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Caldaia a idrogeno: perché è la caldaia del futuro?

Cosa è e come funziona una caldaia a idrogeno, la soluzione “green” per il riscaldamento domestico del futuro.

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E’ già da qualche tempo oramai che gli studiosi ed i ricercatori sono concordi sul fatto che l’idrogeno possa davvero essere il “combustibile del futuro”. L’idrogeno infatti ben si presta ad essere utilizzato in molti settori, sia quelli produttivi che quelli della mobilità e non per ultimo anche per quanto riguarda il riscaldamento privato.

La caldaia ad idrogeno, come del resto la caldaia a biomassa, rappresenta infatti un’alternativa valida ai tradizionali sistemi di riscaldamento (ne parliamo anche qui). Il motivo è da rintracciarsi principalmente in un’efficienza maggiore della caldaia a biomassa oltre al fatto che essa si avvale di una tecnologia green.

In questo approfondimento abbiamo cercato di riassumere brevemente il funzionamento della caldaia a idrogeno ed i vantaggi di cui potresti usufruire utilizzandola.

Perché l’idrogeno come combustibile?

Prima di parlare della caldaia a idrogeno, riteniamo opportuno specificare innanzitutto cosa si intende per questo nuovo combustibile ma anche come mai si sta affacciando con tanta prepotenza sul mercato.

Come prima cosa, dobbiamo precisare che l’idrogeno è importantissimo: è infatti la sostanza presente con maggiore abbondanza sul nostro pianeta. Più del 75% di materia presente sulla Terra è infatti composta da idrogeno che legandosi ad altri atomi forma innumerevoli tipi di molecole: ad esempio l’acqua è composta da due atomi di idrogeno ed uno di ossigeno. La peculiarità dell’idrogeno infatti è quella di essere si presente in molte molecole, ma mai come singolo elemento chimico.

L’idrogeno può essere definito come un “vettore energetico a zero emissioni” a patto che sia prodotto utilizzando fonti di energia rinnovabili o pulite. Qualora questo sia possibile potremo alimentare in maniera completamente ecosostenibile settori come quello alimentare, chimico, petrolchimico, tessile, metallurgico e aerospaziale.

A questo punto però sono d’obbligo anche altre considerazioni. Se infatti l’idrogeno può alimentare tutti i settori sopra elencati, perché non potrebbe essere utilizzato anche come carburante per i sistemi di riscaldamento? E’ infatti questa l’idea che sta dietro all’opportunità rappresentata dalle caldaie ad idrogeno.

Come funziona la caldaia a idrogeno?

Come abbiamo appena avuto modo di vedere, l’idrogeno è il materiale più presente sul pianeta Terra. Motivo per cui potrebbe essere sfruttato come combustibile, senza un rischio abbastanza immediato di esaurire questa risorsa. A questo punto però viene naturale chiedersi come funziona la caldaia a idrogeno. Abbiamo cercato di riassumerlo brevemente qui di seguito.

Per far bruciare l’idrogeno in modo da produrre calore, è necessario estrarre questo elemento dall’acqua in modo da averlo allo stato gassoso ed in purezza. La caldaia ad idrogeno, dotata di un bruciatore catalitico avvia un processo di ossidazione dell’idrogeno, il tutto senza necessità di energia elettrica. Il bruciatore si avvale infatti di un agente catalizzatore auto-innescante. L’idrogeno ossidato, combinandosi con l’ossigeno normalmente presente nell’atmosfera, genera energia termica. Ed è proprio lo sfruttamento di questa energia che permette di riscaldare gli ambienti.

Caldaia a idrogeno e cogenerazione

Una delle peculiarità di questo sistema di riscaldamento ad idrogeno è che è in grado di generare calore a partire semplicemente dall’acqua. Ma non solo questo: la caldaia a idrogeno può anche essere utilizza come sistema di cogenerazione. Cosa stiamo cercando di dire utilizzando questo termine?

Per “cogenerazione” si intende un sistema di produzione di energia che è in grado di generare automaticamente anche un’energia secondaria. Per ottenere una maggiore resa è quindi necessario immagazzinare e sfruttare adeguatamente anche questa seconda energia. In genere, con la cogenerazione è possibile ottenere energia elettrica tramite cui è possibile anche sfruttare la produzione di energia termica.

Tuttavia la caldaia a idrogeno non funziona così in quanto la cogenerazione che viene a crearsi è esattamente l’opposta. Il vapore generato durante la scissione dell’idrogeno dall’ossigeno viene convogliato verso un bruciatore catalitico per la produzione di energia termica. Il vapore che serve a questo scopo non è il totale del vapore prodotto ma una parte. L’altra parte serve ad azionare delle turbine che muovendosi generano elettricità. Questa elettricità viene poi immagazzinata all’interno di alcune batterie che ne permettono l’utilizzo durante tutto l’arco della giornata o nottata.

E’ proprio tramite quest’ultimo meccanismo che abbiamo descritto che la caldaia è in grado di riscaldare una casa e di produrre energia elettrica nello stesso momento. La cosa fantastica è che è in grado di fare ciò semplicemente utilizzando l’acqua del rubinetto.

Pro e contro

E’ evidente come il vantaggio più importante di ricorrere alle caldaie a idrogeno è quello di sfruttare fonti di energia rinnovabile e quindi sostenibili senza danneggiare l’ambiente che ci circonda.

Se tutti utilizzassimo caldaie di questo tipo, potremmo eliminare e quanto meno abbattere drasticamente le emissioni di CO2 dovute all’utilizzo di combustibili fossili. In un’ottica rivolta verso la decarbonizzazione una scelta di questo tipo è quindi una scelta saggia.

I vantaggi però sono anche di tipo economico. Ricorrere all’idrogeno come combustibile significa essere indipendenti dalle reti di luce e gas e quindi non essere più soggetti ai rincari delle bollette. A produrre calore ed illuminare l’abitazione ci penserà infatti la caldaia a idrogeno utilizzando semplicemente l’acqua del rubinetto di casa tua.

Dobbiamo inoltre precisare che installare un dispositivo di questo tipo può farti avere accesso ad incentivi fiscali (ne parliamo meglio qui). E’ possibile usufruire delle agevolazioni del 65% per la sostituzione della caldaia o di quelle che ammontano al 50% che rientrano nel cosiddetto bonus ristrutturazione.

Il più grande svantaggio delle caldaie ad idrogeno è invece la loro dimensione. C’è bisogno di spazio per fare in modo che avvengano tutti i processi precedentemente descritti. Quello che stiamo cercando di dire in altre parole è che le caldaie ad idrogeno hanno le dimensioni di un grosso frigorifero che però deve essere allacciato sia alla rete elettrica che idrica.

Il prezzo non è inoltre uno dei più convenienti dal momento che si tratta di una novità ipertecnologica. Un altro costo da sostenere è inoltre legato alla manutenzione da effettuare ogni 6 mesi.

Tuttavia, il risparmio che potrai ottenere è notevole, quindi siamo certo che rientrerai dell’investimento in un tempo non troppo lungo. Per questo, le caldaie ad idrogeno rappresentano davvero un’occasione unica e da non perdere se vuoi essere indipendente dalla rete elettrica ed idrica.

Vuoi saperne di più sulle caldaie ad idrogeno? Compila il modulo che trovi in questa pagina con i tuoi dati ed attendi la chiamata del nostro operatore!

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Bollette e costi conto corrente in aumento. Proteggiti con il credito d’imposta

Bollette e costi conto corrente in aumento nel 2022. Ecco come proteggerti grazie al credito d’imposta

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Se non lo avevate già capito, il 2022 è un anno di rincari sotto tutti i fronti. Non sono da meno quelli riguardanti le bollette gas e luce e quelli dei costi conto corrente.

A dire il vero, per quanto riguarda le bollette eravamo preparati. Ne avevamo già parlato qui in tempi non sospetti. Tuttavia, i rincari sotto questo fronte sono stati più alti rispetto a quanto ci si aspettasse. Mediamente infatti le famiglie pagheranno circa 1000 euro in più in un anno. In particolare, nel primo trimestre 2022 è stato quantificato un aumento del 131% dell’energia elettrica rispetto allo stesso periodo del 2021 per il cliente domestico (e del 94% per quello del gas naturale.

Di pari passo però si stanno verificando aumenti anche sui costi conto corrente come riporta l’indagine condotta da Altroconsumo su un campione di oltre 400 conti correnti. Secondo questa indagine, rispetto a febbraio 2021, i costi dei conti corrente bancari sarebbero aumentati in media dal 7 al 14 per cento per famiglie che pensionati. Aumenti ai quali potrebbero aggiungersi anche quelli relativi al pagamento del canone per la carta di debito ovvero il bancomat.

Se per l’aumento delle bollette la soluzione esiste ed è passare sempre di più all’uso ed al consumo di energie rinnovabili, esiste anche una soluzione contro l’aumento dei costi degli oneri bancari e sugli interessi passivi delle giacenze bancarie. Una soluzione che prevede l’acquisto del credito d’imposta.

Ma cosa significa che acquistare il credito d’imposta può essere una soluzione contro l’aumento dei costi conti corrente?

