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Superbonus no, Direttiva Case Green Si! Quanto ci costa il cambio di rotta del Governo?

L’Eurocamera dà il via libera alla direttiva sulle case green ma con lo stop dello sconto in fattura i costi ricadono sui contribuenti. Spieghiamo brevemente cosa è ed in cosa consiste e quanto potrebbe costarci la nuova Direttiva Europea.

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In questi ultimi anni l‘Europarlamento è chiamato a votare sempre più spesso su politiche per l’ambiente dal forte peso ideologico. Ieri ad esempio, il Parlamento europeo ha approvato la cosiddetta Direttiva sulla casa “green” e l’efficienza energetica degli edifici. Ad una prima impressione un voto in questo senso non può che essere positivo. Soprattutto vista l’esigenza di portare avanti ancora più decisamente la transizione ecologica abbattendo drasticamente le emissioni di gas inquinanti. Ad un esame più attento però la situazione non è affatto così rosea.

La Direttiva case green prescriverà agli Stati membri obiettivi di ristrutturazione degli immobili residenziali e non, al fine di aumentarne l’efficienza energetica. Il lasso di tempo previsto si estenderà fino al prossimo decennio. Precisiamo che tale direttiva ha ottenuto una discreta maggioranza visto che a Strasburgo è stata approvata con 343 voti favorevoli, 216 contrari e 78 astenuti. A questo punto la palla passa in mano alla Commissione che è autorizzata a avviare trattative con il Consiglio, cioè gli Stati, per portare a compimento l’entrata in vigore della direttiva.

Si perché prima dell’entrata in vigore della direttiva case green c’è anche da capire su chi ricadranno le spese per la ristrutturazione di questi edifici oltre che gli effetti che una misura di questo tipo potrebbe provocare sull’economia. Visto l’attuale blocco dello sconto in fattura e della cessione del credito (ne parliamo qui), la risposta ci appare scontata: i costi ricadranno sui proprietari degli edifici da riqualificare ovvero su di noi cittadini.

In questo articolo cerchiamo di fare il punto della situazione spiegando perché, dietro alle buone intenzioni, si nasconde un rischio grandissimo per il nostro paese per le nostre tasche.

Cosa prevede la nuova direttiva “case green”?

Secondo la Direttiva Europea “Case green” gli stati Stati membri dell’UE dovranno dare una decisa sterzata green soprattutto nel settore delle costruzioni. La nuova direttiva si fonda sul fatto che gli edifici sono classificati per impatto ambientale su una scala che va da A a G. 

Se quanto abbiamo affermato è sicuramente vero, è altrettanto vero però che non c’è una uniformità di criteri per individuare la classe energetica peggiore degli edifici tra i vari paesi europei. In altre parole, la classe G italiana, non corrisponde ad esempio a quella della Romania o della Polonia, ovvero da paesi dalle caratteristiche socio-economiche e storiche ben diverse dalle nostre. Questi paesi infatti molto probabilmente dovranno sostenere spese molto minori per riqualificare i loro edifici partendo da un livello di efficienza più basso.

A questo punto dobbiamo anche riportare che secondo la direttiva casa green gli edifici residenziali dovrebbero raggiungere almeno la classe di prestazione energetica E entro il 2030 e D entro il 2033. Come se non bastasse, ogni nuovo edificio dovrà essere realizzato a emissioni zero a partire dal 2028 se costruito da privati e dal 2026 se costruito per fini pubblici. 

Ci preme quindi sottolineare due aspetti che riguardano queste ultime diposizioni:

  • la strettezza dei tempi previsti per l’adeguamento alla direttiva, soprattutto per i nuovi edifici,
  • i costi che questo potrebbe riservare, soprattutto per l’Italia.

In merito a quest’ultimo aspetto, il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, che ha già chiesto:

“una seria presa in considerazione del contesto italiano, diverso da quello di altri Paesi europei per questioni storiche, di conformazione geografica, oltre che di una radicata visione della casa come ‘bene rifugiò delle famiglie italiane”.

La direttiva è un eccesso di zelo?

Il percorso della direttiva al parlamento Europeo non è stato semplice visto che ha spaccato la maggioranza che sostiene Ursula von der Leyen. A favore, assieme ai Socialisti, sono andati i Verdi, parte dei Liberali di Renew Europe, la Sinistra Europea e piccoli frammenti di Partito Popolare Europeo. Contro, tutta la destra e parte del Ppe. Sembrerebbe quindi quasi che il Parlamento Europeo sia stato vittima di un idelogia iper-ambientalista che poco tiene in considerazione le vere necessità di cittadini e imprese.

L’efficientamento energetico degli edifici è un obiettivo condivisibile e di fondamentale importanza. Tuttavia tale obiettivo non può essere perseguito sulla pelle dei cittadini. In queste condizioni infatti, le spese per l’efficientamento energetico saranno a carico dei cittadini. Costoro dovrebbero farsi carico di esborsi ingenti per ottemperare agli obblighi della direttiva. I costi del materiale edilizio, ma non solo questi, che in questo momento sono sensibilmente più alti rispetto a qualche anno fa grazie al Superbonus, potrebbero infatti ulteriormente aumentare.

Quando si parla di transizione energetica, l’Unione Europea, ha la tendenza di mettere il carro davanti ai buoi. Non si ragiona in termini di percorsi fatti di obiettivi da raggiungere organizzati in base a priorità, ma si individua l’obiettivo finale senza avere idea di come raggiungerlo. E questo è molto pericoloso da un punto di vista economico, per i singoli paesi ma anche per tutti i cittadini europei.

Se da un lato si rischia la perdita di milioni di posti di lavoro a livello europeo, dall’altro si rischia un costo plurimiliardario per l’Italia che sarebbe comunque minore di quello di  Francia e Germania. La prospettiva aperta dalla direttiva “case green” è quindi complessa anche se c’è ancora da giocare la partita del Consiglio Europeo.

Quanto costa la follia delle case green?

A realizzare una stima dei costi che l’Italia dovrebbe sostenere qualora passasse così come la “Direttiva casa green” ci ha pensato Ance (Associazione Nazionale dei Costruttori Edili).

Secondo il suo rapporto, la spesa per le ristrutturazioni “green” della casa ammonta ad una cifra compresa tra 40-60 miliardi di euro. Precisiamo inoltre che questa stima non tiene in alcuna considerazione né i costi per eventuali mutui e finanziamenti in capo ai privati, nuove torsioni verso l’alto del prezzo delle materie prime e costi burocratici in capo a amministrazioni o cittadini per la ristrutturazione. Si tratta quindi di una stima prudenziale che considera un costo medio per ristrutturazione che ammonta a 20-25 mila euro.

Ance ha poi anche stimato il numero di immobili che servirà ristrutturare al netto delle esenzioni che il Partito Popolare Europeo ha promosso. Se approvate tali esenzioni riguardano gli edifici dei centri storici delle città, case di famiglie indigenti, luoghi di culto e costruzioni soggette a vincolo storico e culturale. In totale sono circa 230.000 edifici pubblici e non residenziali e 1,8 milioni di residenziali privati. In altre parole è come dire che fino al 2033, dovranno essere ultimati oltre 200.000 interventi su singoli edifici. Tutto questo per portare a una classe energetica di E entro il 2030 e D entro il 2033 gli oltre 2 milioni di immobili interessati.

Per capire la dimensione della sfida, Ance ricorda che, con il superbonus 110%, sono stati realizzati poco meno di 100.000 interventi nel 2021 e 260.000 nel 2022. La Direttiva prevede, quindi, che nei prossimi anni dovremo mantenere un ritmo, costante, simile a quello sperimentato nell’ultimo anno.

Ma non finisce qui. La vera minaccia è quella che riguarda la svalutazione degli immobili. Ovvero il bene che gli italiani hanno usato per anni come forma di investimento dei loro risparmi. Per fortuna le sanzioni per chi non avesse ottemperato a questo obbligo, come il divieto di vendere o affittare la casa che non avesse il bollino verde richiesto dall’Europa sono decadute. Tuttavia rimane concreto il rischio di deprezzamento degli immobili che non saranno riusciti a raggiungere la classe E entro il 2033. In altre parole, o si sostengono le spese necessarie per far salire di classe energetica casa propria con i nostri soldi, o la casa in cui viviamo subirà un crollo del proprio valore.

Le previsioni di ANCE

Il testo della Direttiva casa green ha diviso in due le opinioni sulle tempistiche entro cui effettuarla. C’è chi sostiene la necessità di accelerare i tempi della riqualificazione degli edifici e chi invece promuove un approccio più ‘soft’.

In ogni caso l’attuazione un simile disegno presuppone un enorme piano strategico che interessa non solo il settore dell’edilizia, ma l’intera catena del valore che tali interventi richiedono (materiali, impianti, servizi, finanza). In sostanza quello che si dovrebbe creare è un vero e proprio Piano europeo per la neutralità e l’indipendenza energetica che presupponga:

  • adeguate risorse pubbliche,
  • un sistema di finanziamenti accessibili alle famiglie,
  • progetto industriale in grado di ridurre i costi delle forniture e degli interventi 
  • regime fiscale che sappia assecondare la creazione di un polo industriale, italiano ed europeo, capace di diventare un punto di riferimento mondiale dell’efficienza energetica.

Accanto a tutto questo serve anche un sistema efficiente di cessione dei crediti fiscali (anche per percentuali inferiori al 110%). Tale meccanismo infatti non può mettere n discussione, la monetizzazione dei lavori eseguiti, con il risultato di bloccare qualsiasi ulteriore decisione di investimento. Per questo motivo, quello che farà la differenza tra un Piano concreto di miglioramento ambientale e un libro dei sogni è la decisione di Eurostat sui crediti fiscali. Come abbiamo scritto anche qui, vengono considerati come debito pubblico e quindi possono essere spalmati su più anni.

Cosa può fare adesso l’Italia?

Come abbiamo già anticipato, la partita decisiva si combatterà al Consiglio Europeo. Sarà infatti quest’ultimo, nei prossimi mesi, a decidere se vidimare la decisione della Commissione o proporre emendamenti.

Si tratta di una sede di dialogo non ostile all’Italia. Tra l’altro, in questa sede, possiamo anche puntare sulla coerenza tra l’esecutivo in patria e i voti dei partiti al Parlamento Europeo. Finlandia, Spagna e Olanda infatti hanno già mostrato diverse riserve per la direttiva che ritengono eccessivamente precipitosa. C’è quindi spazio per il nostro paese per proporre modifiche alla direttiva “case green”. Ad esempio potremo fare in modo che si allunghino i tempi o modifichino le soglie di esenzione per evitare un disastro industriale.

Compila il modulo con i tuoi dati per rimanere aggiornato sulle ultime novità delle Direttiva Casa Green o quelle riguardanti le altre agevolazioni fiscali per l’efficientamento energetico!

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Guida al Bonus Condizionatori 2023: cosa è e come funziona

Bonus Condizionatori 2023: cosa è e come funziona. Consulta la nostra guida completa per scoprire tutto quello che devi sapere per… stare al fresco!

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Cosa è il bonus condizionatori 2023?

Il Bonus Condizionatori 2023 rappresenta un’ottima opportunità per risparmiare sull’acquisto o sulla sostituzione di un condizionatore. Questa agevolazione fiscale prevede una detrazione che può variare dal 50% al 65% per l’acquisto di un nuovo condizionatore o la sostituzione di uno vecchio con uno a risparmio energetico o a pompa di calore.

La Legge di Bilancio 2023 ha confermato l’agevolazione, rendendola disponibile anche per quest’anno.

Se stai pensando di acquistare un nuovo condizionatore, ti consigliamo di approfittare di questa opportunità. L’agevolazione è valida fino al 31 dicembre 2023 e lo sconto fiscale varia in base all’intervento realizzato e alla tipologia di apparecchiatura acquistata. Non perdere l’occasione di ottenere un notevole risparmio e di avere un ambiente domestico fresco e confortevole!

