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Con il “bando stufe” di Regione Umbria arrivano sconti fino al 95%! Tutto quello che devi sapere

Pubblicato il bando stufe di Regione Umbria: agevolazioni fino al 95% per la sostituzione della vecchia stufa a legna o camino. Leggi questo approfondimento per scoprire tutto quello che devi sapere!

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Pubblicato il 2 agosto nel bollettino numero 37 il “Bando stufe” di Regione Umbria che si pone come obiettivo primario la promozione dell’efficientamento energetico in ambito domestico, offrendo una straordinaria opportunità per tutti i cittadini umbri. Grazie a questo importante bando stufe Regione Umbria, è ora possibile ottenere sconti fino al 95% per la sostituzione della vecchia stufa a legna o camino con sistemi di riscaldamento di ultima generazione.

Per chi risiede in Umbria e desidera sottrarsi ai crescenti rincari del gas, è l’occasione ideale per effettuare il passaggio a soluzioni più efficienti ed ecologiche, come quelli a pompa di calore, ibridi a pompa di calore, termocamini, o nuove stufe e camini a legna o pellet. I benefici sono molteplici, a cominciare dalla significativa riduzione dei consumi energetici e delle emissioni inquinanti.

Il bando stufe prevede incentivi sostituzione stufa a legna, incentivi sostituzione camino e incentivi sostituzione riscaldamento a biomassa, mirando così a coprire un ampio spettro di necessità domestiche. La Regione Umbria ha dimostrato una grande attenzione all’ambiente e al benessere dei suoi cittadini, mettendo in campo misure concrete per stimolare la transizione energetica.

Il meccanismo di accesso all’incentivo è chiaro.

Per beneficiarne, è necessario rispettare questi requisiti:

  • E’ essenziale aver fatto domanda di ottenimento dell’incentivo nazionale Conto Termico dal 19 gennaio 2023 al 31 dicembre 2025.
  • Il beneficio inoltre è riservato a chi presenta un ISEE inferiore o uguale a 75.000 €
  • Può essere richiesto per un massimo di due immobili.

Non lasciatevi sfuggire questa preziosa opportunità: se siete tra i privati cittadini che desiderano un futuro più verde e sostenibile, è arrivato il momento di agire. 

Come funziona l’incentivo previsto dal Bando Stufe della regione Umbria?

Il bando stufe della Regione Umbria rappresenta una grande opportunità per i cittadini umbri che desiderano abbracciare soluzioni di riscaldamento più sostenibili, soprattutto in vista dei rincari del gas. Questo incentivo è stato pensato per chi aspira a sostituire la propria stufa a legna o camino con opzioni più efficienti e moderne, come i sistemi a pompa di calore, gli ibridi a pompa di calore, i termocamini, o le nuove stufe e camini a legna o pellet.

Il cuore dell’incentivo risiede nella sua capacità di essere cumulabile con altre offerte. L’incentivo è obbligatoriamente cumulabile al Conto Termico. E’ proprio grazie a questa caratteristica che può arrivare coprire tra l’85 al 95% dei costi ammissibili riconosciuti dal GSE. Questo significa che la spesa effettiva per i cittadini può essere notevolmente ridotta.

Ma come viene calcolato questo incentivo? Si basa su due criteri principali:

  1. Zona di installazione: Viene riconosciuto un massimale del 90-95% per i Comuni della Zona della conca ternana ed della Zona di valle, mentre i Comuni nella Zona Collinare Montuosa beneficiano di un massimale dell’85-90%.
  2. ISEE del beneficiario: Un ISEE inferiore a 30.000 € concede il 95% nei comuni della Zona Conca Ternana e della Zona di Valle e il 90% negli altri Comuni. Al contrario, un ISEE tra 30.000 € e 75.000 € garantisce un incentivo del 90% nei comuni della Zona Conca Ternana e della Zona di Valle e l’85% nelle altre zone.

I massimali di erogazione dell’incentivo previsti

L’incentivo riconosciuto dalla Regione ha inoltre un massimale da 2.000 a 5.000 € in base alla tipologia di impianto a biomassa installato:

  • Nuova stufa a 4 stelle: 2.000 €;
  • Nuova stufa a 5 stelle: 3.000 €;
  • Nuovo termocamino a 4 stelle: 3.000 €;
  • Nuovo termocamino a 5 stelle: 4.000 €;
  • Nuova caldaia a 4 stelle 4.000 €;
  • Nuova caldaia a 5 stelle 5.000 €.

