituzione di almeno un inverter.

Durata delle batterie di accumulo

Nel caso in cui il tuo impianto fotovoltaico sia dotato anche di batterie di accumulo, per rispondere alla domanda quanto dura un impianto fotovoltaico è necessario anche tenere conto della durata delle batterie di accumulo.

Questi dispositivi sono particolarmente utili visto che permettono di immagazzinare l’energia prodotta in eccesso dal tuo impianto fotovoltaico in modo da poterla utilizzare quando questo non è in grado di produrre (ad esempio di notte). Non sorprende quindi che sempre più persone decidano di dotare i propri impianti di questi dispostivi.

Dobbiamo considerare però che per le batterie di accumulo, l’elemento che più incide sul deterioramento è la sovraccarica. Se una batteria è completamente carica, continuare a fornirle energia elettrica può danneggiarla riducendone la durata. Anche in questo caso una corretta manutenzione della batteria è fondamentale per prolungarne la vita. Tuttavia sulla sua durata possono incidere fattori come la temperatura e il modo in cui lavora (per esempio diversi giorni di pausa sono deleteri) e le condizioni metereologiche e climatiche a cui è esposta.

Le batterie agli ioni di litio, le migliori sul mercato, garantiscono una durata potenziale di 7000 cicli di carica, che corrispondono a circa 20 anni, contando un ciclo al giorno. Tuttavia, la realtà è diversa dai calcoli fatti in laboratorio a condizioni ottimali. Nella pratica le batterie hanno una durata di circa 12 anni, in linea con garanzie tipiche di prodotto che coprono in generale dai 5 ai 10 anni di attività.

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