In questo articolo ci accingiamo infatti a fornirti tutte le indicazioni necessarie per sfruttare le varie agevolazioni disponibili.

Sei curioso di scoprire quali sono gli incentivi per il riscaldamento domestico in vigore nel 2024? Allora clicca qui e scoprili subito!

Puoi richiedere una nostra consulenza o maggiori informazioni cliccando qui!

bonus condizionatori 2023

bonus condizionatori 2023

Bonus condizionatori 2023: come funziona?

In linea generale, per beneficiare del Bonus condizionatori è necessario che venga eseguito un intervento edilizio sull’immobile, tra cui:

  • manutenzione straordinaria;
  • restauro;
  • ristrutturazione o risanamento conservativo dell’unità immobiliare;
  • ricostruzione o ripristino di un immobile danneggiato in seguito a eventi calamitosi;
  • manutenzione ordinaria o straordinaria su parti comuni di edifici residenziali.

Nello specifico, a seconda dell’intervento che si vuole intraprendere, si fa riferimento a uno dei Bonus edilizi in vigore:

  • Bonus mobili ed elettrodomestici;
  • Ecobonus;
  • Superbonus.

Prendiamo adesso in esame le varie detrazioni fiscali di cui puoi beneficiare per ottenere il tuo bonus condizionatori 2023.

Detrazione al 50%

Se l’acquisto di nuovo condizionatore nel 2023 rientra nell’ambito di una ristrutturazione edilizia, è possibile ottenere una detrazione del 50%. Si tratta, infatti, del Bonus mobili ed elettrodomestici.

Per approfittare di questo bonus condizionatori, devono verificarsi le seguenti condizioni:

  • l’acquisto deve avvenire in concomitanza a un intervento di ristrutturazione dell’abitazione;
  • il condizionatore deve essere a pompa di calore e garantire il risparmio energetico;
  • rientrare in un massimale di spesa di 8.000 euro, detraibili in 10 quote annuali.

Nell’ambito dei lavori edilizi, invece, è possibile ottenere un secondo bonus condizionatori 2023 ovvero il Bonus ristrutturazione. Questa agevolazione consiste comunque nella detrazione IRPEF del 50%. Il massimale di spesa però in questo caso ammonta a 96.000 euro per unità immobiliare.

Precisiamo però che è importante rispettare un requisito fondamentale. Per ottenere il bonus infatti è necessario acquistare un condizionatore con una pompa di calore ad alta efficienza. Il risparmio, quindi, deve essere certificato.

Detrazione al 65%

È possibile anche usufruire del Bonus condizionatori senza ristrutturazione qualora l’acquisto del dispositivo rientri nell’Ecobonus, che prevede una detrazione del 65%. Per ottenre questa detrazione maggiorata si devono però rispettare le seguenti condizioni:

  • sostituzione di un condizionatore vecchio con uno nuovo a risparmio energetico;
  • il nuovo condizionatore deve essere a pompa di calore e di classe energetica superiore rispetto a quella del condizionatore da sostituire;
  • rispettare il limite di spesa di 46.154 euro.

Precisiamo inoltre che la detrazione al 65% del bonus condizionatori 2023 è detraibile solamente in 10 rate annuali in dichiarazione dei redditi.

Bonus condizionatori 2023: Detrazione al 90%

È possibile beneficiare di un’aliquota superiore nel caso in cui l’installazione del condizionatore a pompa di calore avvenga insieme a un “intervento trainante” del Superbonus che oramai ha un aliquota ridotta rispetto a quella iniziale del 110% (ne avevamo parlato qui).

Questa opzione è consigliata nel caso in cui si voglia intervenire strutturalmente sull’intero edificio o condominio. In questo caso il bonus condizionatori 2023 ammonta al 90% della spesa sostenuta qualora l’acquisto del condizionatore viene eseguito in concomitanza di uno dei lavori principali del Superbonus, ovvero:

  • interventi di isolamento termico sugli involucri;
  • sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale sulle parti comuni;
  • sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale sugli edifici unifamiliari o sulle unità immobiliari di edifici plurifamiliari funzionalmente indipendenti.
  • Attenzione però: per ottenere l’aliquota 90% è necessario che vi sia un miglioramento di due classi energetiche.

Bonus condizionatori 2023: a chi spetta?

I Bonus condizionatori 2023 che abbiamo descritto qui sopra possono essere richiesto da tutti i contribuenti, residenti o non residenti in Italia, ovvero:

  • persone fisiche;
  • società di persone e di capitali;
  • esercenti arti e professioni;
  • associazioni di professionisti;
  • aziende;
  • imprenditori individuali;
  • titolari di Partita IVA;
  • enti pubblici e privati non impegnati in attività commerciali;
  • condomini;
  • istituzioni autonome per l’edilizia sociale;
  • cooperative edilizie indivise;
  • proprietari o nudi proprietari delle unità immobiliari;
  • titolari di un diritto reale di godimento (usufrutto, uso, abitazione o superficie);
  • inquilini o comodatari.

Oltre ai soggetti appena elencati, hanno diritto alla detrazione anche i seguenti soggetti, purché risultino intestatari dei bonifici:

  • familiari conviventi del possessore dell’immobile (coniuge, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo grado);
  • convivente, anche se fuori dal matrimonio o unione civile;
  • coniuge separato, purché intestatario del bene immobile insieme all’altro coniuge.

Quali spese rientrano nell’agevolazione?

I bonus condizionatori 2023 non coprono solo la spesa sostenuta per l’acquisto del condizionatore ma anche i lavori di installazione dell’impianto sostenuti dalla ditta, come ad esempio noi di Valore Energia.

Nello specifico, l’agevolazione fiscale riguarda soprattutto le “pompe di calore” dal momento che sono proprio questi dispositivi a permettere l’erogazione sia di calore che di aria fresca al condizionatore. Pertanto permettono l’utilizzo degli split sia in estate che in inverno e possono sostituire anche il classico riscaldamento a gas.

Come si ottiene il Bonus condizionatori?

Come abbiamo già specificato, il Bonus condizionatori 2023 può essere richiesto attraverso la detrazione fiscale in fase di dichiarazione dei redditi (per esempio, con il modello 730). In questo caso, la cifra dell’incentivo viene rimborsata in 10 quote annuali di importo uguale.

Fino al 20 febbraio 2023 era possibile ottenere la detrazione anche tramite sconto in fattura o la cessione del credito. Tuttavia, dopo l‘approvazione del decreto Blocca Cessioni, queste due alternative non sono più un’opzione percorribile.. Infatti, sebbene lo sconto immediato in fattura fosse il metodo preferito dai richiedenti, il Governo ha previsto lo stop immediato. Per i lavori non ancora iniziati, perciò, sarà disponibile soltanto la modalità della detrazione fiscale.

Presta attenzione alla tracciabilità dei pagamenti

Come per altri Bonus edilizi, anche per il Bonus condizionatori 2023 è necessario che il pagamento venga realizzato con mezzi tracciabili. Nello specifico, esso può essere effettuato tramite:

  • bonifico postale o bancario;
  • carta di credito o di debito;
  • bonifico parlante.

Nel caso del bonifico parlante, devono essere inclusi i seguenti dati:

  • codice fiscale del beneficiario della detrazione;
  • codice fiscale o Partita IVA del beneficiario del pagamento;
  • numero e data della fattura che viene pagata;
  • causale che faccia riferimento alla normativa dell’agevolazione (art. 16-bis del Dpr 917/1986).

Inoltre, è necessario procedere con la comunicazione all’ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico e sostenibile.

Tale comunicazione deve:

  • essere inviata entro 90 giorni dalla fine dei lavori;
  • contenere i dati dell’intervento, il risparmio energetico raggiunto e le spese sostenute;
  • essere presentata online, tramite l’apposito portale web.

Documentazione da conservare

È opportuno e consigliabile conservare la documentazione inerente l’intervento realizzato e l’agevolazione ottenuta ovvero il bonus condizionatori 2023. Abbiamo elencato i documenti da conservare qui di seguito:

  • Fatture relative alle spese sostenute
  • Ricevuta del bonifico
  • Visto di conformità, in caso di sconto in fattura o cessione del credito
  • Ricevuta della comunicazione all’ENEA (codice CPID)
  • Scheda tecnica della pompa installata
  • Dichiarazione di conformità

Compila il modulo qui sotto con i tuoi dati ed attendi la chiamata del nostro operatore chiedere più informazioni sui bonus condizionatori 2023!

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6 falsi miti fotovoltaico: sfatiamoli insieme

Miti fotovoltaico: le 6 bufale più diffuse che proviamo a smascherare

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Nel mondo dell’energia solare, sono circolate molte idee errate e pregiudizi sull’efficacia e la praticità dei sistemi fotovoltaici. Questi falsi miti sul fotovoltaico possono creare confusione e impedire a molte aziende e privati di sfruttare appieno i vantaggi dell’energia solare. Ecco perché, in questo articolo, vogliamo sfatare alcuni dei più comuni falsi miti sul fotovoltaico e fornirti informazioni corrette e basate su fatti per aiutarti a prendere una decisione informata sul futuro energetico della tua azienda.

Tra i miti che affronteremo ci sono quelli che riguardano il costo elevato degli impianti fotovoltaici, la mancanza di efficienza in condizioni climatiche avverse e la difficoltà di installazione e manutenzione.

Siamo pronti a chiarire queste incertezze e mostrare come i sistemi fotovoltaici possano essere una soluzione conveniente e affidabile per le aziende che desiderano ridurre la dipendenza dalle fonti energetiche tradizionali e migliorare la propria eco-sostenibilità.

Miti sul fotovoltaico: sono troppo costosi per essere accessibili a tutti

Uno dei miti più diffusi sul fotovoltaico riguarda la sua accessibilità: molti credono che gli impianti fotovoltaici siano troppo costosi per essere alla portata di tutti. Tuttavia, con gli aumenti costanti dei prezzi dell’energia tradizionale, l’installazione di un impianto fotovoltaico diventa sempre più conveniente (ne parliamo anche qui).

In realtà, gli impianti fotovoltaici possono essere personalizzati in base alle proprie esigenze, aziendali e non, garantendo così una soluzione adeguata e accessibile a ogni budget. Inoltre, grazie ai continui miglioramenti tecnologici e alla riduzione dei costi di produzione, oggi è possibile installare un impianto fotovoltaico a prezzi molto più accessibili rispetto al passato.

Inoltre, è importante considerare che gli impianti fotovoltaici sono un investimento a lungo termine, che garantisce una fonte di energia pulita e rinnovabile per molti anni, con notevoli risparmi sulla bolletta energetica.

Quindi, non lasciare che i falsi miti sul fotovoltaico ti impediscano di valutare la possibilità di installare un impianto di questo tipo: i vantaggi in termini di risparmio energetico e di sostenibilità sono troppo importanti per essere ignorati.

Gli impianti fotovoltaici non sono affidabili e durano poco

Il mito secondo cui gli impianti fotovoltaici non sarebbero affidabili e durerebbero poco è largamente diffuso e, purtroppo, spesso basato su esperienze negative o su informazioni inesatte. La realtà è che gli impianti fotovoltaici di alta qualità, come quelli offerti da Valore Energia, sono progettati per durare molti anni e sono in grado di resistere a condizioni climatiche estreme. Inoltre, i componenti utilizzati nei nostri impianti sono sottoposti a rigorosi controlli di qualità e sono garantiti da produttori affidabili.

Inoltre, Valore Energia offre una manutenzione ed un servizio di monitoraggio della produzione dell’impianto in modo da garantire che l’impianto funzioni sempre al massimo delle sue prestazioni. Questo aumenta ulteriormente la durata e l’affidabilità dell’impianto fotovoltaico.

In definitiva, è importante scegliere un professionista qualificato e un produttore affidabile per installare il proprio impianto fotovoltaico. Con la giusta attenzione e manutenzione, gli impianti fotovoltaici possono durare decenni e fornire energia pulita e affidabile per tutto questo tempo.