L’entità effettiva dell’incentivo viene quindi calcolata tenendo in considerazione sia il massimale dell’incentivo regionale che il massimale cumulato tra incentivo regionale e Conto Termico.

Questo bando, dunque, rappresenta un passo concreto verso l’efficientamento energetico, offrendo incentivi sostituzione stufa a legna, incentivi sostituzione camino e incentivi sostituzione riscaldamento a biomassa. Per i cittadini umbri, è l’occasione ideale per modernizzare il proprio sistema di riscaldamento, salvaguardando l’ambiente e risparmiando sulle bollette.

Esempio di calcolo dell’incentivo

L’attuale scenario energetico sottolinea l’importanza di optare per soluzioni di riscaldamento efficienti, soprattutto in Umbria, dove il bando stufe Regione Umbria emerge come una soluzione chiave per i residenti. Questo bando è una risposta diretta per coloro che vogliono districarsi dai crescenti costi del gas, offrendo incentivi sostituzione stufa a legna, incentivi sostituzione camino e incentivi sostituzione riscaldamento a biomassa.

Immaginiamo una situazione comune: l’installazione di un nuovo termocamino a 5 stelle in sostituzione di un camino aperto da parte di un beneficiario con un ISEE di 29.000 € nel Comune di Terni. La dinamica dell’incentivo funziona così: il GSE riconosce al beneficiario un incentivo di 1.500 € su 5.000 € di spese ammissibili. Ma non si ferma qui. Grazie al bando stufe, il beneficiario può presentare domanda alla Regione Umbria per ulteriori agevolazioni. In questo caso, ottiene un ulteriore incentivo di 3.250 €, calcolato come il valore inferiore tra il valore ottenibile basato sul massimale cumulato (5.000 x 95% – 1.500 = 3.250 €) e l’importo massimo regionale per quella tecnologia specifica (Termocamino a 5 stelle = 4.000 €).

Questa struttura di incentivi non solo agevola la transizione verso soluzioni di riscaldamento più sostenibili, ma rappresenta anche un sostanziale risparmio economico. La Regione Umbria, con il suo bando stufe, conferma l’impegno a supportare i suoi cittadini nella scelta di opzioni energetiche più ecologiche, come quelli a pompa di calore, ibridi a pompa di calore e termocamini. È un’occasione imperdibile per chi desidera un’abitazione più verde ed efficiente dal punto di vista energetico.

Come presentare la domanda per il Bando Stufe della Regione Umbria?

A questo punto rimane solo da chiarire solo un aspetto: Come presentare domanda e accedere a tali benefici? Le domande di incentivazione potranno essere presentate a sportello dalle ore 15:00 del 1 settembre 2023, alle ore 14:00 del 31 ottobre 2025 nell’apposita pagina web resa disponibile sul portale regionale nella sezione Bandi dell’area tematica Ambiente.

Per quanto riguarda le risorse stanziate, sono state allocate 5.500.000 € suddivisi nel modo seguente:

  • 1.000.000 € nell’esercizio finanziario 2023;
  • 2.500.000 € nell’esercizio finanziario 2024;
  • 2.000.000 € nell’esercizio finanziario 2025.

Desideri approfondire? Consulta il Bando sul sito istituzionale della Regione Umbria nel Bollettino n. 37 del 02/08/2023. L’Allegato B del Bando fornisce anche un dettagliato elenco dei Comuni interessati dalla zonizzazione.

Tuttavia, se la prospettiva di navigare attraverso questi dettagli ti sembra scoraggiante, Valore Energia è qui per guidarti. Decidendo di affidarti a noi, il nostro esperto team si occuperà di tutto. Non esitare e compila il modulo contatti: sarai presto ricontattato dal nostro staff, pronto a fornirti tutte le informazioni necessarie e ad accompagnarti in questo percorso verso l’efficienza energetica.

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In arrivo nuovi rincari luce e gas per fine 2023

Secondo Arera (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente) sono in arrivo nuovi rincari luce e gas per fine 2023.

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L’allarme è stato lanciato: secondo Arera, l’autorità di regolazione per energia reti e ambiente, sono in arrivo nuovi rincari luce e gas per fine 2023. Questo nuovo caro bollette fine 2023 riguarderà non solo i rincari gas ma anche i rincari luce, colpendo pesantemente le tasche di imprenditori e privati cittadini.