Abbiamo cercato come prima cosa di fare il punto sugli aumenti di questi oneri riguardanti la maggior parte dei correntisti italiani per poi spiegare come mai acquistare il credito d’imposta potrebbe essere una buona soluzione. A questo proposito puoi anche consultare le FAQ dell’Agenzia delle Entrate.

L’aumento dei costi dei conti correnti bancari

La quasi totalità degli utenti delle banche, tutti tranne i giovani, sta per subire dei rincari per quanto riguarda i costi di gestione dei conti corrente. Famiglie, imprese e pensionati stanno infatti per vedere lievitare questi costi di gestione tra il 7 ed il 14% a seconda dei casi.

Ma non finisce qui. Questi rincari devono essere sommati anche a quelli per il canone della carta di debito ovvero il Bancomat. Il tutto mentre l’Antitrust sta decidendo proprio in questi giorni se accogliere o respingere la richiesta di Bancomat spa di abolire la commissione a carico del cliente sul prelievo di contante per spostarla sulla banca proprietaria dello sportello automatico. Se accolta, quest’ultima richiesta, toglierebbe visibilità alle spese sui prelievi (oggi in media di 1,49 € fra le banche che le prevedono) facendole lievitare.

Ma le spese dei conti correnti non finiscono di certo qui. A quelle che abbiamo appena preso in esame infatti devono essere aggiunte anche le seguenti:

  • l’imposta di bollo di 34,20 euro per le giacenze sopra i 5 mila euro;
  • la ritenuta fiscale sulle sulle giacenze di conto da parte dello stato che ammonta al 26%;
  • gli oneri d’interesse passivi, circa lo 0,5% mensile ovvero il 6% annuo, sulle giacenze sopra i 100.000 euro.

Le commissioni: bonifici e le carte di credito. Essere fedeli paga ancora?

Anche le commissioni bancarie, come quelle relative ai bancomat ed alle carte di credito sono aumentate come emerge dall’analisi dei dati riguardanti un campione di 24 banche esaminate da Altroconsumo.

In particolare gli aumenti misurati dall’indagine sono i seguenti:

  • I costi dei bonifici effettuati in filiale hanno subito un aumento dell’8,8%. Il costo medio è adesso di 4,71 €;
  • Per i bonifici online gli aumenti si aggirano intorno al 5,26% per un costo medio di circa 40 centesimi;
  • Il bonifico istantaneo ha subito un sovrapprezzo intorno all’euro e mezzo;
  • Anche il canone per per la carta di credito ha subito un rincaro visto che è aumentato del 7,4% e che adesso ammonta a circa 29€.

Infine Altroconsumo non può fare a meno di riportare un dato sorprendente che riguarda il costo dei conti correnti aperti da molti anni presso lo stesso istituto. Paradossalmente, i nuovi conti appena aperti hanno un costo inferiore rispetto a quelli aperti da più di 10 anni della metà: 113,50 euro l’anno contro i 54 euro.

Come difendersi dagli aumenti dei costi dei conti corrente bancari?

Abbiamo appena esaminato una situazione che evidenzia come le spese dei conti correnti bancari stiano subendo degli aumenti consistenti. Costi che in alcuni casi sono dei veri e propri oneri passivi, come nel caso delle giacenze di conto superiori ai 100.000 euro.

Ma è possibile proteggere i propri risparmi da questi rincari? Se si come?

La strategia principale per difendersi dagli aumenti delle spese del conto corrente è molto semplice: non avere giacenze sui conti correnti, soprattutto se superiori ad una certa cifra.

No, non siamo impazziti, lasciateci spiegare. Non avere giacenze sui conti corrente non significa spendere tutti i soldi senza mettere da parte nulla. Semplicemente significa investire questi soldi e quindi non lasciarli depositati e soggetti ai costi conti corrente.

Acquistare il credito d’imposta (ne parliamo meglio qui) è un investimento sicuro e conveniente in grado di garantirti un guadano certo ed assicurato. Perché? Per almeno altre due buone ragioni:

  1. Acquistare il credito d’imposta ti permette di ottenere un guadagno certo ed immediato. Chi compra del credito d’imposta infatti lo fa per un importo che è inferiore rispetto al reale valore del credito da detrarre.
  2. Comprare il credito d’imposta è al tempo stesso un investimento conveniente e sicuro. L’articolo 121 del DL Rilancio, commi 5, 6 e 7, stabilisce che eventuali violazioni delle norme che stabiliscono l’accesso alla detrazione fiscale sono a carico del beneficiario della detrazione.

Vuoi saperne di più sulla cessione del credito d’imposta e sulle detrazioni fiscali in vigore? Clicca qui per richiedere maggiori informazioni!

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Perché acquistare credito d’imposta conviene

Alla scoperta di tutti motivi per cui dovresti acquistare il credito d’imposta

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Gran parte del successo delle misure adottate dal Decreto Rilancio è probabilmente dovuto alla possibilità di usufruire delle detrazioni fiscali anche tramite il credito d’imposta e lo sconto in fattura. Fin da subito infatti l’Agenzia delle Entrate è stata sommersa da domande per l’esercizio di queste opzioni alternative alla detrazione fiscale di misure come Superbonus 110%.

Tuttavia, un successo così massiccio e generico, non poteva non comportare anche dei tentativi di frode. Tentativi verificatisi non tanto per quanto riguarda il Superbonus 110% ma soprattutto per altre detrazioni, prima fra tutte il bonus facciate. Per questo, un paio di settimane fa è stato approvato il DL Sostegni ter che limita, e non di poco, il meccanismo dello sconto in fattura della cessione del credito. Adesso infatti è possibile cedere e quindi anche acquistare il credito d’imposta una volta soltanto, anziché un numero illimitato di volte.

Comprare del credito d’imposta equivale quindi a compensarlo in dichiarazione dei redditi e quindi a detrarlo dalle tasse. Di contro però, potranno acquisire questo credito d’imposta solamente i soggetti con un’adeguata capienza fiscale. Non solo banche ed istituti di credito, ma anche privati ed imprese di ogni genere, dal momento che non vengono specificati nel DL Sostegni ter requisiti particolari per poterlo fare.

Ma acquistare il credito d’imposta conviene davvero? Quali sono i vantaggi di cui potresti beneficiare?

Abbiamo cercato di spiegarti insieme ai nostri esperti perché acquistare il credito d’imposta conviene.

1) Acquisire del credito d’imposta ti permette di ottenere un guadagno certo

Acquistare il credito d’imposta ti permette di ottenere un guadagno certo ed immediato. No, questa non è la solita frase acchiappa click ma è la verità ed il motivo è anche molto semplice. Chi compra del credito d’imposta infatti lo fa per un importo che è inferiore rispetto al reale valore del credito da detrarre.

Proviamo a spiegare il concetto che abbiamo appena espresso tramite un semplice esempio.

Ammettiamo che il sig. Rossi debba effettuare dei lavori di efficientamento energetico usufruendo del Superbonus 110% per un valore di 100.000 €. Il sig. Rossi avrà quindi diritto ad una detrazione fiscale del valore di 110.000 euro.

Tuttavia, per monetizzare immediatamente questa detrazione senza aspettare di detrarla in 4 anni, oppure in caso di inadeguata capienza fiscale, ha solo una strada: quella di cedere questo credito. Nel caso in cui il sig. Rossi abbia invece usufruito dello sconto in fattura, sarà invece l’impresa che effettua i lavori a poter beneficiare di questo credito. Sarà quindi interesse dell’impresa monetizzare subito questo credito per rientrare delle spese che ha anticipato per eseguire i lavori.

L’acquirente del credito quindi, può avvalersi del fatto che il beneficiario della detrazione o l’impresa nel caso dello sconto in fattura abbiano intenzione di monetizzare subito questo credito. Per fare ciò costoro hanno solo un’opzione, venderlo ad un valore inferiore rispetto all’ammontare della detrazione.

Nel caso migliore potrai quindi acquistare un credito d’imposta del valore di 110.000 € a soli 100.000 € guadagnando di fatto 10.000€. Così facendo potrai detrarre dalle tasse che dovresti pagare ogni anno per i successivi 4 anni  27.500 euro (27.500×4=110.000) anziché solo 25.000.

Comprare il credito d’imposta significa quindi pagare meno tasse!

2) Investimento sicuro

Comprare il credito d’imposta è al tempo stesso un investimento conveniente e sicuro per almeno due motivi, i seguenti.

Il primo motivo è che l’articolo 121 del DL Rilancio, commi 5, 6 e 7, stabilisce che eventuali violazioni delle norme che stabiliscono l’accesso alla detrazione fiscale sono a carico del beneficiario. In particolare forniamo un breve estratto del testo della legge:

“Qualora sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d’imposta, l’Agenzia delle entrate provvede al recupero dell’importo corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti dei soggetti effettuano i lavori oggetto di detrazione. Il recupero dell’importo di cui al comma 5 è effettuato nei confronti del soggetto beneficiario , ferma restando, in presenza di concorso nella violazione, anche la responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari per il pagamento dell’importo e dei relativi interessi. “

Questo significa quindi che la responsabilità di eventuali irregolarità ricadrà sul beneficiario della detrazione che andrà incontro all’obbligo di risarcire lo stato italiano assieme ad eventuali sanzioni. La responsabilità ricadrà su cessionari e fornitori solamente nel caso in cui venga provato il loro concorso di colpa nella nascita del credito oppure per l’utilizzo del credito in modo irregolare.