Gli impianti fotovoltaici non possono essere installati in ogni tipo di clima o di regione

Adesso ci accingiamo a sfatare un altro dei più comuni miti sul fotovoltaico: gli impianti non possono essere installati in ogni tipo di clima o regione. In realtà, gli impianti fotovoltaici possono essere installati ovunque ci sia una fonte sufficiente di luce solare, che può essere sfruttata per produrre energia pulita e rinnovabile. Anche se i livelli di irradiazione solare variano in base alla regione e al clima, è possibile installare impianti fotovoltaici in molte parti del mondo e ottenere una produzione di energia significativa.

Inoltre, grazie ai progressi tecnologici, gli impianti fotovoltaici sono progettati per resistere a una vasta gamma di condizioni climatiche, come vento, pioggia, neve e temperature estreme. Questo significa che gli impianti fotovoltaici possono essere installati in molte parti del mondo e continuare a funzionare in modo affidabile per molti anni, fornendo energia pulita e sostenibile.

In definitiva, l’installazione di un impianto fotovoltaico non è limitata da clima o regione, ma dipende dalla disponibilità di luce solare.

Miti fotovoltaico: La produzione di energia da parte degli impianti è limitata e non è in grado di soddisfare le esigenze energetiche

Il falso mito che gli impianti fotovoltaici non siano in grado di soddisfare le esigenze energetiche è semplicemente sbagliato. Con l’evoluzione della tecnologia e la crescente consapevolezza dei vantaggi dell’energia solare, gli impianti fotovoltaici sono diventati sempre più avanzati e capaci di fornire quantità significative di energia pulita e rinnovabile. Inoltre, la possibilità di integrare gli impianti fotovoltaici con le batterie di accumulo, consente di aumentare ulteriormente la resa e la versatilità degli impianti.

In molte regioni, gli impianti fotovoltaici sono ormai in grado di produrre quantità di energia sufficienti a soddisfare le esigenze energetiche di intere comunità. Ad esempio, negli Stati Uniti, la capacità totale installata di energia solare è aumentata di oltre il 20% solo nell’ultimo anno, raggiungendo una capacità totale di oltre 40 GW.

Inoltre, la scalabilità degli impianti fotovoltaici rende possibile la produzione di energia in quantità adatte alle esigenze specifiche di ogni singola azienda o abitazione. Questo significa che, indipendentemente dalle dimensioni dell’impianto, è possibile ottenere una produzione di energia sufficiente a soddisfare le esigenze energetiche.

In definitiva, la produzione di energia da parte degli impianti fotovoltaici è ormai ben consolidata e in grado di soddisfare le esigenze energetiche di un’ampia gamma di utenti. Sfatare questo falso mito significa aprire la strada a un futuro più sostenibile e all’adozione sempre più diffusa di fonti di energia pulita e rinnovabile.

Gli impianti fotovoltaici sono difficili da mantenere e richiedono costanti riparazioni

Spesso si sente dire che gli impianti fotovoltaici siano difficili da mantenere e che richiedano costanti riparazioni. Tuttavia, questo non è del tutto vero. La verità è che, se installati correttamente da un professionista, gli impianti fotovoltaici sono molto affidabili e richiedono pochissima manutenzione. In realtà, un impianto fotovoltaico ben progettato e installato può durare decenni senza alcun problema. Puoi approfondire la tematica della durata degli impianti fotovoltaici qui.

Gli impianti fotovoltaici sono composti principalmente da moduli solari, ed un inverter. Questi componenti sono progettati per resistere alle intemperie e alle sollecitazioni esterne, come la pioggia, il vento e la neve. Inoltre, i moduli solari sono testati rigorosamente per garantire la loro resistenza e durabilità nel tempo.

Il mantenimento degli impianti fotovoltaici è semplice e consiste principalmente nel pulire i pannelli solari per garantire che siano sempre liberi da polvere, foglie e altri detriti che possono ostruire la loro capacità di assorbire la luce solare. Se vengono utilizzati materiali di qualità e vengono seguite le giuste pratiche di installazione, gli impianti fotovoltaici non richiedono riparazioni frequenti.

In sintesi, la manutenzione degli impianti fotovoltaici è molto più semplice e conveniente di quanto si possa pensare. Con la giusta progettazione e installazione, gli impianti fotovoltaici possono durare decenni e fornire energia pulita e affidabile per tutto questo tempo.

Gli impianti fotovoltaici sottraggono terreni all’agricoltura

Un altro falso mito sugli impianti fotovoltaici è la loro necessità di ampie superfici. In realtà lo spazio non è un problema!

Per smontare questo falso mito, riportiamo i dati Ispra e facciamo alcune semplici considerazioni:

  • superficie agricola disponibile > 16,6 mln di ettari
  • superficie agricola utilizzata > 12,4 mln di ettari
  • superficie agricola non utilizzata/abbandonata > 4,2 mln di ettari
  • superficie agricola abbandonata ogni anno > + 120 mila ettari.

Ipotizziamo, sempre secondo Ispra, che per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2030 occorrono 43 Gigawatt (GW) di nuove installazioni fotovoltaiche. Per tale potenza sono necessari circa 56 mila ettari di superficie, di questa il 30% potrebbe occupare i tetti, pertanto la superficie agricola necessaria è di circa 39 mila ettari equivalente a:

  • un terzo della superficie agricola che ogni anno non viene più coltivata passando a uno stato di abbandono;
  • 0,9% della superficie agricola persa totale;
  • 0,24% della superficie agricola totale.

Vuoi sapere di più sugli impianti fotovoltaici? Compila il modulo qui sotto con i tuoi dati ed attendi la chiamata di un nostro operatore!

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Impianti fotovoltaici ibridi: cosa sono e come funzionano

Tutto quello che devi sapere sugli impianti fotovoltaici ibridi e su come funzionano

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Fotovoltaico o solare termico?

Se anche tu ti sei posto questa fatidica domanda e ti sei costretto a scegliere fra i due sistemi abbiamo una bella notizia per te. Da oggi infatti potresti non dover essere più costretto a scegliere fra i due ma averli e tutti e due in un unico sistema grazie agli impianti fotovoltaici ibridi. Questi ultimi infatti uniscono le caratteristiche di quelli termici e fotovoltaici per produrre energia elettrica, acqua calda e riscaldamento. Questo tipo di impianto rappresenta una soluzione innovativa ed efficiente per sfruttare al meglio le fonti di energia rinnovabile.

Gli impianti fotovoltaici ibridi funzionano sfruttando l’energia solare proveniente dai pannelli fotovoltaici, che viene utilizzata per produrre energia elettrica. Inoltre, gli impianti ibridi integrano anche dei pannelli solari termici, che sfruttano l’energia solare per produrre acqua calda e riscaldamento. In questo modo, è possibile ottenere energia elettrica, acqua calda e riscaldamento, utilizzando una sola fonte di energia rinnovabile.

Gli impianti fotovoltaici ibridi offrono numerosi vantaggi rispetto agli impianti tradizionali. Innanzitutto, consentono di sfruttare al meglio l’energia solare in tutte le sue forme, permettendo di ottenere una produzione energetica (termica ed elettrica) costante e sostenibile. Ciò permette anche di ridurre l’impatto ambientale e di ridurre i costi energetici, come avremo modo di approfondire più avanti.

Pronto a scoprire tutto quello che devi sapere sugli impianti fotovoltaici ibridi? Allora continua a leggere!

Come funzionano gli impianti fotovoltaici ibridi

Come avrai già avuto modo di intuire, il funzionamento di un impianto fotovoltaico ibrido si basa sull’utilizzo dell’energia solare.

L’energia solare viene raccolta dai pannelli fotovoltaici, che la convertono in energia elettrica. Questa energia potrà essere utilizzata per soddisfare le esigenze energetiche della tua abitazione o dell’azienda su cui è collocato l’impianto. Ma non solo.

Mentre l’impianto fotovoltaico produrrà elettricità, anche i pannelli solari termici saranno in funzione sfruttando l’energia solare per produrre acqua calda sanitaria o per il riscaldamento.

Entrambe le tecnologie sono comunque in grado di funzionare anche quando il sole non brilla al massimo del suo splendore garantendo comunque una buona resa, specie quella termica.

Inoltre, i pannelli fotovoltaici ibridi, possono comunque essere supportati da dispostivi di accumulo, di acqua calda o elettricità, in modo da conservare e dissipare il meno possibile tutto il loro lavoro ed impiegarlo efficacemente anche in assenza del sole. Come avrai notato quindi, i pannelli solari ibridi ed i sistemi di accumulo ad essi connessi sono in grado di farti risparmiare ancora di più sulle bollette.

Tipologie

I pannelli solari ibridi sono un dispositivo tecnologico abbastanza recente. Tuttavia sono già disponibili in diverse tipologie in modo da adattarsi al meglio alle esigenze di ognuno. In particolare, fra le tipologie di impianti fotovoltaici ibridi figurano le seguenti:

  • vetrati: riducono la dispersione di energia ma, se esposti a temperature elevate (tipiche dei mesi caldi) riducono il rendimento elettrico;
  • non vetrati: resistono meglio alle alte temperature ma hanno una resa elettrica minore;
  • ad acqua: favoriscono la trasmissione del calore e si distinguono per capacità di resa;
  • ad aria: il cui costo è lievemente inferiore rispetto agli altri, presentano problemi nel recupero termico e quindi in generale nel rendimento delle celle solari;
  • a collettori piani: sono i più validi dal punto di vista della restituzione di energia e calore.

Vantaggi degli impianti fotovoltaici ibridi: risparmio energetico e impatto ambientale

Gli impianti fotovoltaici ibridi rappresentano una soluzione innovativa ed efficiente per sfruttare al meglio le fonti di energia rinnovabile, offrendo numerosi vantaggi. Abbiamo riassunto i principali vantaggi qui di seguito:

  1. Riduzione dei costi energetici: grazie alla possibilità di produrre energia elettrica, acqua calda e riscaldamento utilizzando una sola fonte di energia rinnovabile, gli impianti fotovoltaici ibridi consentono di ridurre i costi energetici e aumentare l’efficienza energetica dell’azienda.
  2. Impatto ambientale ridotto: grazie all’utilizzo di una sola fonte di energia rinnovabile, gli impianti fotovoltaici ibridi contribuiscono alla riduzione dell’impatto ambientale e all’adozione di uno stile di vita più sostenibile. Inoltre, questi impianti consentono di ridurre le emissioni di gas serra e di diminuire la dipendenza dalle fonti energetiche fossili.
  3. Flessibilità: grazie alla possibilità di produrre energia elettrica, acqua calda e riscaldamento, gli impianti fotovoltaici ibridi sono in grado di soddisfare le diverse esigenze energetiche di un’azienda o di un abitazione privata in modo efficiente ed economico.
  4. Efficienza energetica: gli impianti fotovoltaici ibridi consentono di aumentare l’efficienza energetica dell’azienda o della tua abitazione e di ridurre gli sprechi energetici.
  5. Autonomia energetica: grazie alla produzione di energia elettrica e termica, gli impianti fotovoltaici ibridi ti consentono di diventare più autonomo da un punto di vista energetico, riducendo la dipendenza dalle fonti energetiche tradizionali.

Gli svantaggi degli impianti a pannelli solari ibridi

Ma gli impianti fotovoltaici ibridi non hanno solo vantaggi. Abbiamo pertanto deciso di elencare brevemente i loro contro qui di seguito:

  • Il costo per l’acquisto e l’installazione di questi pannelli può superare il doppio rispetto a quelli tradizionali.
  • La manutenzione è necessaria e deve essere eseguita con regolarità per mantenere le prestazioni.
  • I pannelli solari ibridi non possono sostituire completamente la caldaia, soprattutto in aree dove gli inverni sono rigidi.

Nonostante ciò, adottare questo tipi di impianti rappresenta comunque un investimento che può garantire risparmi significativi nel medio-lungo periodo.