Stefano Besseghini, presidente di Arera, ha dichiarato nel corso di un’audizione alla Commissione Finanze della Camera che, nonostante il prezzo del gas naturale sia diminuito da gennaio 2023 fino a marzo, ci aspettano purtroppo rincari energia nei prossimi mesi. E questo sarà vero sia per quanto riguarda l’elettricità che per quanto riguarda il gas. Chi sperava che il caro bollette fosse ormai un dato da archiviare con l’inverno 2022-2023 rischia una doccia fredda

È evidente che diventa sempre più necessario difendersi da questi rincari, ed una soluzione efficace è rappresentata dalle energie rinnovabili, ed in particolare dal fotovoltaico. Per questo, noi di Valore Energia, azienda specializzata nell’installazione di grandi impianti fotovoltaici ed altri impianti di efficientamento energetico, ci proponiamo come il tuo partner ideale se vuoi intraprendere questo percorso verso l’autosufficienza energetica.

Investire in impianti fotovoltaici non solo permette di contribuire alla lotta contro i cambiamenti climatici, ma rappresenta anche una scelta strategica per ridurre drasticamente i costi delle bollette. Invitiamo tutti gli interessati a proseguire nella lettura per scoprire di più su come proteggersi dai rincari luce e gas grazie al fotovoltaico.

 I numeri di Arera sui rincari di luce e gas

I numeri forniti da Arera sui rincari di luce e gas sono preoccupanti. Nonostante nel primo trimestre 2023 sia stata registrata una riduzione del prezzo di riferimento dell’energia elettrica pari al 19,5% rispetto al quarto trimestre 2022, il futuro prossimo non sembra altrettanto roseo. Le quotazioni dei mercati all’ingrosso dell’energia elettrica per i prossimi mesi “hanno mostrato volatilità crescente“.

Di conseguenza, le quotazioni per il terzo e quarto trimestre sono in rialzo, con aumenti di circa il 10% nel terzo trimestre e del 25% nel quarto trimestre rispetto alle quotazioni del secondo trimestre. Questo trend conferma l’andamento dei rincari energia, contribuendo ad un nuovo caro bollette fine 2023.

Questa situazione implica un aumento significativo delle spese per gli imprenditori e i privati cittadini, già gravati da rincari bollette precedenti. È fondamentale, quindi, cercare soluzioni alternative per difendersi da questi rincari. Le energie rinnovabili, ed in particolare il fotovoltaico, rappresentano una risposta efficace a questi rincari luce e gas. Installando un impianto fotovoltaico, è possibile produrre energia pulita ed economica direttamente dalla propria abitazione o azienda, riducendo così la dipendenza dall’energia fornita dalla rete elettrica e, di conseguenza, l’incidenza dei rincari sulle proprie bollette.

I motivi del rincaro: nuove speculazioni in arrivo

Il mercato dell’energia è attualmente influenzato da numerose incognite, che rendono le previsioni sui rincari luce e gas particolarmente incerte. Tra i i fattori che contribuiscono ad un clima di incertezza possiamo senza dubbio citare i seguenti: l

  • la ripresa economica cinese,
  • l’ipotetico taglio definitivo delle forniture russe
  • la riduzione del nucleare francese,
  • la riduzione della produzione dell’idroelettrico a causa della siccità

Ma a giocare un ruolo decisivo sono come al solito le speculazioni sui mercati che sono in grado di influenzare notevolmente il prezzo dell’energia. E’ proprio a causa delle speculazioni che le quotazioni dell’energia si impennano all’aumento della domanda da parte delle famiglie.

Se gli aumenti del gas e della luce, rispettivamente del 15% e del 25%, dovessero avverarsi, ci si deve prospettare una stangata pari a +317€ complessivi annui a nucleo famigliare rispetto alle tariffe attuali. Questo nuovo caro bollette fine 2023 rappresenta un ulteriore peso per le famiglie e le imprese italiane, già gravate dai precedenti rincari bollette.

Il fotovoltaico: l’unico vero alleato contro la volatilità dei prezzi dell’energia

In un contesto in cui i rincari luce e gas sembrano essere l’unico orizzonte visibile, il fotovoltaico si afferma come l’unico vero alleato contro la volatilità dei prezzi dell’energia. Questa tecnologia consente infatti di produrre energia elettrica in modo autonomo e sostenibile, riducendo drasticamente la dipendenza dalle fonti energetiche tradizionali e, di conseguenza, l’impatto dei rincari energia sulle bollette. In un momento in cui il nuovo caro bollette fine 2023 rappresenta una minaccia concreta per il bilancio delle famiglie e delle imprese, investire in fotovoltaico rappresenta una scelta strategica ed ecologicamente responsabile.