Comprare il credito d’imposta è inoltre un investimento in grado di mantenersi nel tempo. Nel caso in cui oggi tu decida di comprare un credito d’imposta a nome di un’impresa e decida di vendere la tua attività, potrai rivendere insieme ad essa anche il credito. In sostanza, il credito fiscale presente nel cassetto fiscale concorre alla determinazione del valore di compravendita dell’azienda sommandosi ad esso.

3) Stop agli oneri finanziari passivi

Quando depositiamo i nostri soldi in banca nei conti corrente, questi soldi non non “fruttano”. I conti corrente sono infatti soggetti a dei costi che possiamo genericamente chiamare come oneri finanziari passivi che vanno ad intaccare le giacenze nei conti. Costi che tra le altre cose, stanno aumentando in questo ultimo periodo in maniera vertiginosa.

Acquistare il credito d’imposta significa quindi effettuare un investimento mobilizzando queste giacenze. In questo modo non solo è possibile abbattere questi oneri finanziari passivi in maniera definitiva, ma anche realizzare un guadagno visto che pagherai il credito d’imposta meno del suo reale valore.

In particolare, gli oneri finanziari passivi che le banche applicano sulle giacenze sopra i 100.000 euro ammontano a circa lo 0,5% mensile. Questo significa che ogni anno i conti con giacenze superiori ai 100.000 € sono soggetti ad oneri finanziari del 6%. Depositando quindi 100.000 euro, dopo un anno l’azienda si troverebbe una liquidità di 94.000 euro.

Vuoi mettere al riparo i tuoi risparmi dagli oneri finanziari passivi? Vuoi investire per ottenere un guadagno certo? Compila il form qui sotto ed aspetta la chiamata del nostro operatore!

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Fotovoltaico e batterie di accumulo per risparmiare sulle tariffe energia elettrica

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Per il nuovo anno è previsto un raddoppio dei costi della componente energetica e del gas, passando da circa 1.560 euro all’anno per arrivare ad oltrepassare i 3.000 euro. Ma non farti prendere dal panico: ci sono ancora valide strategie per risparmiare sulle tariffe dell’energia elettrica.

Vediamo insieme, nei prossimi paragrafi, alcune soluzioni per abbassare i costi delle bollette della luce a fine mese.

Risparmio su tariffe energia elettrica: alcuni consigli

Come accennato in precedenza, il costo della componente energetica è destinato ad aumentare vertiginosamente, rischiando di gravare in maniera consistente sul bilancio di numerose famiglie. Tuttavia, ci sono alcuni trucchi che possono aiutarti a risparmiare in bolletta, ad esempio:

  • ricorda di staccare sempre le spine dalla corrente e non mettere i tuoi dispositivi in modalità stand-by
  • fai un uso corretto degli elettrodomestici, in particolare della lavatrice e della lavastoviglie
  • acquista tipologie di frigoriferi e di congelatori a basso consumo
  • utilizza correttamente il forno a microonde e quello elettrico. Per quando riguarda quest’ultimo, laddove possibile, evita la fase di preriscaldamento
  • fai un buon uso del condizionatore: non aprire le finestre quando è acceso per non disperdere il fresco accumulato. A questo proposito sapevi che esistono dei bonus fiscali anche per i condizionatori? Clicca qui per scoprire di più
  • scegli delle lampadine a LED a basso consumo invece che quelle tradizionali
  • finché possibile, sfrutta la luce naturale
  • quando devi effettuare lavatrici o lavastoviglie, controlla la fascia oraria in cui l’energia costa meno

In aggiunta, puoi installare un impianto fotovoltaico nella tua abitazione. Vediamo nel dettaglio, nel prossimo paragrafo, tutti i vantaggi di questa possibilità.

Sistema di accumulo per fotovoltaico: tutti i vantaggi

Scegliere di ricorrere ad un sistema di accumulo per fotovoltaico nella propria casa comporta numerosi vantaggi non solo dal punto di vista economico ma anche sul piano ambientale.

Nel dettaglio, il prezzo dell’installazione di un sistema di accumulo al litio si aggira intorno ai 370 euro per kWh, un prezzo nettamente più basso rispetto a quello di qualche anno fa. Questo perché ad oggi sono disponibili diversi incentivi per chi decide di installare un impianto fotovoltaico.

Tra i migliori sistemi di accumulo si trovano le batterie per fotovoltaico, prodotti innovativi che hanno la capacità di immagazzinare l’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico o, in alternativa, utilizzarla immediatamente. Nel dettaglio, ecco come funzionano:

  • durante il giorno l’impianto fotovoltaico genera energia
  • una parte di energia viene accumulata nelle batterie, mentre l’altra parte viene utilizzata subito
  • durante la notte l’impianto smette di produrre energia e proprio in questo momento le batterie svolgono la loro funzione di accumulo

Tuttavia, è bene sapere che se le batterie dovessero essere scariche, verrà prelevata l’energia necessaria direttamente dalla rete comune e dunque verrà segnata nell’utenza mensile. Per questo motivo le batterie di accumulo devono essere collegate al sistema a pannelli solari ma anche alla rete elettrica esterna.

In aggiunta, si ricorda che l’installazione di una batteria di accumulo comporta il diritto di accesso a incentivi e detrazioni fiscali che riducono il costo del tuo investimento.

Per maggiori informazioni ti consigliamo di visitare il sito ufficiale di ARERA che trovi a questa pagina.

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Sistemi di accumulo per fotovoltaico

Quella dei sistemi di accumulo per fotovoltaico è una tendenza che non conosce crisi anche grazie agli ecobonus fotovoltaico. Ma come fare a capire qual’è quello giusto?

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Ricorrere ai sistemi di accumulo per fotovoltaico è una scelta vincente (ne parliamo anche qui). Stoccare l’energia che l’impianto fotovoltaico produce in eccesso per riutilizzarla nel momento del bisogno, come la notte quando l’impianto non produce, garantisce un’elevata autonomia ed un risparmio notevole sulle bollette.

Ma non si tratta solo di risparmio. I sistemi di accumulo per fotovoltaico hanno oramai raggiunto un’elevata qualità che le conferisce un elevata durabilità tanto che alcune case produttrici garantiscono addirittura 10 mila cicli di carica senza che le loro prestazioni ne risentano. Altre garantiscono oltre il 60% della capacità originaria in un arco di 10 anni, e sembra che possano “vivere” fino a vent’anni.

Le batterie di accumulo non sono solo efficienti ma anche sicure. Sempre più spesso infatti i nostri clienti ci chiedono di posizionarle dentro casa.

Ovviamente i sistemi di accumulo per fotovoltaico cui ci riferiamo sono i sistemi di accumulo certificati. Ovvero quei sistemi che possedendo determinati standard qualitativi possono godere anche degli incentivi statali in vigore anche nel 2022 per le batterie e quindi limitare in maniera significativa la spesa necessaria alla loro installazione.

Abbiamo cercato di fare il punto sulle batterie di accumulo in questo approfondimento.

Il prezzo dei sistemi di accumulo fotovoltaico al Litio Ferro Fosfato

La prima cosa da tenere in considerazione quando si cerca di installare un sistema di accumulo per fotovoltaico è il prezzo. I sistemi al litio oggi costano intorno ai 370 € per ogni kWh, un prezzo molto inferiore rispetto a qualche anno fa.

I prezzi delle batterie per fotovoltaico stanno infatti subendo un ribasso consistente, ribasso che si va ad aggiungere agli incentivi in vigore per gli impianti fotovoltaici. Ed è proprio questo ribasso a rendere sempre più convenitene lo stoccaggio dell’elettricità prodotta dagli impianti fotovoltaici.

Ovviamente, il prezzo delle batterie di accumulo è direttamente proporzionale rispetto alla loro capacità di accumulo e ad altre caratteristiche tecniche della batterie. Il fattore che incide in maniera più pesante è però la capacità di stoccaggio della batteria, ovviamente più sarà alta, più il sistema di accumulo per fotovoltaico avrà un prezzo più alto.

Ma allora qual è la giusta capacità di un sistema di accumulo dell’energia per gli impianti fotovoltaici?

Sistemi di accumulo per Fotovoltaico della giusta grandezza

Indovinare la giusta capienza di una batteria di accumulo per il fotovoltaico non è semplice. Non basta infatti ricorrere ad una batteria della stessa potenza del sistema fotovoltaico.

Perché? L’adeguatezza della grandezza di una batteria di accumulo per il fotovoltaico in realtà è basata sui fabbisogni elettrici dell’azienda, famiglia, condominio, su cui verrà installata.

Solo dopo un’attenta analisi dei consumi sarà possibile verificare quale sistema di accumulo è il più adatto in termini di capienza e di investimento da sostenere. Inoltre dovresti anche tenere conto del fatto che i consumi, ad esempio di una famiglia, prima e dopo l’installazione di un impianto fotovoltaico possono cambiare in maniera significativa.

Facciamo due esempi per capire meglio quanto appena affermato.