Conclusioni

In conclusione, gli impianti fotovoltaici ibridi rappresentano una soluzione innovativa ed efficiente per sfruttare al meglio le fonti di energia rinnovabile. Questi impianti uniscono le caratteristiche degli impianti termici e fotovoltaici per produrre energia elettrica, acqua calda e riscaldamento, offrendo numerosi vantaggi rispetto agli impianti tradizionali come il risparmio energetico, l’impatto ambientale ridotto, la flessibilità e l’autonomia energetica.

Grazie alla possibilità di produrre energia elettrica, acqua calda e riscaldamento utilizzando una sola fonte di energia rinnovabile, gli impianti fotovoltaici ibridi consentono di ridurre i costi energetici e di aumentare l’indipendenza energetica. Applicandoli non solo al contesto domestico ma anche quello aziendale, questo tipo di impianti può davvero rappresentare il futuro dell’energia sostenibile contribuendo alla transizione energetica in maniera responsabile.

Per ottenere il massimo dai propri impianti fotovoltaici ibridi, è importante rivolgersi a professionisti del settore in grado di offrire soluzioni personalizzate e di alta qualità come noi di Valore Energia. Solo così sarà possibile massimizzare i vantaggi degli impianti fotovoltaici ibridi e garantire un impatto positivo sull’ambiente e sui tuoi costi energetici.

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Cessione del credito 2023: le regole dopo il Decreto blocca Cessioni

Cessione del credito 2023: il decreto “blocca cessioni” approvato pochi giorni fa stoppa definitivamente le nuove operazioni di cessioni del credito e sconto in fattura. Ecco le nuove regole

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Il dl 11/2023, decreto blocca cessioni, approvato d’urgenza nei giorni scorsi riscrive nuovamente le regole sulla cessione del credito 2023 e sullo sconto in fattura. In sostanza il nuovo decreto apporta delle modifiche sostanziali al vecchio articolo 121 del DL Rilancio.

A farne le spese sono così molti dei bonus fiscali attualmente in vigore per i quali era riconosciuta la possibilità di usufruire dello sconto in fattura in cambio della cessione del credito d’imposta maturato. Niente più Superbonus 110%, Bonus fotovoltaico al 60% o Bonus caldaia.

Ma è davvero così per tutti gli incentivi o ancora è possibile usufruire della cessione del credito 2023 in qualche modo?

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Cessione del credito 2023: tutte le modifiche dopo il dl 11/2023 Blocca cessioni

Cessione del credito 2023: tutte le modifiche dopo il dl 11/2023 Blocca cessioni

Cessione del credito 2023, le modifiche del decreto blocca cessioni

I punti principali del decreto cessioni sono i seguenti:

  • stop agli enti locali all’acquisto dei crediti da Superbonus;
  • responsabilità solidale del cessionario;
  • stop alle nuove cessioni del credito e allo sconto in fattura;
  • stop anche al vecchio meccanismo di cessione dei crediti (dl 63/2013).

Di seguito analizziamo brevemente le novità una per una delle nuove regole per la cessione del credito 2023.

Cessione del credito 2023, stop all’acquisto dei crediti per gli enti locali

Regioni e province stavano iniziando a muoversi per provare a sbloccare il mercato dei crediti fiscali del 2023. In questo modo, pensavano di poter in qualche modo contribuire a sbloccare una serie di cantieri sospesi a causa proprio dell’impossibilità di cedere il credito d’imposta in cambio di liquidità e rilanciare il settore edilizio.

Con le nuove regole per la cessione del credito 2023 di fatto il governo introduce un divieto secco per comuni, province e regioni di acquistare crediti derivanti da bonus edilizi.

Stando alle parole della Premier Giorgia Meloni e del ministro dell’economia, questa misura sarebbe necessaria per evitare danni più grossi alle casse dello Stato. Se gli enti pubblici acquistassero questi crediti infatti, lo stato potrebbe rischiare di non avere neanche i fondi per la prossima manovra (ne avevamo parlato anche qui). In particolare, l’art. 1 comma 1 lett. a) prevede che:

ai fini del coordinamento della finanza pubblica, le pubbliche amministrazioni […] non possono essere cessionari dei crediti di imposta derivanti dall’esercizio delle opzioni di cui al comma 1, lettere a) e b) dell’art. 121.

Responsabilità solidale del cessionario

Il decreto cessioni prova a sbloccare i crediti cosiddetti incagliati perimetrando la responsabilità solidale del cessionario in caso di truffa o dolo introducendo una serie di documenti per l’esonero della responsabilità dei cessionari.

In particolare, l’art. 1 comma 1 lett. b) prevede che il concorso nella violazione e la conseguente responsabilità in solido sono in ogni caso escluse per i cessionari che siano in possesso dei seguenti 9 documenti:

  • titolo edilizio oppure dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà nel caso di edilizia libera, in cui sia indicata la data di inizio dei lavori ed attestata la circostanza che gli interventi di ristrutturazione edilizia posti in essere rientrano tra quelli agevolabili e non necessitano di titolo;
  • notifica preliminare ASL oppure, nel caso di interventi per i quali tale notifica non è dovuta in base alla normativa vigente, dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà che attesti tale circostanza;
  • visura catastale ante operam dell’immobile oggetto degli interventi, oppure, nel caso di immobili non ancora censiti, domanda di accatastamento;
  • fatture, ricevute o altri documenti comprovanti le spese sostenute, nonché documenti attestanti l’avvenuto pagamento delle spese medesime;
  • asseverazioni, quando obbligatorie per legge, dei requisiti tecnici degli interventi e di congruità delle relative spese, corredate da tutti gli allegati previsti dalla legge, rilasciate dai tecnici abilitati, con relative ricevute di presentazione e deposito presso i competenti uffici;
  • delibera condominiale di approvazione dei lavori e relativa tabella di ripartizione delle spese in caso di interventi su parti comuni;
  • nel caso di interventi di efficienza energetica: relazione tecnica (legge 10), APE / APE convenzionale, oppure dichiarazione sostitutiva che attesti la non necessità di tale documentazione;
  • visto di conformità rilasciato dal commercialista;
  • attestazione delle banche o istituti di credito che intervengono nelle cessioni di avvenuta segnalazione delle operazioni sospette (art. 35 dlgs 231/2007) o di astensione (art. 42 dlgs 231/2007).

Le nuove regole per la cessione del credito 2023 prevedono che solo il possesso di questi 9 documenti possa salvare il cessionario in caso di controlli e responsabilità accertate. Resta comunque da sciogliere il nodo del sequestro preventivo del credito.

Stop alle nuove cessioni del credito 2023 e allo sconto in fattura. Quali sono i bonus a farne le spese?

Analizziamo adesso quello che è il vero punto dolente delle nuove regole per la cessione del credito 2023 introdotte dal decreto blocca cessioni. La nuova normativa infatti prevede che dal 17 febbraio non è più possibile procedere con la cessione del credito né con lo sconto in fattura per i seguenti interventi (art. 121 c. 2):

  • recupero del patrimonio edilizio;
  • efficienza energetica;
  • misure antisismiche;
  • recupero o restauro della facciata;
  • installazione di impianti fotovoltaici;
  • colonnine di ricarica.

In altre parole, questo significa che fare le spese del decreto blocca cessioni nel 2023 sono i seguenti bonus:

  • superbonus
  • bonus ristrutturazione;
  • ecobonus;
  • sismabonus;
  • bonus facciate, non più accessibile per il 2023 ma i cui crediti sono ancora in circolazione;
  • detrazione per l’installazione degli impianti fotovoltaici;
  • detrazione per l’installazione delle colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici;
  • bonus barriere architettoniche

In pratica, questo significa che non è più possibile cedere il credito.

Nulla cambia invece per quanto riguarda bonus verde e bonus mobili per i quali non era cmq prevista la possibilità della cessione del credito.

Divieto di prima cessione di altri crediti fiscali: come funziona per le imprese?

Abbiamo visto come, sempre con decorrenza dalla data di entrata in vigore del decreto n. 11/2023, non è più consentita la prima cessione di tutta una serie di crediti d’imposta, istituiti negli ultimi due anni. Abbiamo precedentemente preso in esami i crediti fiscali derivanti dai bonus edilizi. Ma non sono solo questi quelli modificati dalle nuove sulla cessione del credito 2023.

Il Dl blocca cessioni interviene anche sulle prime cessioni dei:

  • bonus energia per le imprese energivore e non, 
  • crediti per il settore della ristorazione, 
  • crediti relativi alla cosiddetta super Ace,
  • bonus concessi a favore delle imprese turistiche e per le agenzie di viaggio.

Restano fuori dalla tagliola introdotta dal comma 4 dell’articolo 2 del dl n. 11/2023 i crediti per i quali, prima del 16 febbraio 2023, sia stato stipulato un contratto di cessione avente data certa.

Quando sarà ancora possibile cedere il credito d’imposta?

Le nuove regole per la cessione del credito 2023 prevedono cmq alcune casistiche per le quali resta comunque possibile optare per questa possibilità. Le elenchiamo qui di seguito:

  • interventi Superbonus diversi da quelli effettuati dai condomìni (in sostanza le unifamiliari) per i quali sia già stata presentata la CILA-S (CILA-S entro il 16 febbraio 2023);
  • interventi effettuati dai condomìni per i quali sia stata adottata la delibera assembleare e risulti presentata la CILA-S (entro il 16 febbraio 2023);
  • interventi di demolizione e ricostruzione per i quali sia stata presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo (entro il 16 febbraio 2023).

Per tutti gli altri bonus invece, vale sempre la regola generale che è possibile cedere il credito solo per le CILAS presentate entro il 16 febbraio.

Cessione del credito, anche le vecchie regole sono abrogate!

A questo punto è lecito chiedersi se sarà più possibile usufruire dello sconto in fattura o cessione del credito secondo le regole previgenti al dl 34/2020. Si perché in realtà, questo meccanismo è stato introdotto ben prima del Decreto Rilancio ma in una delle tante modifiche dal dl 63/2013.

Ad un’attenta analisi del dl 11/2023 si nota che l’art. 2 all’ultimo comma 4 prevede espressamente l’abrogazione anche del vecchio meccanismo di cessione del credito che prevedeva che:

Per le spese sostenute per interventi di riqualificazione energetica di cui al presente articolo, i soggetti che nell’anno precedente a quello di sostenimento delle spese si trovavano nelle condizioni di cui all’articolo 11, comma 2, e all’articolo 13, comma 1, lettera a), e comma 5, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (incapienti, ndr) in luogo della detrazione possono optare per la cessione del corrispondente credito ai fornitori che hanno effettuato gli interventi ovvero ad altri soggetti privati, con la facoltà di successiva cessione del credito. Le modalità di attuazione delle disposizioni del presente comma sono definite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

Viene abrogato anche il punto 3.1. che prevedeva, inoltre, che;

a partire dal 1° gennaio 2020, unicamente per gli interventi di ristrutturazione importante di primo livello di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 giugno 2015, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 15 luglio 2015, […], per le parti comuni degli edifici condominiali, con un importo dei lavori pari o superiore a 200.000 euro, il soggetto avente diritto alle detrazioni può optare, in luogo dell’utilizzo diretto delle stesse, per un contributo di pari ammontare, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, anticipato dal fornitore che ha effettuato gli interventi e a quest’ultimo rimborsato sotto forma di credito d’imposta da utilizzare esclusivamente in compensazione, in 5 quote annuali di pari importo, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, senza l’applicazione dei limiti di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Il fornitore che ha effettuato gli interventi ha a sua volta facoltà di cedere il credito d’imposta ai propri fornitori di beni e servizi, con esclusione della possibilità di ulteriori cessioni da parte di questi ultimi. Rimane in ogni caso esclusa la cessione ad istituti di credito e ad intermediari finanziari.