Valore Energia, offre soluzioni personalizzate per l’installazione di impianti fotovoltaici ed altri impianti di efficientamento energetico, contribuendo attivamente alla lotta contro i rincari bollette. Grazie alla nostra esperienza e professionalità, siamo in grado di guidare i nostri clienti in ogni fase del progetto, dalla pianificazione alla realizzazione, garantendo risultati ottimali e un servizio di assistenza post-vendita di altissimo livello.

Se sei un imprenditore o un privato cittadino e desideri proteggerti dai rincari luce e gas grazie al fotovoltaico, non esitare a contattarci. Compila il modulo contatti che trovi in fondo alla pagina con i tuoi dati e un nostro esperto ti contatterà al più presto per fornirti tutte le informazioni di cui hai bisogno e per pianificare un intervento su misura per te. Non lasciare che i rincari energetici compromett

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Nuova norma UE sui condizionatori: previsto l’ obbligo di sostituzione

Nuova norma UE sui condizionatori: obbligo di sostituzione in quasi tutte le case italiane. Scopriamo di più

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Dopo l’obbligo di ristrutturazione green delle case più inquinanti, di sostituzione delle cucine a gas con cucine a induzione, delle caldaie a gas e l’installazione di pannelli solari, arriva un’altra importante misura da parte dell’Unione Europea. Questa volta i condizionatori sono nel mirino delle normative.

Se sei interessato a scoprire quali sono i cambiamenti in arrivo e come potrebbero influenzare la tua casa, continua a leggere.

La nuova legge UE impone l’obbligo di sostituire i vecchi condizionatori per motivi di sostenibilità ambientale. L’obiettivo infatti è quello di ridurre l’impatto ambientale e promuovere soluzioni più sostenibili ed efficienti.

Ma cosa prevede esattamente la nuova legge UE sui condizionatori?

All’interno di questo articolo scopriremo insieme i dettagli e gli obblighi green aggiuntivi che l’Unione Europea ha imposto. Sarà fondamentale comprendere le implicazioni di questa normativa per poter prendere decisioni informate in merito al tuo sistema di climatizzazione. Continua a leggere per scoprire come puoi adattarti a questi nuovi obblighi green e fare la tua parte per un futuro migliore.

Cosa prevede la nuova norma UE sui condizionatori

La nuova norma UE sui condizionatori impone importanti restrizioni e obblighi green che potrebbero influenzare il futuro dei tuoi sistemi di climatizzazione. L’Unione Europea ha adottato una legge di indirizzo green con l’obiettivo di ridurre gli effetti nocivi degli idrofluorocarburi (F-gas) e limitare l’impatto dell’effetto serra.

L’UE mira a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e la lotta agli F-gas è una delle principali sfide per raggiungere questo obiettivo. La nuova legge prevede il divieto di assistenza e manutenzione per i condizionatori e altre apparecchiature contenenti gas fluorurati, responsabili delle emissioni di gas ad effetto serra. Considerando che circa l’80% dei condizionatori attualmente in uso produce F-gas, la sostituzione sarà necessaria per conformarsi alle nuove normative.

L’obbligo di sostituire i condizionatori entrerà in vigore il primo gennaio 2024, il che significa che è importante essere preparati e valutare le alternative disponibili. Tuttavia, alcune associazioni di categoria hanno espresso preoccupazioni riguardo ai divieti e alla mancanza di considerazione delle diverse applicazioni degli apparecchi, nonché dei tempi necessari per la formazione dei tecnici.

Ulteriori obblighi green già imposti da Ue oltre alla Norma UE condizionatori

L’Unione Europea ha imposto una serie di obblighi green che coinvolgono anche il settore immobiliare. La nuova norma UE sui condizionatori si aggiunge agli altri requisiti già imposti, come l’obbligo di ristrutturazione delle vecchie abitazioni. Vediamoli meglio qui di seguito.

Direttiva casa green

La direttiva UE sulla ristrutturazione obbligatoria mira a rendere più efficienti le case con una classe basse che sono considerate particolarmente inquinanti. L’obiettivo è elevare il livello di efficienza energetica di queste abitazioni, riducendo così l’impatto ambientale.

I passaggi previsti da questa direttiva europea sono ben definiti.

  1. Entro il 2030, tutti gli edifici residenziali dovranno raggiungere almeno la classe energetica E;
  2. Entro il 2033 la classe energetica richiesta sarà la D;
  3. Il traguardo finale è raggiungere un parco immobiliare a zero emissioni entro il 2050.