  1. Poniamo il caso che una famiglia tenda a trascorrere molto tempo in casa durante il giorno. In questo caso, i consumi elettrici sarebbero quasi interamente coperti dall’impianto fotovoltaico e renderebbero possibile il ricorso a batterie di piccola taglia.
  2. Viceversa, nel caso in cui i consumi della famiglia avvengano prevalentemente di notte allora ci sarà bisogno di una batteria di taglia maggiore visto il fotovoltaico di notte non funziona. Ovviamente, non c’è bisogno di specificare che è proprio questa seconda casistica a riguardare la maggioranza delle famiglie italiane.

I consumi elettrici possono inoltre cambiare qualora, specie con gli ultimi incentivi, si decida di utilizzare l’energia solare per ricaricare l’auto elettrica. In questo caso, l’auto assorbirà molta energia quindi sarà per forza di cose necessaria una batteria di una taglia medio grande.

Utilizzare sistemi di accumulo per fotovoltaici per eliminare la spesa del gas

Utilizzare delle batterie di accumulo quando il fotovoltaico è utilissimo anche per coloro che desiderano eliminare la spesa relativa al gas. 

In questo caso infatti gli utenti devono per forza ricorrere alle pompe di calore per il riscaldamento per la climatizzazione estiva. Le pdc sono però macchine che assorbono una quantità notevole di energia per funzionare efficacemente. Per questo motivo in questo caso forse è necessario prevedere dei sistemi di accumulo per fotovoltaico con capacità di circa 10 o 15 kWh.

Riflettendo un attimo sulla questione è infatti comprensibile il perché di una batteria così grande. D’inverno infatti, il sistema di riscaldamento a PDC verrà utilizzato soprattutto durante le ore notturne, dato che sono quelle più fredde. Di notte però l’impianto fotovoltaico non funziona. Da qui la necessità di sistemi di accumulo per fotovoltaico di taglia così grande.

Qual è la giusta capacita per la mia batteria di accumulo?

Per dimensionare correttamente un sistema di accumulo dell’energia è necessario innanzitutto verificare alcuni dati facilmente reperibili dalle bollette. In questo modo puoi verificare non solo quanto spendi in un anno ma anche quanti quanti kWh all’anno consumi nella media.

Attenzione! Se stai pensando di autoconsumare il 100% dell’energia che produce il tuo impianto solo tramite le batterie di accumulo ti stai sbagliando di grosso. Non è infatti tecnicamente possibile, tuttavia i tuoi consumi si ridurranno parecchio: alcuni studi provano che potrai soddisfare fino al 75% del tuo fabbisogno energetico. Il restante, verrà immesso in rete tramite il sistema dello scambio sul posto, tranne nel caso in cui tu abbia installato la batteria usufruendo del Superbonus 110%.

Fatte queste doverose premesse proviamo a spiegare brevemente come dimensionare correttamente un sistema di accumulo per fotovoltaico.

Nel caso in cui ti voglia dotare di un fotovoltaico connesso alla rete pubblica, supponiamo che l’impianto sia in grado di produrre 4000 kWh all’anno e sia sufficiente a coprire il tuo fabbisogno energetico. Quale sarebbe la giusta taglia di un sistema di accumulo dell’energia in grado di soddisfare al meglio le tue esigenze considerando i dati riportati poco prima?

Quello che devi sapere è che mediamente ogni famiglia riesce a consumare il 30% di energia direttamente dal fotovoltaico. Il sistema di accumulo può portare il tuo autoconsumo ad un massimo del 75% visto che d’inverno l’impianto fa molta fatica a ricaricare le batterie. Questo significa che dei 4000 kWh all’anno, con il solo impianto fotovoltaico potresti auto-consumarne istantaneamente circa 1200 kWh all’anno.

Se il 30% lo autoconsumo, e posso arrivare al 75% di quota autoconsumata grazie alle batterie, significa che la batteria che sceglierò dovrò avere una capacità di copertura dell’altro 45% (75%-30%). Il 45% di 4000 kWh è 1800 kWh pertanto dovrò ricorrere ad una batteria con questa potenza.

Per calcolare la capacità devi invece considerare il numero di cicli completi di carica e di scarica che la batteria per il fotovoltaico dovrà sopportare in un anno che possiamo stimare in circa 320. Dividendo 1800 kWh per 320 cicli il risultato di cui avrai approssimativamente bisogno è di 5,6 kWh.

A questo punto dovrai semplicemente confrontare questo dato con la capacità delle batterie disponibili in commercio ed optare per il modello che più si avvicina a questo risultato arrotondando per eccesso.

Non dimenticarti che ancora per quest’anno puoi dimezzare la spesa con gli incentivi relativi alla detrazione fiscale del 50%.Oppure, se possiedi i requisiti, puoi avvalerti del Superbonus dedicato anche al fotovoltaico con sconto del 110% e non pagare nulla con la cessione del credito.

Se desideri capire quale è il sistema di accumulo più adatto alle tue esigenze compila il modulo che trovi qui sotto con i tuoi dati ed aspetta la chiamata del nostro operatore.

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RED II, cosa stabilisce il decreto comunità energetiche?

Il decreto comunità energetiche recepisce le norme contenute nella normativa europea Red II con alcune importanti novità

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Alcuni giorni fa è finalmente stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il tanto atteso decreto Comunità energetiche o DLGS Red II. Grazie a questo decreto, finalmente, l’Italia può finalmente affermare di aver completato il processo di attuazione della direttiva del 2018 sulla promozione delle energie rinnovabili.

Il decreto Comunità Energetica sembra in particolare offrire una nuova spinta ai soggetti che possiamo definire come energy citizens italiani con diverse novità che riguardano soprattutto gli incentivi previsti per le fonti rinnovabili come il fotovoltaico oppure l’individuazione di aree di installazione idonee ma non solo. Il decreto RED II ha infatti completato la normativa inerente alle comunità energetiche rinnovabili introducendo disposizioni ben precise in materia di autoconsumo ed energia condivisa. Un completamento atteso fin dal 2019 quando, l’allora decreto Milleproroghe aveva stabilito un primo e sperimentale, pertanto incompleto, quadro normativo.

Con il decreto comunità energetiche quindi il governo ha riorganizzato in maniera sistematica la normativa con l’obiettivo di accelerare la transizione energetica anche attraverso le energy comunity. D’altronde il concetto di energy comunity, senza quello di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili come quelli fotovoltaici non potrebbe esistere.

Ma cosa stabilisce con esattezza il Decreto Comuinità energetiche?

Abbiamo cercato di fare il punto della situazione qui di seguito.

Cosa sono le comunità energetiche?

Prima di approfondire i contenuti del decreto comunità energetiche forse è bene ricapitolare brevemente cosa sono questi nuovi soggetti. Per farlo però dobbiamo prima brevemente accennare al concetto di autoconsumo collettivo..

Per autoconsumo collettivo si intende l’unione di cittadini o residenti dello stesso condominio o di edifici confinanti che producono, immagazzinano e consumano l’energia rinnovabile.

Il concetto di comunità energetiche, o comunità di energia rinnovabile (CER), è un concetto basato su quello di autoconsumo collettivo. Le C.E.R. infatti sono soggetti autonomi controllati da soci o utenti che si trovano in prossimità dell’impianto di produzione di energia rinnovabile. Una comunità energetica è quindi un’associazione fra Persone fisiche; PMI; Autorità locali; Enti territoriali ed Amministrazioni comunali; con lo scopo di gestire, produrre ed auto-consumare l’energia che producono dai propri impianti fotovoltaici.

L’ecosistema di utenze e di consumi verrà quindi gestito, possibilmente attraverso le cosiddette smart grid, dalla Comunità Energetica, con l’obiettivo di favorire l’autoconsumo di energia. Producendo l’energia tramite impianti fotovoltaici, ai quali possono essere abbinate anche batterie di accumulo, i membri di una comunità possono trarre notevoli vantaggi economici. I consumi di energia prelevata dalla rete elettrica nazionale saranno notevolmente ridotti e, al tempo stesso, l’energia consumata prelevata dalla comunità energetica costerà sensibilmente di meno rispetto a quella prelevata dalla rete elettrica nazionale.

E’ quindi corretto affermare che installare un impianto fotovoltaico ed entrare a far parte di una C.E.R. potrebbe fornire un doppio vantaggio:

  1. beneficiare delle agevolazioni fiscali per l’installazione degli impianti fotovoltaici come queste;
  2. ottenere delle tariffe incentivanti per il consumo di energia.

Le misure per l’energia condivisa introdotte dal decreto comunità energetica

Le misure del Decreto Comunità Energetiche riguardano principalmente due aspetti:

  • l’autoconsumo di energia;
  • comunità energetiche.

Esaminiamole più in dettaglio qui di seguito.

Autoconsumo

Il soggetto auto-consumatore di energia, secondo il Decreto Red II, è colui che produce e accumula energia elettrica da fonti rinnovabili (fotovoltaico) per il proprio fabbisogno. Può quindi verificarsi il caso che, l’impianto di cui dispone produca più energia del reale fabbisogno. Che fine fa dunque questa energia? Potrà essere venduta in maniera diretta oppure tramite un aggregatore come appunto la Comunità Energetica.