Anche il meccanismo di cessione del sismabonus è abrogato: l’art. 16 comma 1-quinquies. prevedeva che (interventi 75%/85%) che:

qualora gli interventi […] siano realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali, le detrazioni dall’imposta […] spettano, rispettivamente, nella misura del 75% (incremento di una classe di rischio sismico, ndr) e 85% (incremento di 2 o più classi di rischio sismico, ndr). Le predette detrazioni si applicano su un ammontare delle spese non superiore a euro 96.000 moltiplicato per il numero delle unità immobiliari di ciascun edificio. Per tali interventi, a decorrere dal 1º gennaio 2017, in luogo della detrazione i soggetti beneficiari possono optare per la cessione del corrispondente credito ai fornitori che hanno effettuato gli interventi ovvero ad altri soggetti privati, con la facoltà di successiva cessione del credito. Rimane esclusa la cessione ad istituti di credito e ad intermediari finanziari. Le modalità di attuazione del presente comma sono definite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

Conclusioni

Le nuove regole per la cessione del credito 2023 non fanno altro che complicare ulteriormente il quadro relativo ai bonus fiscali che già il Superbonus aveva complicato enormemente. Alla luce delle ultime novità introdotte orientarsi tra regole ed eccezioni per la cessione del credito e dello sconto in fattura è sempre più complicato. E il futuro del panorama normativo di riferimento, al centro di un forte dibattito, sembra essere destinato a complicarsi ancora di più.

Per il momento, in ogni caso, è sempre possibile usufruire dei bonus sopra elencati. Tuttavia si potrà beneficiarne solo in detrazione in dichiarazione dei redditi o in compensazione (leggi qui per approfondire) come avveniva fino a qualche anno fa.

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Superbonus 110 unifamiliari 2023: le scadenze pagamento e fine lavori

Superbonus 110 unifamiliari quali sono le scadenze 2023 per il pagamento degli interventi e per il fine lavori? Scoprilo qui!

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Il Decreto Aiuti Quater (di cui abbiamo parlato qui) dello scorso novembre, convertito con modificazioni dalla Legge 13 gennaio 2023, n. 6 (in G.U. 17/01/2023, n. 13), ha introdotto una serie di modifiche in materia di “Superbonus”. In questo articolo prenderemo in esame soprattutto la fruibilità dell’agevolazione nella misura del Superbonus 110% da parte dei proprietari di unità unifamiliari oppure di unità immobiliari “indipendenti e autonome” site in edifici plurifamiliari.

Approfondiremo particolarmente l’argomento della scadenza del pagamento delle fatture relative ai lavori e del fine lavori per le unità Unifamiliari che beneficiano del Superbonus 110. Inoltre, prenderemo in esame cosa accade nel caso in cui la detrazione sia fruita sotto forma di sconto in fattura.

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La scadenza del 31 marzo 2023 ed il decreto Aiuti Quater

La nuova formulazione del comma 8-bis dell’art. 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34,così come modificato dal comma 1 dell’art. 9 del decreto Aiuti-quater, dispone quanto segue:

“Per gli interventi effettuati su unità immobiliari dalle persone fisiche di cui al comma 9, lettera b), la detrazione del 110 per cento spetta anche per le spese sostenute entro il 31 marzo 2023, a condizione che alla data del 30 settembre 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 30 per cento dell’intervento complessivo, nel cui computo possono essere compresi anche i lavori non agevolati ai sensi del presente articolo…”

In altre parole, questo significa che le persone fisiche che effettuano interventi:

  • al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni su edifici unifamiliari,
  • su unità immobiliari “indipendenti e autonome” site in edifici plurifamiliari,

possono usufruire del Superbonus 110% unifamiliari per le spese per gli interventi sostenute entro il 31 marzo 2023. Non più, quindi, soltanto fino al 31 dicembre 2022, come previsto dalla previgente formulazione di tale disposizione. La condizione che si deve rispettare per beneficiare della detrazione è che alla data del 30 settembre 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 30% dell’intervento complessivo.

Ricordiamo a questo proposito che tale norma rappresenta l’ultima occasione per godere del 110%. Infatti, per i medesimi soggetti sovra richiamati, dopo le modifiche al apportate dal decreto Aiuti quater prima e dal decreto Blocca cessioni (di cui parliamo qui), il superbonus spetta nella misura del 90%. Tale detrazione ridotta spetta per le le spese sostenute dal 1° gennaio 2023 e fino al 31 dicembre del medesimo anno sugli interventi avviati a partire dal primo gennaio 2023. Ma non solo, sono infatti previste condizioni di accesso molto più stringenti che di fatto vanno a ridurre considerevolmente, la platea dei soggetti potenzialmente interessati.

Superbonus 110 unifamiliari: la differenza tra scadenza per il pagamento e per il fine lavori

Torniamo adesso alle condizioni di accesso alla detrazione superbonus 110% unifamiliari di cui abbiamo parlato poco fa. Il punto, come abbiamo avuto modo di evidenziare numerose volte, è la sostanziale differenza che intercorre tra pagamento dei lavori e fine lavori.

Per quanto riguarda il pagamento dei lavori, ai fini della detrazione a rilevare non è la chiusura degli interventi entro il 31 marzo 2023, bensì il sostenimento delle spese relative ai lavori stessi entro tale data. Precisiamo che tali spese possono essere sostenute anche in via anticipata rispetto alla materiale esecuzione dei lavori. Oggi ad esempio possiamo pagare il materiale che utilizzeremo per realizzare i lavori fra qualche mese. Le relative fatture, emesse quindi entro il 31 marzo 2023, potranno godere della detrazione del 110%.

In altre parole, quello che stiamo cercando di dire è che i lavori non devono terminare entro il 31 marzo 2023, ma possono protrarsi anche più avanti. L’importante è che, entro questa data, siano state saldate le relative fatture ai fini dell’ottenimento della detrazione.

La scadenza vale anche per la detrazione fruita tramite lo sconto in fattura?

La domanda da porsi a questo punto è: Quanto sopra vale anche in caso di detrazione fruita sotto forma di sconto in fattura? Ovvero, laddove l’impresa o il professionista emetta fattura con esposizione dello sconto entro il 31 marzo 2023, tale sconto può essere rapportato alla detrazione del 110%, anche laddove i lavori non si siano conclusi entro tale data e, per esempio, non sia ancora presente l’asseverazione Enea perché nel frattempo si è in attesa del contratto GSE per il fotovoltaico?

La risposta è senza dubbio affermativa, alla luce del fatto la detrazione è correlata al pagamento dei lavori e lo sconto in fattura rappresenta una “modalità” di pagamento.

Quanto sopra trova conferma, da ultimo, nella Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 23/E del 23 giugno 2022. In particolare, al punto 6.2.1. di questa circolare, con riferimento allo sconto in fattura applicato dai professionisti, si legge:

“Si precisa che nella citata circolare n. 30/E del 2020 (risposta 5.1.1), sia pure con riferimento all’applicazione dei criteri di imputazione delle spese, è stato chiarito che in caso di sconto in fattura, si può fare riferimento – in luogo della data dell’effettivo pagamento – alla data di emissione della fattura da parte del fornitore. Ciò comporta, pertanto, che alla data di emissione della fattura (che implica l’esercizio dell’opzione) deve ritenersi incassato il provento”.

Ovvero, per il professionista l’emissione di parcella con sconto rappresenta il momento dell’incasso. Pertanto, allo stesso modo, la ricezione di fattura da parte del contribuente (emessa da impresa o professionista) con esposizione di sconto rappresenta il momento in cui si considera effettuato il pagamento.

Superbonus 110 unifamiliari: il quadro completo sulle scadenze per la maxi-detrazione

Cerchiamo adesso di riassumere in maniera chiara e concisa quanto abbiamo spiegato all’interno di questo approfondimento. Ai fini di godere del superbonus 110 unifamiliari, ecco il quadro completo delle casistiche possibili.

Per godere della detrazione, entro il 31 marzo 2023 deve essere:

  • versato integralmente il corrispettivo;
  • ricevuta fattura con esposizione dello sconto (integrale);
  • ricevuta la fattura con esposizione dello sconto e procedere altresì al pagamento della differenza dovuta a saldo.

In tutti e tre i casi sovra esposti, a nulla rileva la data di effettivo fine lavori. Questo significa quindi che gli interventi possono essere anche completati e portati a chiusura in data successiva al 31 marzo 2023.

Il fine lavori post 31 marzo 2023 non rischia quindi di far  venire meno il diritto alla detrazione al 110%, a differenza di quanto sostenuto da alcuni quotidiani specializzati. La scadenza  qui sopra vale per il sostenimento della spesa che da diritto all’agevolazione, come peraltro chiaramente indicato dalla norma.

Scopri le ultime novità sulla proroga alla scadenza unifamiliari al 30 settembre 2023 cliccando qui!

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Blocco cessione del credito: chi sono i responsabili e perché lo hanno fatto?

Cosa c’è dietro al blocco della cessione del credito d’imposta del Superbonus? Chi è il responsabile di tutto ciò?

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Il tanto temuto stop alla cessione del credito d’imposta relativo ai bonus edilizi è alla fine arrivato tramite il Decreto Legge n. 11 del 16 febbraio 2023. Assieme al blocco della cessione del credito, si fermano anche definitivamente le altre modalità alternative di fruizione dei crediti fiscali, In particolare si fermano anche:

  • lo sconto in fattura, 
  • la possibilità, per le imprese, di fruire del credito d’imposta per il caro bollette.

Saranno salvi in ambito di Super bonus le abitazioni unifamiliari per le quali sia stata presentata la Cilas prima dell’entrata in vigore del provvedimento. Mentre per i condomini si guarderà la data della delibera. Per i lavori diversi dal 110% sarà essenziale avere richiesto il titolo abilitativo o iniziato i lavori prima dell’entrata in vigore del decreto.

Si introduce inoltre il divieto per le pubbliche amministrazioni di essere cessionaria di crediti d’imposta relativi agli incentivi fiscali maturati con tali tipologie di intervento.

Se questi sono in poche parole i punti principali attorno a cui si sviluppa il nuovo Decreto Legge, è altrettanto vero che le conseguenze di tutto ciò non possono archiviarsi in poche parole. Abbiamo quindi cercato di riassumere il più chiaramente possibile le motivazioni che hanno portato il legislatore ad approvare tali misure e le conseguenze che esse potrebbero portare.

E’ vero che il Superbonus costa 2.000 euro per ogni italiano?

Per motivare la scelta di bloccare il meccanismo di cessione dei crediti d’imposta il Ministro Giancarlo Giorgetti ha affermato che il superbonus è costato 2.000 euro per ogni italiano.

Un’affermazione del genere non può non avere delle conseguenze pesanti sull’opinione pubblica. Facendo un rapido calcolo, dal momento che in Italia ci sono 60 milioni di persone, il Superbonus sarebbe costato circa 120 miliardi di euro. In realtà, questa cifra non riguarda solo il Superbonus ma anche e soprattutto tutti gli altri bonus edilizi messi insieme.

Tuttavia, se volessimo comunque considerarla come un’affermazione corretta, sarebbe opportuno considerare tutti gli effetti positivi generati dal Superbonus. Effetti positivi analizzati nelle analisi di Nomisma, Censis, Ance, Centro Studi CNI, Federcepicostruzioni, Cresme e della Fondazione Nazionale dei Commercialisti.

Soprattutto dall’ultimo report di Nomisma sarebbe emerso che i 71,8 miliardi euro investiti dallo Stato hanno generato:

  • un impatto economico complessivo sull’economia nazionale pari a 195,2 miliardi di euro di cui:
  • 87,7 miliardi di effetto diretto;
  • 39,6 miliardi di effetti indiretti;
  • 67,8 miliardi di indotto.
  • un risparmio medio in bolletta pari a 964 euro all’anno;
  • un incremento di 641.000 occupati nel settore delle costruzioni e di 351.000 occupati nei settori collegati.

Già nel 2022, l’Associazione Nazionale dei Commercialisti, aveva evidenziato come tramite il Superbonus l’effetto fiscale indotto dagli investimenti correlati al superbonus 110% è pari al 43,3% del costo lordo per lo Stato. In pratica, per ogni euro speso dallo Stato in bonus edilizi, ne ritornano sotto forma di maggiori imposte 43,3 centesimi, così che il costo netto per lo Stato è pari a 56,7 centesimi.