La nuova legge impone l’obbligo di ristrutturazione per tutte le case e gli edifici con una classe energetica inferiore a E. Entro il 2023, gli edifici con classi energetiche F e G dovranno essere ristrutturati per migliorare la propria efficienza energetica e ridurre le emissioni inquinanti.

Tuttavia, alcuni tipi di immobili sono esentati da questo obbligo di ristrutturazione, tra cui i seguenti:

  • edifici di pregio artistico,
  • quelli con riconosciuti meriti storico-architettonici,
  • i edifici di culto
  • le seconde case.

È importante tenere presente questi obblighi green imposti dall’UE, in quanto richiedono un adeguamento degli immobili per garantire una maggiore efficienza energetica e ridurre l’impatto ambientale.

Lo stop per le caldaie a gas

L’Unione Europea ha stabilito uno stop deciso per le caldaie a gas che gradualmente verranno eliminate entro il 2029. Questa norma mira a promuovere soluzioni di riscaldamento più sostenibili e rispettose dell’ambiente.

La transizione verso alternative alle caldaie a gas sarà progressiva. Il primo step avverrà tra il 2025 e il 2026, quando gli incentivi per l’acquisto di caldaie a gas saranno sospesi, favorendo invece l’installazione di tecnologie alternative e la sostituzione degli impianti esistenti. Il secondo step prevede il completamento del processo entro il 2029, con lo stop totale alla vendita di caldaie a gas sul mercato.

Questa decisione dell’UE rappresenta un cambiamento significativo nel settore del riscaldamento domestico. Sarà necessario considerare alternative più ecologiche, come le caldaie a biomassa, le pompe di calore o i sistemi ibridi.

La transizione verso queste nuove tecnologie comporterà benefici sia per l’ambiente che per te. Ridurre l’uso delle caldaie a gas significa diminuire le emissioni nocive e contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico. Inoltre, l’adozione di soluzioni più sostenibili può comportare risparmi energetici e economici a lungo termine.

Gli obiettivi per il fotovoltaico

Gli obiettivi per il fotovoltaico stabiliti dall’Unione Europea offrono nuove opportunità per l’adozione di energia solare pulita. Questa norma promuove l’installazione di pannelli solari su edifici pubblici, commerciali e residenziali, contribuendo così alla transizione verso un futuro più sostenibile.

Ecco le tappe principali dell’obbligo imposto dall’UE per l’installazione dei pannelli solari:

  1. Entro il 2026, tutti i nuovi edifici commerciali e pubblici con un’area utile superiore a 250 metri quadrati dovranno essere dotati di pannelli solari.
  2. A partire dal 2027, l’obbligo si estenderà anche agli edifici esistenti della stessa tipologia, incoraggiando la trasformazione energetica di strutture già presenti.
  3. A partire dal 2029, l’obbligo di installazione dei pannelli solari si estenderà a tutti i nuovi edifici residenziali, favorendo la produzione di energia pulita anche nei contesti abitativi.

L’obiettivo dell’UE è ambizioso: raddoppiare la capacità fotovoltaica europea e installare 600 gigawatt di energia solare entro il 2030. Questo progetto a tappe mira a garantire una transizione graduale e sostenibile verso l’utilizzo diffuso dell’energia solare.

L’installazione dei pannelli solari rappresenta una soluzione ecologica ed efficiente per la produzione di energia. Non solo contribuirai alla riduzione delle emissioni di gas serra, ma potrai anche beneficiare di un’autosufficienza energetica e di un potenziale risparmio economico a lungo termine.

Non perdere l’opportunità di partecipare a questa rivoluzione energetica. Scopri di più sulle vantaggiose soluzioni fotovoltaiche disponibili e come poter integrare l’energia solare nella tua vita quotidiana. Approfitta dell’obbligo stabilito dall’UE per adottare una scelta energetica più sostenibile ed eco-friendly. Compila il modulo che trovi qui sotto con i tuoi dati!

 

 

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Dal 2 maggio si può presentare la comunicazione per il Superbonus in 10 anni

Superbonus in 10 anni per beneficiario, fornitore o cessionario: ecco le e regole contenute nel nuovo manuale delle Entrate per la piattaforma cessione crediti

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Dal 2 maggio, è possibile estendere la durata dei crediti derivanti dal Superbonus in 10 anni grazie a una nuova funzionalità della piattaforma cessione crediti delle Entrate. Questa importante novità offre ai beneficiari la possibilità di rateizzare i crediti residui in dieci rate annuali, consentendo una maggiore flessibilità nella fruizione di questo vantaggio fiscale.