Tuttavia, il focus di questo aspetto del decreto comunità energetiche riguarda la produzione di questa energia da fonti rinnovabili. Produzione che può avvenire tramite due modalità:

  • realizzando un impianto FER direttamente interconnesso all’utenza del cliente finale. Da precisare che l’installazione di questo impianto fotovoltaico può essere anche di proprietà o gestita da un terzo.
  • tramite uno o più impianti a fonti rinnovabili locati in siti oppure in edifici diversi rispetto ai quali opera l’auto-consumatore. Questi impianti dovranno però impiegare la rete di distribuzione esistente per condividere l’energia che producono in eccesso ed avere i punti di prelievo di questa energia sono nella titolarità dello stesso auto-consumatore.

Le novità per le comunità energetiche

Nel caso delle comunità energetiche, l’energia autoprodotta deve essere utilizzata in via prioritaria per l’autoconsumo dei membri della comunità. Tuttavia può capitare che comunque, l’energia che gli impianti delle comunità energetiche producano sia maggiore del reale fabbisogno energetico. L’energia in eccesso quindi può essere venduta dalla C.E.R.

Un’altra novità riguarda i confini geografici di una comunità energetica. Se è vero che l’energia prodotta dagli impianti F.E.R. può essere condivisa tramite la rete di distribuzione nell’abito della stessa zona di mercato è altrettanto vero che contemporaneamente deve sussistere “la sussistenza del requisito di connessione alla medesima cabina primaria per l’accesso agli incentivi”.

Non importa quando sia stato realizzato l’impianto fotovoltaico: possono far parte delle C.E.R. sia gli impianti realizzati prima del recepimento della normativa RED 2 che quelli dopo. L’importante è che gli impianti già esistenti partecipino in misura inferiore al 30% del totale della comunità energetica.

La C..E.R. inoltre può:

  • produrre altre forme di energia da rinnovabili finalizzate all’utilizzo da parte dei membri,
  • promuovere interventi integrati di domotica e di efficientemente,
  • offrire servizi di ricarica dei veicoli elettrici e assumere il ruolo di società di vendita al dettaglio.

I vantaggi del far parte delle comunità energetiche

Il decreto comunità energetiche interviene anche sugli incentivi dedicati alle Comunità Energetiche modificando innanzitutto i limiti di potenza previsti ed elevandoli a 1MW rispetto ai 200 kW previsti in precedenza. In questo modo le comunità energetiche potranno essere partecipate da molti più soggetti e questi soggetti potranno possedere anche impianti di maggiore potenza.

Il decreto definisce anche alcuni incentivi per le comunità energetiche. In particolare stabilisce delle tariffe incentivanti per il consumo di energia elettrica riservate ai membri della comunità ovvero alle utenze di consumo connesse sotto la stessa cabina primaria. Queste tariffe sono due una per i soggetti consumatori, ovvero coloro che non possiedono un impianto fotovoltaico e che quindi consumano solamente l’energia prodotta dalla C.E.R., che ammonta a circa 10 cent di € per ogni Kw/h ed una per i soggetti che sono anche produttori di energia 16 cent di € per ogni Kw/h.

Ma non solo tariffe incentivanti per i soggetti che aderiscono alle comunità energetiche. Costoro infatti possono comunque usufruire della detrazione fiscale del 50% sulla spesa sostenuta per l’installazione di un nuovo impianto fotovoltaico. In questo caso però sarà necessario rispettare i seguenti requisiti::

  1. Per rientrare nel fotovoltaico 50 % non si deve usufruire del Quinto Conto Energia;
  2. L’impianto fotovoltaico deve servire per produzione di energia per autoconsumo e non per fini commerciali;
  3. Se l’energia prodotta supera il fabbisogno, non sarà possibile venderla, ma dovrà essere immessa in rete e si potrà utilizzare in altre ore della giornata, pena la perdita della detrazione IRPEF del 50%.

Per scoprire di più ed avere tutte le informazioni in merito compila il modulo che trovi qui di seguito.

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Il fotovoltaico nel 2022 conviene ancora?

Fotovoltaico 2022: è ancora conveniente installare pannelli solari oppure no?

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Fino a qualche tempo fa, il business del fotovoltaico è stato fiorentissimo. Moduli fotovoltaici spuntavano un po’ ovunque su tetti, giardini e campi che prima erano destinati all’agricoltura. D’altronde era davvero facile e conveniente guadagnare grazie alle energie rinnovabili soprattutto per quanto riguarda il fotovoltaico su terreno. Una convenienza che non si limitava semplicemente all’investire dei risparmi, ma che poteva essere tale anche ricorrendo a dei mutui per l’acquisto degli impianti.

Tutto questo meccanismo era sostenuto dall’oramai quasi dimenticato, sistema del “Conto Energia”. Sostanzialmente questo sistema prevedeva una remunerazione per l’energia elettrica prodotta dall’impianto della durata di 20 anni (lo spieghiamo qui).

Questo sistema è però giunto al capolinea oramai quasi 10 anni fa. Nel luglio 2013 infatti sono terminati gli ultimi 6,7 miliardi di euro messi a disposizione dal governo per questa iniziativa. Da allora possiamo affermare che il fotovoltaico ha camminato praticamente da solo, fatta eccezione per dei piccoli aiuti, poi potenziati, che di certo non possono essere paragonati agli incentivi precedenti.

Ma allora il fotovoltaico 2022 conviene ancora oppure no? E’ ancora un affare installare dei moduli fotovoltaici nel 2022?

Proviamo però a mettere da parte, almeno per il momento, la sensibilità ecologica, un fattore che sicuramente possiamo tutelare ricorrendo al fotovoltaico dal momento che produrre energia significa abbattere le immissioni di CO2. In questo approfondimento ci concentreremo soprattutto sulla convenienza degli impianti fotovoltaici 2022 cercando anche di estrapolare informazioni come in quanto tempo si può rientrare dell’investimento iniziale e quindi considerando un vero e proprio business plan fotovoltaico.

Quando il fotovoltaico 2022 conviene?

Il fotovoltaico 2022 è sempre un investimento conveniente.

Se analizziamo la situazione infatti possiamo scoprire come i prezzi dei pannelli fotovoltaici si siano abbassati moltissimo in questi anni, ciò facilità la riduzione dei tempi di rientro dall’investimento. Ovviamente la convenienza di un impianto fotovoltaico 2022 dipende anche dalla superficie a disposizione per installare i pannelli fotovoltaici. Se disponi di una superficie più grande e possibilmente ben esposta ai raggi solari durante l’arco della giornata sarai sicuramente più avvantaggiato rispetto a chi non può disporre di questi fattori.

Quando invece non conviene?

L’investimento in un impianto fotovoltaico non è propriamente leggero. Come tale quindi necessita di essere ammortizzato nel corso del tempo tramite il risparmio ottenuto nelle bollette dell’elettricità. Ciò significa che se i tuoi consumi elettrici sono particolarmente bassi, i tempi di rientro dal tuo investimento si allungherebbero parecchio.

Il fotovoltaico 2022 potrebbe non convenire anche nel caso in cui tu decida di installare un nuovo impianto decida di detrarre il 50% della spesa in dichiarazione dei redditi nei successivi 10 anni senza avere abbastanza capienza fiscale per farlo.

Inoltre, prima di installare un impianto fotovoltaico dovresti anche valutare anche la spesa iniziale da sostenere per installare questi impianti. Ad esempio, installandoli sul tetto, potrebbe essere necessario anche realizzare delle opere edilizie che potrebbero innalzare questi costi iniziali rendendo non più conveniente installare l’impianto.

Quanto dobbiamo investire per fare in modo che il fotovoltaico 2022 sia conveniente?

Proviamo ad analizzare le spese cui potresti andare in contro se deciderai di installare un fotovoltaico 2022. Tranquillo, rispetto a diversi anni fa, i prezzi dei moduli fotovoltaici sono calati tantissimo. Se 10 anni fa per produrre 1 Kilowatt di potenza spendevamo 6-7000 euro, oggi la spesa ammonta a circa un terzo di quella prevista qualche anno fa.

Proseguendo il nostro ragionamento, un sistema fotovoltaico da 3Kwp costa circa 6-7000 euro.

A questo appena riportato, dovresti però aggiungere altre considerazioni. Difficilmente un impianto da 3 Kwp è in grado di soddisfare i tuoi fabbisogni energetici nell’arco della giornata, meglio allora optare per più potenza ed abbinarci anche una batteria di accumulo. In ogni caso, non preoccuparti, esistono delle detrazioni fiscali per gli impianti fotovoltaici 2022 in grado di farti risparmiare il 50% della spesa come queste qui.

Si può guadagnare grazie al fotovoltaico?

Come abbiamo avuto modo di anticipare, c’è un sistema di detrazioni fiscali che permette di abbattere la spesa per l’investimento iniziale, i cosiddetti ecobonus, che oramai va avanti a suon di proroghe. Recentemente è infatti stata posticipata la scadenza di questi ecobonus al 50% per il fotovoltaico 2022, fino al 2024.

Questi ecobonus sono applicabili per impianti fotovoltaici fino al 20 Kw. Non sono previsti degli interventi edilizi da sostenere per l’installazione degli impianti anche se l’impianto può accedere alla detrazione solo se serve a produrre elettricità destinata al consumo degli elettrodomestici della tua abitazione.