Le stime del Censis invece evidenziano come il gettito fiscale derivante dal Superbonus sia addirittura maggiore. Si stima infatti che possa ripagare circa il 70% della spesa a carico dello Stato per le opere di efficientamento sugli edifici. Ciò significa che 100 euro di spesa per Super ecobonus costerebbero effettivamente allo Stato 30 euro, ridimensionando in questo modo il valore reale del disavanzo generato dall’incentivo.

Dal credito d’imposta alla nascita di una nuova moneta fiscale

Dopo aver analizzato brevemente gli effetti positivi del Superbonus sull’economia, adesso proviamo a capire come mai il legislatore ha deciso per il blocco della cessione del credito d’imposta. Per farlo ricapitoliamo quali sono stati i principali cambiamenti apportati dal Decreto Rilancio.

Dopo l’approvazione di tale normativa in fatti i crediti fiscali hanno letteralmente cambiato funzione. Da una semplice detrazione fiscale (utilizzo in compensazione) sono diventati una vera e propria moneta fiscale. Il credito d’imposta generato dalla fruizione dei bonus edilizi infatti può essere ceduto diverse volte, a valori diversi rispetto al suo reale ammontare, diventando a tutti gli effetti il mezzo di pagamento delle stesse opere che andranno ad accrescere il valore del patrimonio del beneficiario.

Tale Decreto quindi ha avuto il vantaggio di sostenere l’economia e la ripresa su più fronti:

  • ampliamento della platea degli aventi diritto (superbonus anche per coloro che non hanno nel breve periodo imposte o contributi da compensare o si trovano nella cc. dd. “no tax area).
  • beneficiari della detrazione che possono effettuare uno o più interventi edilizi (accrescendo il valore del proprio fabbricato) senza pagare in denaro, o pagare solo in parte, il corrispettivo altrimenti dovuto.
  • sostegno alla domanda di imprese, fornitori e professionisti appartenenti al mondo dell’edilizia e dello sviluppo immobiliare;
  • nascita di un vero e proprio mercato della cessione del credito d’imposta dove si palesano ricavi per gli stessi cessionari che, pronti a liquidare il cedente, offrono prezzi di cessione sempre più accattivanti.

Il blocco della cessione del credito d’imposta è quindi da intendersi come un vero e proprio tentativo del blocco di questo mercato che si è venuto a creare attorno ai crediti fiscali. Ma come mai si è arrivati a tanto?

Blocco dei crediti d’imposta: la fondamentale Differenza tra deficit  e debito pubblico

Prima di proseguire oltre nella nostra analisi delle motivazioni che hanno portato al blocco del mercato dei crediti d’imposta è opportuno chiarire i concetti di deficit e debito pubblico. E’ necessario chiarire questo concetto per un semplice motivo: il credito d’imposta può essere infatti utilizzato in compensazione fiscale. Questo significa sostanzialmente che può essere utilizzato al posto di pagare l’ammontare dovuto di tasse all’Agenzia dell’Entrate. Ciò, genera quindi dei disallineamenti rispetto alle previsioni di incasso dell’erario. Da questo punto, facciamo un passo indietro e spieghiamo brevemente la differenza tra deficit e debito pubblico.

  • Il deficit o disavanzo pubblico è una voce che misura la situazione economica dello Stato di un Paese, per mezzo della differenza tra entrate e uscite in un determinato anno. Per questo è normalmente espresso in termini di percentuale del prodotto interno lordo (PIL) di quello stesso anno. Il deficit pubblico, essendo una differenza, può essere positivo o negativo. Se le spese sono maggiori delle entrate, la differenza (entrate – spese) sarà negativa. Viceversa, se il reddito è maggiore delle spese, la differenza (entrate – spese) sarà positiva. Quando la differenza è negativa si parla di deficit pubblico. Al contrario, quando la differenza è positiva si parla di avanzo pubblico.
  • Il debito pubblico invece è la variabile a cui viene aggiunto o sottratto il deficit o avanzo pubblico anno per anno. Il risultato è il debito pubblico totale.

Alcune considerazioni sulla compensazione dei crediti d’imposta

A questo punto è chiaro come il concetto di debito pubblico sia molto diverso da quello di credito d’imposta. Il debito pubblico infatti non è legato direttamente ai crediti fiscali, motivo per cui il blocco del credito d’imposta non è efficace nel contenimento del debito.

Tuttavia resta pur sempre vero che i crediti d’imposta usati in compensazione possono diminuire le entrate dello stato derivanti dalla riscossione delle tasse. Se diminuiscono le entrate dello stato, il deficit ne risentirà negativamente. Per far luce sulla questione è necessario però ribadire quanto affermato dai chiarimenti di Eurostat che di fatto affermano quanto abbiamo appena espresso.

Chiarimenti di eurostat sulla cessione del credito e debito pubblico: crediti pagabili e non pagabili

Sono arrivati oramai da qualche giorno i primi chiarimenti di Eurostat sui crediti d’imposta del superbonus 110% ovvero subito dopo l’aggiornamento del “Manuale sul disavanzo e sul debito pubblico” redatto proprio dallo stesso ente.

In particolare, il credito d’imposta generato dal Superbonus non deve essere considerato come debito pubblico. L’impatto della misura ricade invece sul deficit a prescindere che la cessione dei crediti d’imposta possa classificarsi come “pagabile” o “non pagabile”. Si tratta, in altri termini, solo di collocamento temporale della spesa.

Luca Ascoli, direttore statistiche finanza pubblica di Eurostat, in audizione il 14 febbraio in Commissione Finanze e Tesoro del Senato, ha sottolineato che:

“La ‘pagabilita” o la ‘non pagabilita” di un credito non ha alcuna influenza né sul debito dello Stato, né sulla cifra finale totale da imputare come effetto sul deficit negli anni impattati da tale misura, ma solo sul profilo temporale dell’impatto sul deficit nel corso degli anni.

Per quanto riguarda il deficit vorrei sottolineare che l’impatto sul deficit dello Stato a lungo termine è esattamente lo stesso, identico, sia per il credito fiscale ‘pagabile’ che per quello ‘non pagabile’. Ciò che cambia è semplicemente il momento in cui ci sarà un impatto e non l’ammontare totale del costo della misura”.

Sempre secondo il direttore statistiche finanza pubblica di Eurostat, si è parlato di effetto enorme sul debito pubblico, stimato in 110/120 miliardi di euro in maniera impropria. Ciò si è verificato sostanzialmente perché è stato in primis il Direttore Generale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Spalletta, a parlarne in maniera impropria. Ovviamente, tale narrazione sensazionalistica, è stata poi ripresa a piene mani dai giornali che hanno contribuito ad alimentare la narrazione del “Superbonus che costa 2000 euro ad ogni italiano” oppure quella del “Superbonus che fa lievitare il debito pubblico”. Ed è anche su questa spinta riportata dai giornali che si è arrivati al blocco della cessione del credito.

Credito fiscale pagabile e non pagabile

Il Manuale spiega anche cosa significa ‘credito fiscale pagabile’ e ‘credito fiscale non pagabile’:

  • il credito di imposta pagabile è quello per cui la spesa da parte dello Stato deve essere riconosciuta all’inizio. In altre parole è quello che nasce al momento dell’attività (avvio lavori edili);
  • il credito di imposta non pagabile è quello che non comporta una spesa immediata da parte dello Stato ma riduce le entrate fiscali dello Stato in futuro.

In Italia sarà l’Istat, entro il 1° marzo prossimo, a mettere nero su bianco le valutazioni del Governo e a quantificare il peso di tali somme per le casse pubbliche.

Stando alle attuali regole contabili quindi gli effetti del Superbonus sull’indebitamento netto si manifestano gradualmente, secondo la tempistica di fruizione dell’agevolazione. Nel biennio 2021-22 il disavanzo ha beneficiato in misura sostanziale delle maggiori entrate connesse con la crescita dell’attività economica nel comparto edilizio. Invece, i costi legati all’utilizzo dei crediti d’imposta maturati si registreranno invece in larga misura negli anni successivi ed è proprio per paura di questi costi che si è arrivati al blocco della cessione del credito.

Perché si è arrivati al blocco della cessione del credito?

Abbiamo quindi scoperto come un credito fiscale non incide mai sul debito pubblico ma solo sul deficit (la cui differenza è enorme). Cerchiamo di chiarire questo concetto con un esempio.

Immaginiamo che lo Stato decida di finanziare il superbonus pagando direttamente gli interventi. Considerato che non ha i soldi per finanziare i 65 miliardi di euro relativi agli investimenti finora ammessi a detrazione, dovrà farseli prestare da qualcuno. In questo caso contrae un prestito che si aggiunge al debito pubblico e sul quale deve pagare anche gli interessi.

Nel caso del Superbonus, però, la situazione è differente perché lo Stato non finanzia direttamente gli interventi ma chiede ai contribuenti di pagarseli per poi detrarli dalle tasse. La quota di superbonus annuale servirà a ridurre le tasse del contribuente in uno specifico anno e, quindi, anche le entrate annuali dello Stato. La possibilità di detrarre il costo dipende, però, dalla capienza fiscale del contribuente. Con la conseguenza che a bilancio la quota utilizzata si potrà conoscere solo dopo che il contribuente stesso l’avrà utilizzata.

Questo significa che cedendo il credito alle banche, saranno le banche ad utilizzarlo in compensazione e quindi per pagare meno tasse. Ma lo stato non potrà conoscere l’ammontare delle entrate a cui dovrebbe rinunciare prima che le banche la utilizzino. Quindi lo stato si troverebbe con disponibilità inferiori di quelle attese e potrebbe non riuscire a far fronte ai debiti contratti.

Ecco il vero motivo del blocco della cessione del credito che a tutti gli effetti assume i connotati di un regolamento di conti fra stato e banche. A farne le spese, come sempre, sono i privati cittadini beneficiari della detrazione e le imprese edili.

Le conseguenze del blocco della cessione del credito

Bloccare la cessione del credito significa innanzitutto consentire l’utilizzo del superbonus solo a chi possiede capacità economica e capienza fiscale, ovvero coloro che economicamente ne hanno meno bisogno.

Ma le conseguenze del blocco della cessione del credito sono devastanti per tutto il comparto edilizio. Come faranno le imprese ad ottenere la liquidità necessaria ad acquistare il materiale per proseguire i cantieri che hanno iniziato o pagare i propri dipendenti? 

Capiamo ovviamente l’esigenza di regolamentare e prevedere la quantità di entrate fiscali a cui lo stato dovrebbe. Ma nel frattempo questi soggetti appena elencati come dovrebbero comportarsi? O meglio, ce la faranno a resistere ancora di più alle pressioni economiche a cui sono sottoposti?

Quello che è certo al momento è solo una cosa. Ogni volta che viene toccato il Superbonus viene sconvolta tutto il comparto economico italiano e tutti cadono nel caos più totale. I nostri politici riusciranno mai a normalizzare questa situazione tanto travagliata? Probabilmente no. Quello che possiamo fare è solo aspettare e far sentire la nostra voce.

 

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6 idee per risparmiare energia in azienda

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In un’ottica di riduzione dei consumi energetici e di tutela dell’ambiente, molte aziende stanno cercando soluzioni innovative per limitare l’uso di energia elettrica. Esistono numerose idee che possono contribuire a questo obiettivo e abbiamo riassunto le più efficaci in questo articolo.

Ecco qualche idea per risparmiare energia in azienda

1 Risparmiare energia in azienda: Uso di lampadine a basso consumo

È importante tenere a mente che l’illuminazione rappresenta una fonte significativa di consumo energetico per molte aziende. L’energia elettrica non è utilizzata solo per far funzionare le attrezzature e i macchinari, ma anche per illuminare gli spazi aziendali. Per ridurre il consumo di energia elettrica, un’opzione efficace è l’utilizzo di lampadine a basso consumo come le lampade a LED. Questa scelta può portare a un notevole risparmio economico, con un periodo di recupero dell’investimento che generalmente dura meno di due anni, e può ridurre il consumo energetico dell’azienda fino all’80% rispetto ai sistemi a incandescenza e al 70% rispetto ai sistemi alogeni. Inoltre, le lampade a LED sono altamente sostenibili e possono essere utilizzate sia all’interno che all’esterno dell’azienda grazie alla loro elevata efficienza energetica. Infine, l’implementazione di sistemi di accensione automatizzata può ulteriormente ridurre il consumo di energia elettrica in azienda, offrendo maggiori benefici ambientali e di risparmio economico.