Secondo quanto stabilito dal Provvedimento ADE n. 132123 del 18 aprile, le modalità di attuazione delle disposizioni prevedono che i soggetti titolari di crediti da Superbonus, Sismabonus e Bonus barriere architettoniche possano ripartire in 10 anni i crediti non ancora utilizzati. Ciò a condizione che sia stata comunicata la prima opzione entro il 31 marzo precedente.

La recente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, Legge n. 38 di conversione del DL n. 11 del 11 aprile, ha introdotto anche la novità dello “spalmacrediti” in dieci anni per il superbonus, offrendo ulteriori opportunità ai beneficiari di fruire dei vantaggi fiscali nel corso di un periodo più lungo.

Questa nuova possibilità di allungare la vita dei crediti rappresenta un’opzione preziosa per coloro che intendono gestire in modo più agevole i benefici derivanti dal Superbonus. La guida aggiornata dell’Agenzia delle Entrate fornisce tutte le informazioni necessarie, compresa la nuova funzionalità di “ulteriore rateazione” per le cessioni dei crediti, consultabile a pagina 27.

Assicurati di valutare attentamente questa opportunità e di adempiere a tutte le disposizioni normative in vigore per garantire una corretta gestione dei crediti e una fruizione ottimale del Superbonus in un periodo di 10 anni.

Superbonus in 10 anni: la disciplina precedente

L’articolo 9, comma 4, del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176 stabilisce, nella formulazione previgente alla legge di conversione del DL n 11, conteneva alcune importanti disposizioni per quanto riguarda il Superbonus. In particolare:

  • Per gli interventi rientranti nella disciplina del Superbonus, l’articolo 121, comma 3, terzo periodo, del decreto-legge n. 34 prevedeva che la quota di credito d’imposta non utilizzata nell’anno non potesse essere usufruita negli anni successivi, né richiesta a rimborso.
  • i crediti d’imposta derivanti dalle comunicazioni di cessione o di sconto in fattura inviate all’Agenzia delle entrate entro il 31 ottobre 2022, e non ancora utilizzati, potevano essere fruiti in 10 rate annuali di pari importo. Ciò andava quindi a sostituire l’originaria rateazione prevista per i predetti crediti ossia delle quattro quote annuali, previo invio di una comunicazione all’Agenzia delle entrate da parte del fornitore o del cessionario. Comunicazione che doveva essere effettuata in via telematica. Tale comunicazione può essere inviata anche avvalendosi dei soggetti indicati al comma 3 dell’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 32.

Questa disciplina precedente fornisce un quadro chiaro delle regole applicabili alla fruizione del Superbonus in 10 anni. Disciplina che però è stata ulteriormente rivista per garantire una maggiore flessibilità nella gestione dei crediti d’imposta derivanti da cessione o sconto in fattura.

Le novità della conversione in legge del DL n 11

Con la conversione in Legge del DL n 11/2023 con il comma 3-quinquies, introdotto in sede referente, si apportano importanti modifiche all’articolo 9, comma 4, del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176. Queste modifiche riguardano la possibilità di allungare i termini per beneficiare dell’agevolazione fiscale in caso di cessione dei crediti d’imposta legati a diverse situazioni:

  1. Superbonus (articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34).
  2. Interventi finalizzati al superamento e all’eliminazione di barriere architettoniche (119-ter del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34).
  3. Interventi antisismici e di riduzione del rischio sismico (articolo 16, commi da 1-bis a 1-septies, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63).

Grazie a queste modifiche normative, si amplia la possibilità per il cessionario di beneficiare di tali crediti d’imposta.

Si stabilisce infatti che, per i crediti d’imposta per i quali le comunicazioni di cessione o di sconto in fattura sono state inviate all’Agenzia delle entrate entro il 31 marzo 2023, sarà possibile ripartire l’utilizzo del credito residuo in 10 rate annuali.

Inoltre, il comma 3-sexies, introdotto in sede referente, modifica l’articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, aggiungendo un comma 8-quinquies. Questa modifica consente al contribuente di optare per il riparto della detrazione spettante in 10 quote annuali di pari importo per le spese sostenute dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022, relative agli interventi legati al superbonus. L’opzione è irrevocabile e deve essere esercitata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2023.

Si ricorda che l’opzione è valida solo se la rata di detrazione relativa al periodo d’imposta 2022 non è indicata nella dichiarazione dei redditi.

Al momento, si attende l’attuazione delle regole definitive da parte dell’Agenzia delle Entrate, che sono già state proposte prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Legge n. 38/2023.