Avere accesso ad una detrazione fiscale del 50% significa che, se prevedi di spendere 10.000 euro per l’installazione di un impianto, allora potresti detrarre 5.000 euro dalla dichiarazione dei redditi. Se sceglierei di optare per questa soluzione potrai detrarre questa cifra tramite 10 importi di pari valore da distribuire nei 10 anni successivi. In alternativa potresti però optare per la cessione del credito e lo sconto in fattura. In questo modo non dovrai aspettare 10 anni per usufruire della detrazione ma potresti usufruire di uno sconto di pari valore alla detrazione immediatamente spendendo di fatto la metà.

Grazie al meccanismo delloScambio sul Posto di cui parliamo qui “ invece potresti cedere l’energia che riusciresti a consumare durante il giorno al gestore del servizio energetico. Costui infatti potrà rivendere questa energia ai privati lucrandoci sopra e riconoscendo dei vantaggi economici, come ad esempio dei crediti per l’acquisto di energia elettrica durante la notte.

Infine, dopo l’approvazione del Decreto Red II, oggi è possibile anche installare un impianto fotovoltaico ed entrare a far parte di una comunità energetica (approfondiamo il discorso qui). In questo modo, associandoti insieme ad altri soggetti, sia produttori che consumatori di energia, potresti non prelevare più, o comunque prelevare in maniera molto minore energia dalla rete elettrica nazionale. Avrai quindi diritto a delle tariffe agevolate per il consumo dell’energia condivisa all’interno della comunità energetica. Tariffe che, nel caso possedessi un impianto fotovoltaico, saranno migliori rispetto a quelle applicate ai soggetti consumatori.

Fotovoltaico 2022 pro e contro

Lo scorso autunno sono stati annunciati dei rincari sulle bollette elettriche. Rincari che con il passaggio al nuovo anno si sono verificati in maniera ancora maggiore rispetto a quanto previsto: l’elettricità è infatti aumentata del 50%.

In questo contesto è evidente come il fotovoltaico, nel 2022 sia ancora più vantaggioso dal momento che ti permette di metterti al riparo dai rincari dei costi energetici. Producendo tu stesso l’elettricità di cui hai bisogno infatti non avrai necessità di ricorrere a quella del sistema elettrico di distribuzione nazionale ottenendo dei notevoli risparmi.

I contro invece riguardano il meccanismo dello scambio sul posto. Se è vero che potete cedere al gestore l’energia che non consumate, è altrettanto vero che il gestore ve la pagherà molto poco. Nella pratica riuscirete a ridurre di un terzo la tariffa a cui acquistate l’energia elettrica dal vostro distributore di notte, niente di più. In sostanza dovrete quindi cercare di consumare il più possibile l’elettricità durante il giorno, cosa non sempre facile visti i ritmi lavorativi odierni che la società ci impone. Certo, la situazione potrebbe cambiare qualora vi dotaste di un sistema di accumulo di energia, ma in questo caso dovrete essere disposti ad effettuare un nuovo investimento.

Quanta elettricità possiamo produrre durante l’anno?

Un impianto fotovoltaico ben esposto, ovvero verso sud con inclinazione dei moduli di 30° può produrre circa 1500 kW per kw di potenza l’anno al sud Italia, 1300 al centro Italia è 1200 al nord Italia. Ovviamente si tratta di dati medi, dipende dall’annata di sole che abbiamo sul nostro paese, dalla qualità dei moduli, dall’inclinazione degli stessi.

Se consideri che ogni kilowatt di elettricità che acquisti costa in bolletta circa € 0,25 puoi tranquillamente calcolare il tuo risparmio su base annuale.

Quanto Risparmio con il fotovoltaico 2022?

Per calcolare il risparmio che potresti ottenere con il fotovoltaico 2022 basta eseguire un semplice calcolo. Recupera le tue bollette e calcola quanto hai consumato nel corso dell’anno scorso in termini di assorbimento energetico e di costi.

In media, un famiglia di 3-4 persone consuma circa 4000 kilowatt l’anno, per un costo totale di 1000-1200 euro. Con un impianto medio da 3 Kw in grado di produrre 3000 kwh annuali quindi, potresti risparmiare 750 €. Una cifra considerevole che rappresenta quasi i due terzi della spesa cui saresti andato incontro normalmente.

Il risparmio può senza dubbio essere maggiore qualora decidessi di installare anche un sistema di accumulo di energia ed ancora maggiore qualora entrassi a far parte di una Comunità energetica.

Quale potenza deve avere un impianto fotovoltaico?

Per capire quanta potenza dovrebbe avere il tuo impianto fotovoltaico 2022 la prima cosa da fare è dare un’occhiata alle tue bollette e sommare tutti i kilowatt che hai consumato nei 12 mesi precedenti. Ipotizziamo che il fabbisogno energetico della tua famiglia si aggiri intorno ai 3.500 kW l’anno.

Con un impianto da 3kWp potresti riuscire a risparmiare dai 600 agli 800 euro e quindi rientrare dell’investimento in 8-9 anni. Un tempo relativamente breve se consideri che i pannelli fotovoltaici possono durare anche 30 anni e che la garanzia di norma è di 25 anni sull’80% del rendimento iniziale.

Conclusioni

Il fotovoltaico 2022 conviene. Anche se gli incentivi sono minori rispetto al passato, e comunque un solo impianto fotovoltaico non è in grado di garantirti una totale indipendenza energetica e di azzerare completamente le bollette, rimane comunque un investimento conveniente.

Per richiedere più informazioni sul credito d’imposta imprese non devi far altro che compilare il modulo qui sotto con i tuoi dati!

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Come funziona la nuova cessione del credito?

Nuova cessione del credito: cosa è cambiato con il DL 4/2022 e perché

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Alcuni giorni fa, in Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato il decreto legge 4/2022 meglio conosciuto come Decreto Sostegni ter.

Il DL è particolarmente importante visto che impatta in maniera significativa con il meccanismo della cessione del credito (parliamo delle sue scadenze qui). A nostro avviso possiamo anche parlare di una vera e propria nuova cessione del credito dal momento che acquisterà i crediti d’imposta potrà utilizzarli solamente in compensazione. Questo significa che sarà possibile cedere il credito solamente una volta, ad altri soggetti come compresi gli istituti di credito e gli intermediari finanziari.

Ma in cosa consiste questa nuova cessione del credito scendendo più nei particolari? Perché sono stati introdotti questi cambiamenti dal legislatore?

Per scoprire la risposta a questa domanda non devi far altro che continuare a leggere questo approfondimento sulla nuova cessione del credito.

Perché modificare il meccanismo della cessione del credito?

La risposta a questa domanda affonda le radici nell’anno scorso. La Banca d’Italia aveva lanciato un allarme sulla necessità di attuare pratiche per la prevenzione di truffe e frodi che sfruttano il meccanismo del credito d’imposta tramite un apposito documento. Riportiamo qui di seguito uno stralcio di quel documento:

“Nell’ambito delle misure previste per contenere gli effetti della pandemia, il riconoscimento di detrazioni fiscali a fronte dell’esecuzione di specifici interventi si accompagna alla possibilità di cedere in maniera generalizzata i relativi crediti di imposta, al fine di agevolarne la monetizzazione.

In relazione a detti crediti vanno considerati i rischi connessi con:

  • l’eventuale natura fittizia dei crediti stessi;

  • la presenza di cessionari dei crediti che pagano il prezzo della cessione con capitali di possibile origine illecita;

  • lo svolgimento di abusiva attività finanziaria da parte di soggetti privi delle prescritte autorizzazioni che effettuano plurime operazioni di acquisto di crediti da un’ampia platea di cedenti.”

Il problema, secondo la Banca d’Italia, era non tanto quello del numero delle cessioni cui il DL Rilancio non poneva limiti, quanto piuttosto quello del controllo dei soggetti ammessi a queste cessioni del credito. La legge infatti, così come è infatti stata approvata, non individua in maniera specifica i requisiti che i soggetti come banche o altri istituti di credito devono rispettare per poter acquisire questi crediti. Senza criteri e controlli è evidente come soggetti propensi ad effettuare frodi o a riciclare capitali illeciti vengano agevolati nei loro intenti criminosi.

Nuova cessione del credito: cosa è cambiato con il dl 4/2022

Il DL 4/2022, tramite l’articolo 28, detta le regole di quella che abbiamo definito la nuova cessione del credito. Il cambiamento più importante è quello che limita la possibilità di cedere il credito ad una sola volta.

I cessionari (imprese e professionisti) che ricevono i crediti dai beneficiari delle detrazioni, non potranno più cedere a loro volta questi crediti. Un’eccezione è rappresentata dal meccanismo dello sconto in fattura, se così possiamo definirla. In questo caso, saranno le imprese che applicano lo sconto in fattura a maturare il credito d’imposta, quindi potranno comunque cederlo una volta soltanto evitando il passaggio da beneficiario ad impresa.

Il DL 4/2022 riuscirà a contrastare i tentativi di frode?