2 Installazione di un sistema domotico

Per risparmiare energia elettrica in azienda, soprattutto per quanto riguarda l’illuminazione, è possibile utilizzare impianti di domotica. Questi sistemi impiegano software avanzati per la gestione efficiente degli elettrodomestici e del consumo energetico dell’azienda. L’installazione di un sistema di domotica significa poter monitorare e controllare, anche a distanza, che non ci siano dispositivi o lampade lasciati accesi per errore, evitando in tal modo gli sprechi di energia elettrica e garantendo considerevoli risparmi derivanti da dimenticanze di spegnimento delle luci. La domotica può essere applicata anche ad altri sistemi, come il riscaldamento, che può essere costantemente monitorato per regolare la temperatura o impostare una soglia massima. In questo modo, si assicura un risparmio energetico notevole. Inoltre, l’installazione di fotosensori consente di ottimizzare ulteriormente il controllo delle luci e del riscaldamento attraverso l’attivazione della domotica. I fotosensori possono anche rilevare la presenza di luce naturale, evitando così l’accensione inutile delle luci e contribuendo a un risparmio energetico in azienda fino al 70%. Pur essendo un investimento rilevante, l’adozione di un impianto di domotica può essere rapidamente ripagata grazie ai suoi molteplici benefici, oltre a semplificare notevolmente la gestione delle attività aziendali.

3 Risparmiare energia in azienda: la Scelta di condizionatori ed elettrodomestici di classe energetica alta

La maggior parte degli elettrodomestici e degli impianti presenti in un’azienda rappresenta una fonte di consumo energetico significativa, soprattutto se questi sistemi sono datati e poco efficienti. Una soluzione per ridurre i costi di gestione dell’energia consiste nella sostituzione di questi dispositivi con prodotti più moderni e avanzati. In particolare, è possibile optare per elettrodomestici e climatizzatori con etichetta A+, A++ e A+++, che garantiscono un consumo energetico ottimizzato e un risparmio fino al 30%. Grazie a tecnologie avanzate e a un’efficienza energetica elevata, questi prodotti rappresentano un’ottima scelta per migliorare l’efficienza energetica e ridurre i costi di gestione dell’azienda. In questo modo, è possibile ottenere notevoli vantaggi economici e contribuire alla riduzione delle emissioni di CO2 nell’ambiente.

4 Installazione del riscaldamento a pavimento o a parete

Per le attività aziendali, il riscaldamento e il raffreddamento degli ambienti rappresentano un’importante spesa energetica, ma esiste una soluzione innovativa e sostenibile: il riscaldamento e il raffrescamento a pavimento e parete. Questi sistemi innovativi utilizzano tubi d’acqua per distribuire il calore in modo uniforme, senza l’utilizzo di tradizionali riscaldamenti a gas o elettrici, che sono notoriamente costosi in termini di energia. Grazie alla possibilità di far circolare acqua fresca nelle tubazioni, il sistema può anche fornire un’efficace soluzione di raffreddamento degli ambienti, senza bisogno di ricorrere all’aria condizionata. Inoltre, questi impianti offrono notevoli vantaggi in termini di risparmio energetico, fino al 25-35% all’anno, e possono essere alimentati anche da fonti di energia rinnovabile. L’utilizzo del riscaldamento e raffrescamento a pavimento e parete rappresenta quindi una scelta sostenibile per le aziende che desiderano ridurre i costi energetici e investire in tecnologie all’avanguardia.

5  Effettuare regolarmente la manutenzione degli impianti

Le aziende spesso si affidano a impianti elettronici datati, che pur essendo ancora in funzione, non sono più efficienti dal punto di vista energetico. Per questo motivo, è necessario effettuare controlli periodici sulle prestazioni e sui consumi energetici di tutti gli impianti in uso. Grazie alla manutenzione regolare, è possibile ottenere un considerevole risparmio energetico in azienda. Non è sempre indispensabile sostituire i vecchi dispositivi con apparecchiature più moderne, ma è possibile intervenire con interventi di pulizia, ristrutturazione e miglioramento degli impianti di riscaldamento, illuminazione e ventilazione al fine di ridurre il consumo di energia e di conseguenza, abbattere i costi di gestione.

6 Risparmiare energia in azienda con l’Installazione di un impianto fotovoltaico

L’utilizzo del fotovoltaico può rappresentare un’ottima soluzione per le aziende che desiderano risparmiare energia elettrica, sostenere l’ambiente e aumentare la propria autonomia energetica. L’installazione dei pannelli solari permette di generare energia elettrica in modo pulito e sostenibile, partendo da fonti rinnovabili, senza dipendere dalle forniture energetiche esterne e dai relativi costi. Anche se il costo iniziale per l’installazione dei pannelli fotovoltaici può sembrare elevato, i vantaggi economici e ambientali a lungo termine superano di gran lunga la spesa sostenuta. Infatti, l’investimento si ripaga in meno di dieci anni e garantisce un notevole risparmio sulla bolletta energetica aziendale, oltre a contribuire alla riduzione delle emissioni di CO2.

L’efficacia dell’impianto fotovoltaico può essere ulteriormente migliorata dall’installazione di batterie per l’accumulo dell’energia prodotta. Ciò consente di immagazzinare l’energia in eccesso prodotta dai pannelli fotovoltaici, che può essere utilizzata in momenti di picco di consumo, quando il sole non è sufficiente a garantire una quantità di energia adeguata. Inoltre, se l’energia accumulata supera il fabbisogno aziendale, può essere rivenduta al GSE attraverso il meccanismo dello Scambio sul Posto (di cui parliamo qui), generando ulteriori guadagni per l’azienda.

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Alimentare la pompa di calore con il fotovoltaico: conviene o no?

Alimentare la pompa di calore con il fotovoltaico: conviene o no? Tutti i pro ed i contro sia d’estate che d’inverno

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La soluzione di alimentare la pompa di calore con il fotovoltaico sta diventando sempre più popolare dal momento che è in grado di offrire una maggiore sostenibilità ed efficienza energetica.

Ma conviene davvero alimentare la pompa di calore con il fotovoltaico?

In questo articolo esploreremo tutti i pro ed i contro di questa soluzione, fornendo informazioni dettagliate sul funzionamento della pompa di calore e sul fotovoltaico (ne parliamo anche qui). In particolare, analizzeremo come l’utilizzo combinato di queste tecnologie possa influire sulla produzione di energia pulita e sulle bollette energetiche.

Inoltre, considereremo i vantaggi e gli svantaggi di alimentare la pompa di calore con il fotovoltaico sia durante la stagione calda che durante quella fredda, per aiutarti a decidere se questa soluzione sia adatta alle tue esigenze.

Pronto a scoprire tutto sulla convenienza di alimentare la pompa di calore con il fotovoltaico? Allora continua a leggere!

Cosa è e come funziona una pompa di calore

La pompa di calore è un dispositivo che sfrutta l’energia termica presente nell’aria, nel terreno o nell’acqua per riscaldare o raffrescare un edificio. Questo rende possibile utilizzare l’elettricità in modo efficiente e sostenibile, riducendo notevolmente i costi energetici e migliorando l’impatto ambientale.

La pompa di calore è composta da un compressore, un evaporatore e un condensatore. Durante il periodo invernale, il compressore preleva l’energia termica dall’ambiente esterno e la trasferisce all’interno dell’edificio, riscaldandolo. D’estate, invece, il processo viene invertito, permettendo di raffrescare l’edificio.

Ovviamente questi tre elementi assorbono energia elettrica quando funzionano. A questo assorbimento deve poi essere sommato quello dei vari split presenti all’interno dell’edificio che servono a diffondere l’aria calda o raffreddata fornita dalla pompa di calore. Per questo motivo la pompa di calore diventa ancora più efficiente se alimentata con l’energia prodotta da un sistema fotovoltaico. In questo modo, non solo si ottiene un risparmio sui costi energetici, ma si contribuisce anche alla riduzione delle emissioni di CO2.

In sintesi, la pompa di calore è una soluzione ideale per soddisfare le esigenze di riscaldamento e raffrescamento degli edifici sia d’estate che d’inverno, offrendo importanti vantaggi sia dal punto di vista economico che ambientale. Alimentare la pompa di calore con il fotovoltaico rappresenta un’opportunità per fare un ulteriore passo verso un futuro più sostenibile.

I vantaggi economici di alimentare la pompa di calore con il fotovoltaico

La combinazione di una pompa di calore con un impianto fotovoltaico presenta numerosi vantaggi economici.

Innanzitutto, l’impianto fotovoltaico produce energia elettrica pulita ed ecologica, che può essere utilizzata per alimentare la pompa di calore. Questo significa che tu puoi ridurre i tuoi costi energetici e la tua dipendenza dalle fonti energetiche tradizionali.

La pompa di calore è un sistema di riscaldamento altamente efficiente, che utilizza l’energia termica presente nell’aria o nel terreno per produrre calore. Questo significa che la pompa di calore ha bisogno di meno energia rispetto ad altri sistemi di riscaldamento tradizionali, il che comporta un ulteriore risparmio economico.

Infine, alimentare la pompa di calore con il fotovoltaico ti permette di aumentare la tua autonomia energetica, rendendoti meno dipendente dalle fonti energetiche tradizionali e dalle loro variazioni di prezzo. Utilizzando l’energia elettrica prodotta dall’impianto fotovoltaico infatti, non dovrei prelevare quella a pagamento. Di conseguenza, se il costo di quest’ultima aumenta, tu non sarai interessato da questi rincari.

Il contributo alla sostenibilità ambientale della combinazione pompa di calore e fotovoltaico

La combinazione di pompa di calore e fotovoltaico rappresenta un’opportunità unica per contribuire alla sostenibilità ambientale e al contempo risparmiare sui costi energetici.

La pompa di calore sfrutta l’energia termica presente nell’aria, nell’acqua o nel terreno per riscaldare gli ambienti, riducendo così il consumo di fonti energetiche tradizionali come il gas o il petrolio.

Il fotovoltaico, d’altro canto, permette di produrre energia elettrica pulita a partire dall’energia solare, riducendo così la dipendenza dalle fonti energetiche inquinanti e finite.

La combinazione di questi due sistemi ti permetterà di ridurre i tuoi consumi sia di elettricità che di combustibili come il metano o il petrolio. Precisiamo inoltre che molta dell’energia prelevata dalla rete elettrica nazionale è ottenuta proprio dalla combustione di combustibili fossili. In sostanza quindi, alimentare una pompa di calore con un fotovoltaico ti permetterà di essere doppiamente green e di abbattere ancora di più le emissioni di CO2 e degli altri gas serra responsabili dei cambiamenti climatici.

Pro e contro dell’alimentare la pompa di calore con il fotovoltaico

L’alimentazione della pompa di calore con il fotovoltaico presenta sia dei vantaggi che degli svantaggi. Ecco un elenco dei principali:

Contro

  1. Costo elevato: installare un impianto fotovoltaico per alimentare la pompa di calore richiede un investimento iniziale significativo.
  2. Determinati fattori meteorologici possono influire negativamente sulla produzione di energia solare, o sull’efficienza della pompa di calore.
  3. La manutenzione può essere complessa e costosa.
  4. È necessario controllare che l’impianto fotovoltaico sia dimensionato correttamente rispetto alle esigenze energetiche della pompa di calore.