Non perdere l’opportunità di rimanere informato compilando il modulo che trovi qui di seguito con i tuoi dati!

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Le banche hanno sbloccato la cessione del credito: ecco quali sono le 3 banche che accettano pratiche con bonifico diretto

Dopo mesi di blocco oggi possiamo le banche hanno sbloccato la cessione del credito e sono tornate ad accettare nuove pratiche. Scopriamo insieme di quali banche si tratta

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Hai bisogno di informazioni aggiornate sulla cessione del credito?

Buone notizie: le banche hanno finalmente sbloccato questa pratica e sono pronte ad accettare nuove pratiche con bonifico diretto. Grazie a nuovi accordi di ri-cessione del credito, alcune importanti istituzioni bancarie hanno liberato capienza fiscale per assumere nuove pratiche di cessione. Questo processo avviene mediante la cessione dei crediti presenti nel loro portafoglio a soggetti terzi, solitamente grandi aziende, che utilizzano questi crediti scontati per pagare imposte e contributi tramite l’F24. A questo proposito puoi approfondire l’argomento sulla compensazione dei crediti fiscali in F24 cliccando qui.

Grazie a questa nuova capienza fiscale, le banche possono offrire pratiche di cessione anche a coloro che hanno affrontato spese di ristrutturazione per la propria abitazione e stanno lottando per recuperarne i costi. Lo stesso vale per le imprese che hanno accordato sconti in fattura ai loro clienti e ora cercano di liberarsi del credito edilizio corrispondente.

Negli ultimi tempi, tre banche in particolare si sono distinte per la loro attività nella cessione del credito.

Scopriamo quali sono questi istituti di credito e quali opportunità offrono per chi desidera sfruttare questa pratica.

La situazione attuale sulla cessione del credito

Prima di tutto, è importante sottolineare che le banche hanno finalmente sbloccato questa pratica, aprendo nuove possibilità per chi desidera ottenere liquidità attraverso la cessione del proprio credito. Ma facciamo un passo indietro.

La recente serie di interventi normativi (ne parliamo qui) aveva creato un clima di incertezza, che aveva portato le banche e gli altri intermediari a sospendere l’accettazione di nuove pratiche di cessione. Questo ha generato una crisi nel sistema delle detrazioni edilizie, lasciando le imprese con un portafoglio di crediti in sospeso e senza il sostegno finanziario necessario per continuare le proprie attività. Questo fenomeno è comunemente conosciuto come “crediti incagliati”.

L’assenza di possibilità di cedere il credito alle banche ha avuto come conseguenza la mancanza di liquidità per le imprese. Di conseguenza, molti cantieri edili si sono bloccati (ne avevamo parlato qui) e coloro che avevano pianificato la ristrutturazione delle proprie abitazioni utilizzando i bonus edilizi si sono trovati costretti a rinunciare ai loro progetti.

Fortunatamente, con l’entrata in vigore del Decreto Legge 11/2023, sono state definite nuove modalità di cessione del credito e sconto in fattura per specifici tipi di lavori e sono previsti nuovi effetti economici.

In particolare la cessione del credito e lo sconto in fattura saranno ancora ammessi per:

  • interventi di eliminazione delle barriere architettoniche agevolati al 75%,
  • lavori nei comuni colpiti da eventi sismici o eventi meteorologici nelle Marche a partire da settembre 2022, 
  • lavori svolti da IACP, ONLUS e ODV.

Questi soggetti potranno usufruire delle opzioni di cessione del credito a condizione che siano stati costituiti prima dell’entrata in vigore del decreto. Queste nuove disposizioni offrono una luce di speranza per coloro che desiderano beneficiare delle detrazioni edilizie e ottenere la liquidità necessaria per portare avanti i propri progetti.

Le 3 banche che hanno riaperto la cessione del credito

Finalmente, dopo mesi di blocco, le banche hanno riaperto le porte alla cessione del credito visto che alcune istituzioni finanziarie stanno nuovamente accettando nuove pratiche di cessione. In particolare le banche che hanno iniziato a farlo sono:

  • Banca Intesa,
  • Unicredit,
  • Sparkasse.

Tra queste, Banca Intesa si è dimostrata particolarmente attiva, concludendo diversi accordi di ri-cessione del credito per liberare la capienza fiscale necessaria ad accettare nuove pratiche di cessione. Recentemente, sono emerse notizie sulle nuove collaborazioni di Banca Intesa con importanti attori del settore, come Piva Group, un leader nella produzione di serramenti, Università Luiss Guido Carlo e Sacef Group.