Purtroppo se il governo, tramite l’introduzione di queste norme per la nuova cessione del credito, ha pensato che queste potrebbero porre un freno ai tentativi di frode, probabilmente ha preso una grossa cantonata. Questa misura infatti, a nostro avviso è destinata a fallire per almeno due ragioni, che analizziamo qui di seguito:

  1. La prima ragione emerge se paragoniamo i meccanismi di commercializzazione dei titoli di stato a quelli della compravendita dei crediti d’imposta generati dal Superbonus 110%. Nel primo caso però sono presenti degli “operatori abilitati”, ovvero banche ed imprese di investimento registrate presso la Banca d’Italia, che acquistano i Titoli di Stato emessi dal Tesoro. Solo in seguito questi Titoli vengono immessi in un mercato secondario soggetto a precise regole che ne assicurano la massima trasparenza. Questi criteri però, nel mercato del credito d’imposta non esistono. Inoltre è proprio la possibilità di cedere questi titoli svariate volte a permettere a Banche ed Imprese di trarne profitto.
  2. La seconda ragione deriva da una semplice riflessione. E’ infatti doveroso sapere che i crediti d’imposta, prima di essere commercializzati, transitano attraverso la piattaforma dell’Agenzia delle Entrate. In teoria quindi, l’Agenzia del Fisco, dovrebbe poter risalire precisamente ai soggetti che prendono parte a queste compravendite e, effettuando controlli incrociati con altre banche, dati potrebbe capire subito se è in atto una truffa o no. A questo punto è evidente come, nel caso l’Agenzia sia in grado effettivamente di svolgere questi controlli, il numero di passaggi di mano non sia importante. Tuttavia, qualora l’Agenzia delle Entrate non fosse in grado di effettuare questi controlli è necessario supporre che il pericolo di riciclaggio è presente fin dall’inizio visto che la prima cessione può essere effettuata favore di “soggetti non puntualmente identificati”.

Gli scenari futuri della nuova cessione del credito

Giunti a questo punto è doveroso domandarsi quali potrebbero essere le conseguenze del blocco del meccanismo della cessione del credito.

Probabilmente, una prima conseguenza della nuova cessione del credito è quella che imprese e professionisti che operano con lo sconto in fattura dovranno recedere dai loro impegni per mancanza di capienza fiscale. Dovendo utilizzare il credito d’imposta in compensazione saranno costretti ad accettare solo quei lavori il cui ammontare non superi la propria capienza fiscale. Ciò potrebbe provocare un forte rallentamento dei lavori legati al Superbonus 110%.

Un altro rischio concreto è quello che il cliente finale, ovvero il beneficiario della detrazione, potrebbe trovarsi abbandonato dal sistema creditizio una volta esaurita la capienza fiscale di banche ed istituti di credito. In alternativa però potrebbero affacciarsi sul mercato dei grossi player con una capienza fiscale molto più grande delle piccole banche e degli istituti di credito ed interfacciarsi direttamente con questi clienti.

Cosa succederà adesso, subito dopo l’approvazione della nuova cessione del credito?

Una delle conseguenze di tutto ciò si ripercuoterà direttamente sui professionisti che operano proponendo il loro lavoro tramite sconto in fattura. Costoro infatti non potranno più operare con questo metodo, salvo il caso in cui abbiano ricevuto gli incarichi direttamente dagli esecutori dei lavori che a loro volta operano con lo sconto in fattura.

Questa che abbiamo descritto è una situazione paradossale. Il DL Rilancio aveva individuato questi soggetti come i veri garanti degli interventi sul Superbonus 110%, dal momento che sono questi professionisti a produrre asseverazioni di congruità tecnico ed economica ed a stipulare le assicurazioni necessarie per accedere alla detrazione. Sul più bello quindi, a questi soggetti viene tolta la possibilità di fornire i loro servizi tramite lo sconto in fattura. Non solo, legando questi soggetti agli esecutori, viene meno anche il principio di terzietà cui dovrebbero essere soggetti tutti i controllori.

Conclusioni

L’articolo 28 del DL 4/2022, che regola la nuova cessione del credito. a nostro avviso non fa altro che depotenziare il DL Rilancio. La nostra analisi infatti evidenzia come:

  • non incide sui possibili fenomeni di riciclaggio. Essi infatti non dipendono dal numero di cessioni del credito di imposta, ma dalla qualità degli operatori, fin dalla prima cessione;
  • rischia di depotenziare le attività di controllo, terzo ed indipendente, da parte dei professionisti;
  • potrebbe ridurre drasticamente gli investimenti resi possibili dal DL Rilancio;
  • ma soprattutto, una volta ridotta la presenza del sistema bancario a causa della limitata capienza fiscale, rischia di attirare nel mercato soggetti “non puntualmente identificati”.

Clamoroso dietrofront: arriva il blocco della cessione del credito da parte del governo Meloni!

Con il Decreto Legge n. 11 del 16 febbraio 2023 è arrivato il tanto temuto “Blocco della cessione del credito”. Ma cosa significa? Perché si è arrivati a tanto?

Leggi tutto quello che devi sapere sullo sto alla cessione del credito qui!

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Le nuove FAQ Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato le FAQ sulle novità della cessione del credito, visto di conformità e misure agevolate dopo il DL 4/2022

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Il DL 4/2022, o Decreto Sostegni Ter, contiene numerose novità riguardanti le agevolazioni fiscali previste dalla normativa fiscale italiana. I cambiamenti apportati non riguardano solo la cessione del credito e le nuove scadenze, ma anche aspetti come il visto di conformità e la nuova possibilità di usufruire di una detrazione per l’abbattimento delle barriere architettoniche. Nuovi aspetti legati soprattutto al Superbonus 110% che abbiamo affrontato qui!

Novità che sono state subito recepite dall’Agenzia del fisco italiano che ha rilasciato nuove FAQ Agenzia delle Entrate. Abbiamo quindi raccolto ed analizzato qui di seguito le nuove FAQ Agenzia delle Entrate cercando di semplificarle il più possibile.

FaQ Agenzia delle entrate su obbligo del Visto di conformità per spese fino a 10mila euro

Nel caso in cui un contribuente, il 1° dicembre 2021 sostenga delle spese per interventi che possono rientrare nelle agevolazioni previste in edilizia libera o di importo complessivo superiore a 10.000 euro, decida di optare per la cessione del credito, al 3 gennaio 2022 non abbia ancora trasmesso la relativa comunicazione di cessione all’Agenzia delle Entrate è tenuto a richiedere il rilascio del visto di conformità e delle entrate è tenuto a richiedere il rilascio del visto di conformità e dell’asseverazione/attestazione della congruità delle spese?

La FAQ Agenzia delle Entrate prende in esame il decreto legge 11 novembre 2021 ha introdotto l’obbligo del rilascio del visto di conformità e dell’attestazione della congruità delle spese in caso di opzione per la cessione del credito. L’obbligo vale anche per i bonus edilizi diversi dal Superbonus. La circolare dello scorso 29 novembre chiarisce che tale obbligo

“si applica, in via di principio, alle comunicazioni trasmesse in via telematica all’Agenzia delle Entrate a decorrere dal 12 novembre 2021”.

La legge di Bilancio ha però inserito, a decorrere dal 1° gennaio 2022, questo obbligo di visto di conformità previsto per la cessione del credito solo per il Superbonus 110%. Ciò significa che la cessione del credito o lo sconto in fattura non si applica per i Bonus diversi dal Superbonus ed alle opere classificate come edilizia libera di importo inferiore a 10.000 euro.

La legge di Bilancio ha inoltre precisato che restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e facendo salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo decreto-legge.

La disposizione normativa in questione è entrata in vigore il 1° gennaio 2022 pertanto, la stessa deve trovare applicazione da tale data. Il caso preso in esame nella FAQ dell’Agenzia delle Entrate sulle novità della cessione del credito rientra fra quelli in cui non è previsto l’obbligo del visto di conformità.

Calcolo del 30% per i lavori del superbonus

Un’altra nuova FAQ Agenzia delle Entrate riguarda il famoso calcolo del 30% del totale dei lavori detraibili con il Superbonus 110% . Questo caldcolo deve essere commisurato all’intervento complessivamente considerato e quindi comprendendo anche gli interventi con altre percentuali di detrazione? Ad essi possono essere sommati anche gli interventi non agevolati?

Secondo la nuova FAQ Agenzia delle Entrate, vista la formulazione della norma, la percentuale del 30% deve essere commisurata all’intervento complessivo. Non solo quindi per i lavori ammessi al Superbonus 110% ma anche per gli altri interventi. Un criterio che rimane valido anche dalle nuove disposizioni contenute nella nuova legge di Bilancio.

FAQ Agenzia delle Entrate: qual’è il limite di spesa per il superbonus 110 per l’eliminazione delle barriere architettoniche?

La FAQ Agenzia delle Entrate si chiede quale sia il limite di spesa per il super ecobonus del 110% applicabile agli interventi finalizzati alla eliminazione delle barriere architettoniche. Questo limite è di 96.000 euro? In caso affermativo, questo può essere considerato un nuovo plafond di spesa rispetto a quello per il bonus casa? 

La risposta alla nuova FAQ Agenzia delle Entrate precisa che il Superbonus spetta nei limiti di spesa sopra riportati. I limiti di spesa sono inoltre applicabili disgiuntamente per ciascun intervento effettuato sia sulle parti comuni dell’edificio che sulla singola unità immobiliare all’interno di tale edificio. I massimali di spesa sono pertanto applicabili disgiuntamente, quindi possono essere sommati fra di loro, per ciascun intervento.