Vantaggi

  1. Risparmio sulla bolletta elettrica. Alimentare la pompa di calore con energia solare, anziché acquistarla dalla rete elettrica, può comportare un notevole risparmio sulla bolletta elettrica.
  2. Risparmio sulla bolletta del gas. La pompa di calore non utilizza combustibili fossili per il suo funzionamento. Pertanto puoi riscaldarti senza bruciare metano o gpl o altri combustibili fossili.
  3. Contribuzione al risparmio energetico. Utilizzare l’energia solare per alimentare la pompa di calore contribuisce a ridurre la domanda di energia prodotta da fonti non rinnovabili oltre che ad ottimizzare i consumi di questa energia. Se la domanda di energia cala, calerà anche il prezzo, innescando un circolo virtuoso da cui tutti possono guadagnarci.
  4. Riduzione delle emissioni di gas serra. Utilizzando energie rinnovabili per produrre elettricità, calore o raffrescamento degli edifici, si riducono le emissioni di CO2 in atmosfera.
  5. Immagine aziendale migliore. Utilizzare fonti rinnovabili di energia, come il fotovoltaico, può migliorare l’immagine dell’azienda agli occhi dei clienti e della comunità.
  6. Incremento del valore dell’immobile. Dotare un edificio di un impianto combinato con fotovoltaico e pompa di calore non può far altro che far lievitare il valore dell’immobile.
  7. Accedere agli incentivi fiscali per l’installazione di un impianto fotovoltaico, fino al 50% della spesa, ed al bonus pompa di calore, fino al 65% della spesa sostenuta.

Conclusioni

In conclusione, alimentare la pompa di calore con il fotovoltaico presenta sia vantaggi che svantaggi. Da una parte, è possibile ottenere un risparmio sulla bolletta energetica e contribuire alla tutela dell’ambiente, ma dall’altra è necessario valutare attentamente i costi e la fattibilità tecnica. È importante fare una scelta informata, tenendo conto delle proprie esigenze e del proprio contesto abitativo.

Per avere maggiori informazioni sul tema “Alimentare la pompa di calore con il fotovoltaico” e capire se questa soluzione possa essere adatta a te, compila il modulo contatti con i tuoi dati e sarai ricontattato dagli esperti di Valore Energia. Grazie a questo servizio, potrai avere tutte le informazioni che cerchi e fare una scelta consapevole. Affidati all’esperienza e alla professionalità di Valore Energia per la tua efficienza energetica.

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Pompa di calore e al fotovoltaico: tutto quello che devi sapere

Pompa di calore e fotovoltaico, due soluzioni innovative e all’avanguardia per la produzione di energia pulita e sostenibile.

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La pompa di calore è un sistema che utilizza l’energia presente nell’aria, nel terreno o nell’acqua per riscaldare o raffrescare gli ambienti. Questa soluzione è molto efficiente e offre numerosi vantaggi rispetto ai tradizionali sistemi di climatizzazione, come ad esempio un notevole risparmio energetico e una minore emissione di CO2.

Il fotovoltaico, d’altra parte, è un sistema che trasforma l’energia solare in elettricità. Questa soluzione è estremamente sostenibile e permette di produrre energia pulita senza emettere gas serra o altri inquinanti. Per scegliere la soluzione più adatta alle tue esigenze, è importante valutare alcuni fattori. Ad esempio la dimensione del tetto sul quale installare l’impianto, la tipologia di edificio e la disponibilità di energia solare.

Quello che è certo è che un impianto fotovoltaico è molto semplice da installare e da gestire e può essere integrato con altri sistemi come la pompa di calore, aumentandone così l’efficienza. Con la loro combinazione, è possibile ottenere una soluzione efficiente e sostenibile per la climatizzazione degli ambienti e la produzione di elettricità pulita. Ma non solo. Questa soluzione è anche in grado di abbattere i costi delle tue bollette ed ottenere nello stesso momento un’efficienza maggiore.

Continua a leggere per scoprire tutti i vantaggi che solo una combinazione pompa di calore e fotovoltaico può offrirti!

Cos’è la pompa di calore: funzionamento e vantaggi

La pompa di calore è un sistema che consente di trasferire calore da una fonte ad alta temperatura ad una a temperatura più bassa o viceversa. Questo avviene grazie all’utilizzo di un fluido refrigerante che, grazie ad un sistema di compressione e decompressione, riesce a trasferire il calore da un ambiente ad un altro. Come puoi facilmente intuire quindi è un dispositivo che si presta bene a trasferire il calore presente all’esterno di un edificio al suo interno ma anche viceversa, a seconda del periodo dell’anno.

Uno dei maggiori vantaggi della pompa di calore è la sua capacità di ridurre i consumi energetici e, di conseguenza, i costi per il riscaldamento o per il raffreddamento. Questo sistema, infatti, sfrutta l’energia presente nell’ambiente (esterno o interno), che è gratuita. In questo modo riduce la quantità di energia che deve essere prodotta da fonti tradizionali come il gas o il petrolio.

Inoltre, la pompa di calore è anche una soluzione molto versatile. Infatti, oltre a poter essere utilizzata per il riscaldamento, può essere utilizzata anche per il raffrescamento dell’aria in estate. Questo la rende una soluzione ideale per coloro che cercano una soluzione a tutto tondo per il comfort termico della propria abitazione.

Cos’è il fotovoltaico: funzionamento e vantaggi di una soluzione per la produzione di energia pulita e sostenibile

Il fotovoltaico è una soluzione per la produzione di energia pulita e sostenibile che sfrutta la luce solare per generare energia elettrica. Questa tecnologia si basa sull’utilizzo di pannelli fotovoltaici composti da celle solari che, grazie all’effetto fotovoltaico, convertono la luce solare in energia elettrica.

Il funzionamento del fotovoltaico è molto semplice ed efficace. La luce solare che colpisce i pannelli fotovoltaici viene assorbita dalle celle solari che, grazie all’effetto fotovoltaico, generano un flusso di corrente elettrica. Ed è proprio questo flusso di corrente ad essere utilizzato per alimentare le apparecchiature elettriche della propria abitazione o azienda.

Uno dei maggiori vantaggi del fotovoltaico è la sua capacità di produrre energia pulita e sostenibile, senza l’utilizzo di fonti di energia inquinanti come il petrolio o il gas. In questo modo, è possibile contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra e alla tutela dell’ambiente.

Inoltre, il fotovoltaico rappresenta anche una soluzione molto conveniente dal punto di vista economico. Infatti, una volta installati i pannelli fotovoltaici, la produzione di energia elettrica avviene in modo completamente autonomo e gratuito, senza la necessità di dover acquistare energia da fonti esterne.

La combinazione di pompa di calore e fotovoltaico: una soluzione efficiente e sostenibile

La combinazione di pompa di calore e fotovoltaico è una soluzione efficiente e sostenibile per la produzione di energia pulita e rinnovabile. La pompa di calore sfrutta la fonte di calore gratuita e rinnovabile dell’aria, del suolo o dell’acqua per produrre energia termica, mentre il fotovoltaico utilizza l’energia solare per produrre elettricità. Questi due sistemi, uniti, possono fornire sia riscaldamento che elettricità, riducendo i costi energetici e migliorando l’efficienza energetica della tua abitazione o della tua azienda.

La combinazione di pompa di calore e fotovoltaico permette di avere una fonte di energia pulita e rinnovabile a costi contenuti, con notevoli benefici in termini di riduzione delle emissioni di CO2. Inoltre, la pompa di calore può essere utilizzata per riscaldare l’acqua sanitaria, riducendo ulteriormente i costi e la dipendenza dalle fonti energetiche tradizionali.

Inoltre, l’installazione di un sistema di pompa di calore e fotovoltaico può aumentare il valore della tua proprietà e aumentare la tua autosufficienza energetica. Questo significa che sarai in grado di produrre la tua energia pulita e rinnovabile, riducendo la dipendenza dalle fonti energetiche tradizionali e migliorando la tua sicurezza energetica.

In definitiva, la combinazione di pompa di calore e fotovoltaico è una scelta intelligente per tutti coloro che vogliono:

  • ridurre i costi energetici,
  • migliorare l’efficienza energetica
  • contribuire alla lotta contro i cambiamenti climatici, garantendo un futuro più sostenibile e pulito.

Valore Energia è a tua disposizione per fornirti maggiori informazioni e assistenza nella scelta della soluzione più adatta alle tue esigenze.

Come scegliere la soluzione più adatta alle proprie esigenze: fattori da considerare

La scelta della soluzione più adatta alle proprie esigenze in termini di produzione di energia pulita e sostenibile richiede una valutazione attenta di diversi fattori. In questo articolo ti guiderò nella scelta di pompa di calore e il fotovoltaico, due soluzioni efficienti e sostenibili che offrono diverse opportunità.

  • Innanzitutto, è importante considerare il luogo di installazione. Se la tua abitazione è collocata in una zona con elevate disponibilità di energia solare, allora potrai senza dubbio ricorrere al fotovoltaico. In questo modo potresti ridurre drasticamente i tuoi consumi e valutare di integrarlo con una pompa di calore in modo da sfruttare l’energia prodotta dal fotovoltaico per alimentare la pompa di calore. Al contrario, se vivi in una zona con bassa disponibilità di luce solare, la sola pompa di calore potrebbe essere una scelta più conveniente.
  • In secondo luogo, è importante valutare il tuo consumo energetico. Se il tuo fabbisogno energetico è elevato, potresti aver bisogno di entrambe le soluzioni per ottenere una produzione di energia sufficiente. Se, invece, il tuo fabbisogno energetico è limitato, potresti optare per una soluzione più semplice, come ad esempio una pompa di calore o un impianto fotovoltaico di dimensioni più contenute. Tuttavia, l’integrazione di entrambi i sistemi resta la soluzione migliore in quanto i tuoi consumi, installando una PDC saranno sicuramente maggiori rispetto a prima. Con un fotovoltaico potresti quindi far fronte a questo incremento senza essere in balia dell’aumento delle spese.
  • In terzo luogo, è importante considerare il budget disponibile. Se hai a disposizione un budget limitato, potresti optare per una soluzione più economica, come ad esempio una pompa di calore a basso costo. Al contrario, se hai a disposizione un budget più ampio, potresti optare per una soluzione più completa, che comprenda sia la pompa di calore che il fotovoltaico.

I vantaggi economici e ambientali dell’utilizzo di un sistema combinato di pompa di calore e fotovoltaico

L’utilizzo di un sistema combinato di pompa di calore e fotovoltaico rappresenta una soluzione efficiente e sostenibile sia dal punto di vista economico che ambientale. La pompa di calore sfrutta l’energia presente nell’ambiente per riscaldare o raffrescare la casa, mentre il fotovoltaico produce energia pulita e rinnovabile grazie alla conversione della luce solare in energia elettrica.

In questo modo, è possibile ridurre notevolmente le emissioni di CO2 e ridurre i costi legati all’acquisto di energia dalla rete elettrica. Inoltre, la combinazione di queste due tecnologie consente un’ottimizzazione del rendimento energetico complessivo del sistema, poiché la pompa di calore può utilizzare l’energia elettrica prodotta dal fotovoltaico.

Il sistema di pompa di calore e fotovoltaico è molto versatile e può essere adattato alle diverse esigenze dell’utente. Ad esempio, è possibile integrare sistemi di accumulo dell’energia per aumentare la flessibilità del sistema e sfruttare al meglio l’energia prodotta dal fotovoltaico anche di notte o in caso di scarsa illuminazione.

In definitiva, l’utilizzo di un sistema combinato di pompa di calore e fotovoltaico rappresenta una soluzione che unisce economia, sostenibilità e comfort, e rappresenta un passo importante verso un futuro energetico più pulito e sostenibile. Se stai valutando l’installazione di un sistema di riscaldamento o raffrescamento della tua casa o di un sistema di produzione di energia pulita, considera la combinazione di pompa di calore e fotovoltaico come soluzione più efficiente e sostenibile.

Non perdere l’occasione di ottenere un sistema energetico efficiente e sostenibile per la tua casa. Compila il modulo contatti e un esperto di Valore Energia ti fornirà tutte le informazioni di cui hai bisogno.

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