Qualsiasi condomino che abbia un ascensore e che voglia effettuare interventi per l’eliminazione di barriere architettoniche potrà fruire del Superbonus nel limite di spesa di 96.000 euro per gli interventi sulle parti comuni. Lo stesso limite di spesa si applica congiuntamente anche agli interventi dello stesso genere effettuati su ogni appartamento. Pertanto, se un soggetto è proprietario di n appartamenti, potrà fruire di un limite di spesa di nx96.0000€. Qualora invece l’appartamento sia cointestato a più titolari il limite di spesa andrà suddiviso fra di essi.

L’intervento per essere considerato autonomamente detraibile deve essere anche autonomamente certificato dalla documentazione richiesta dalla normativa edilizia vigente. Pertanto l’intervento deve risultare essere “trainato”:

  • da un intervento “trainante” finalizzato all’efficientamento energetico;
  • da un intervento “trainante” antisismico.

Per tali interventi può essere esercitata l’opzione dello sconto in fattura sul corrispettivo dovuto o per la cessione del credito corrispondente alla predetta detrazione.

FAQ Agenzia delle Entrate su Detrazione del superbonus nel 730 precompilato

Se un contribuente detrae il super bonus del 110% nel 730 precompilato può inviarlo direttamente o deve avvalersi di un Caf odia un professionista abilitato, ai fini dell’apposizione del consueto visto di conformità?

L’obbligo del visto di conformità decade nell’ipotesi in cui la dichiarazione sia presentata direttamente dal contribuente, attraverso l’utilizzo della dichiarazione precompilata predisposta dall’Agenzia delle entrate.

Detrazione dell’onorario professionale per superbonus

Considerando che il visto di conformità sull’intero modello Redditi assorbe quello specifico per il super bonus del 110% è detraibile al 110% anche il relativo onorario professionale?

L’articolo 1, della legge di bilancio 2022 ha introdotto l’obbligo del visto di conformità anche qualora il contribuente fruisca di tale detrazione nella dichiarazione dei redditi. L’obbligo decade quando i la dichiarazione sia presentata direttamente dal contribuente all’Agenzia delle entrate.

Resta fermo che il contribuente è tenuto a richiedere il visto di conformità sull’intera dichiarazione nei seguenti casi:

  • quando presentano la dichiarazione modello 730 ad un Centro di assistenza fiscale (CAF) o a un professionista abilitato.
  • nel caso in cui i contribuenti utilizzino in compensazione i crediti relativi alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, alle ritenute alla fonte, alle imposte sostitutive delle imposte sul reddito e all’imposta regionale sulle attività produttive, per importi superiori a 5.000 euro annui.

In questi casi i contribuenti hanno l’obbligo di richiedere l’apposizione del visto di conformità relativamente alle singole dichiarazioni dalle quali emerge il credito.

Asseverazione sulla congruità dei costi

La norma della legge di bilancio che prevede la possibilità di effettuare l’asseverazione sulla congruità dei costi anche sulla base del prezzario DEI, ai fini di tutti i bonus edilizi, ha carattere interpretativo?

L’articolo 1, comma 29, lett. b), della legge 30 dicembre 2021 ha introdotto il comma 1-ter), che:

  • prevede l’obbligo del visto di conformità anche in caso di opzione per la cessione del credito o sconto in fattura relativa alle detrazioni fiscali per interventi, diversi dal Superbonus 110%;
  • prevede che i tecnici abilitati devono asseverare la congruità dei prezzi,

Tale comma  prevede che per l’asseverazione della congruità dei prezzi, richiesta per fruire del Superbonus, occorre fare riferimento oltre ai prezzari individuati dal decreto del Ministro dello sviluppo economico anche ai valori massimi stabiliti con decreto del Ministro della transizione ecologica, da adottare entro il 9 febbraio 2022.

Stabilisce inoltre che i prezzari individuati con il decreto MISE del 6 agosto del 2020, per gli interventi di efficientamento energetico (adevono intendersi applicabili anche ai seguenti interventi:

  • antisismici e di riduzione del rischio sismico ;
  • rientranti nel bonus facciate;
  • di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici.

Si ritiene inoltre che la disposizione abbia valenza interpretativa (quindi retroattiva), in quanto chiarisce che ai fini dell’attestazione della congruità delle spese, per tutti gli interventi ammessi alle agevolazioni, è possibile utilizzare i:

  • prezzari predisposti dalle regioni e dalle province autonome,
  • listini ufficiali o delle locali camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura ovvero i prezzi correnti di mercato in base al luogo di effettuazione degli interventi,
  • prezzari individuati nel citato decreto MISE del 6 agosto 2020.

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Impianto fotovoltaico per Comunità Energetiche finalmente al via!

Partono le comunità energetiche rinnovabili. Fotovoltaico da 37 KW in costruzione in Umbria

Home » Archivi per Valore Energia » Pagina 5
L’arrivo del nuovo anno, forse lo saprai anche tu, non sempre porta buone novità. Se stai seguendo i telegiornali, probabilmente avrai sentito dei rincari che colpiranno le bollette dell’energia e del riscaldamento nel 2022. Aumenti che arrivano fino al 55% in più rispetto allo scorso anno e che andranno ad incidere pesantemente sui bilanci delle aziende e familiari.
Ma come è possibile mettersi al riparo da questi improvvisi e repentini aumenti? 
Sicuramente ricorrendo alle energie rinnovabili. Installare un impianto fotovoltaico con o senza batterie di accumulo (Clicca qui se vuoi scoprire di più sugli incentivi 2022) può sicuramente farti risparmiare sulle bollette elettriche. Tuttavia, il risparmio che potresti ottenere potrebbe non essere sufficiente, specie se magari non disponi di abbastanza superficie per installarne uno che ti renda autonomo.Per ottenere ancora più vantaggi e risparmiare ancora di più, la soluzione migliore è quella di entrare a far parte di una comunità energetica rinnovabile. Ma cosa significa? Quali sono i vantaggi che è possibile ottenere entrando a far parte di una comunità energetica rinnovabile?Abbiamo cercato di fare il punto sui vantaggi dell’entrare a far parte di una comunità energetica prendendo in esame una casistica particolare. Un’impresa umbra, più precisamente di Magione, ci ha infatti richiesto di installare un impianto fotovoltaico da 37 kW ed essere così il primo mattone di una comunità energetica.Se sei curioso continua a leggere!

Le comunità energetiche rinnovabili adesso sono realtà

Prima di procedere oltre riteniamo opportuno ricapitolare brevemente in cosa consistono le comunità energetiche rinnovabili (ne parliamo anche qui).

Il concetto di comunità energetica è basato su quello di autoconsumo collettivo. In sostanza i soggetti che partecipano ad una comunità energetica consumano in loco l’energia prodotta dagli impianti di produzione dell’energia locali per far fronte ai propri fabbisogni energetici.

La comunità energetica rinnovabile è quindi un’associazione fra più utenti che decidono di collaborare tra loro per la produzione, per il consumo, e per la gestione dell’energia prodotta da impianti locali. Per partecipare alle comunità energetiche rinnovabili non è necessario possedere un impianto, ma vi si può prendere parte anche come soggetti consumatori.

Se oggi le comunità energetiche rinnovabili possono essere attuate pienamente è merito della recente approvazione del Decreto Red II (Clicca qui per scoprire di più). Il decreto infatti recepisce le normative europee Red II che normano le comunità energetiche rinnovabili ampliandone le potenzialità.

La nostra prima Comunità energetica rinnovabile

Ma veniamo adesso nel caso specifico che ci riguarda più da vicino.

Se infatti possiamo realizzare la nostra prima comunità energetica è merito della lungimiranza di un’impresa di medie dimensioni che si trova a Magione, in Umbria. Il processo produttivo dell’impresa è particolarmente energivoro, con un conseguente peso sostanzioso sul bilancio. Un peso che un impianto fotovoltaico da solo potrebbe non alleviare in maniera soddisfacente.

L’azienda ha quindi deciso di richiederci una consulenza in merito con l’obiettivo di trovare la soluzione migliore per risparmiare sui propri costi energetici. La soluzione che gli abbiamo prospettato è quella appunto di realizzare un impianto fotovoltaico adeguatamente dimensionato, con potenza di 37 kW, che sarà il fulcro produttivo di una nuova C.E.

In qualità di soggetto produttore, l’impresa in questo caso può beneficiare sia degli incentivi statali per l’installazione di impianti fotovoltaici che delle tariffe incentivanti per le C.E.R. previste da ARERA così come di quelle per l’immissione di energia elettrica nella rete nazionale.

I vantaggi però non saranno circoscritti all’impresa ma anche a coloro che, trovandosi nelle vicinanze della stessa, decideranno di entrare nella Comunità Energetica Rinnovabile. Costoro infatti potranno beneficiare di particolare tariffe incentivanti per il consumo dell’energia prelevata all’interno della comunità, tariffe molto più basse rispetto a quelle di un qualsiasi altro fornitore. Sono infatti queste tariffe a permettere anche a chi non possiede impianti di produzione di energia da F.E.R. ad ottenere dei consistenti risparmi in bolletta.

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