Se sei interessato a beneficiare della cessione del credito, è consigliabile agire tempestivamente e rivolgersi a una delle tre banche menzionate. Tuttavia, è importante tenere presente che la cessione comporterà dei costi, con un’aspettativa di perdita tra il 15% e il 20% del valore del credito.

La piattaforma di enel x per la cessione del credito

Le banche hanno sbloccato la cessione del credito ma, allo stesso tempo, anche Enel X si sta preparando per il lancio della sua piattaforma. La piattaforma dovrebbe essere lanciata a settembre, dopo essere stata bloccata per mesi a causa del decreto blocca crediti. In particolare, la sottosegretaria al ministero dell’Economia e delle Finanze ha annunciato l’arrivo imminente della piattaforma, rispondendo a un’interrogazione parlamentare.

La piattaforma Enel X avrà il compito di sbloccare il mercato della cessione del credito, fungendo da società veicolo che acquisterà i crediti incagliati dalle banche e li cederà a soggetti terzi, soprattutto imprese. Queste imprese potranno poi compensare gli acquisti tramite il modello F24 per i versamenti contributivi e tributari.

L’interesse per le imprese non riguarda solo la possibilità di acquistare crediti a un valore inferiore a quello nominale, ma anche la possibilità di ottenere una riduzione delle imposte grazie alla compensazione nell’F24.

La piattaforma Enel X è quindi fondamentale per riattivare il mercato dei crediti, bloccato dopo l’emanazione del decreto blocca crediti da parte del governo, nonostante le parziali esenzioni introdotte. Al momento, Enel X, Intesa Sanpaolo e Sparkasse sono già attive nel ri-acquisto dei crediti, mentre Credit Agricole, Unicredit e Poste stanno ultimando le procedure per avviare il processo. È importante sottolineare che anche Banco Bpm si è dichiarata disponibile a riattivare la cessione del credito.

Non perdere l’opportunità di beneficiare di queste nuove iniziative e rimani informato compilando il modulo che trovi qui di seguito con i tuoi dati!

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Effetti economici superbonus 110: l’impatto è positivo

Effetti economici superbonus 110: l’impatto è positivo sui conti dello stato. Analizziamo alcuni numeri

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Il Superbonus 110% sta dimostrando un impatto positivo sull’economia, come conferma uno studio condotto dalla Fondazione Nazionale dei commercialisti e pubblicato in un recente comunicato stampa del 5 giugno 2023.

Secondo lo studio, la spesa generata dal Superbonus per gli anni 2021 e 2022, che comprende gli investimenti aggiuntivi nel settore delle costruzioni e l’effetto sulle interconnessioni settoriali, si attesta a un valore notevole di 96 miliardi di euro.

Il costo per lo Stato derivante da tali spese ammonta a 97 miliardi di euro. Tuttavia, l’impatto sull’economia è significativo: viene previsto un incremento del PIL di quasi 91 miliardi di euro nel corso di cinque anni e un gettito fiscale di circa 37 miliardi di euro.

Rispetto a tali stime, il costo per lo Stato si mantiene a un livello contenuto di 60 miliardi di euro, un importo nettamente inferiore all’incremento del PIL.

Questi risultati confermano l’efficacia del Superbonus 110% nell’attivare gli investimenti nel settore delle costruzioni e nel promuovere la crescita economica a più ampio raggio. Non solo l’iniziativa fornisce benefici tangibili ai cittadini che possono usufruire della detrazione fiscale, ma stimola anche l’intera economia nazionale.

Ma il comunicato sullo studio della Fondazione Nazionale dei commercialisti analizza ben più in profondità l’impatto del superbonus sull’economia. Abbiamo quindi deciso di analizzare quanto riportato dal comunicato qui di seguito anche alla luce del fatto che dal 2 maggio si può presentare la comunicazione per il Superbonus in 10 anni,

Superbonus, l’impatto è positivo: il costo è inferiore all’incremento del PIL secondo lo studio della Fondazione Nazionale dei commercialisti

Qualche giorno fa è stato diffuso il nuovo studio della Fondazione Nazionale dei commercialisti che analizza l’effetto economico del superbonus.

Questo documento prende in esame la spesa generata dall’agevolazione per gli anni 2021 e 2022, includendo gli investimenti aggiuntivi nel settore delle costruzioni e le interconnessioni settoriali con altri settori dell’economia. L’importo totale di tali investimenti si attesta a un significativo valore di 96 miliardi di euro. Il costo per lo Stato, rappresentato dalle detrazioni aggiuntive rispetto a quelle ordinarie, ammonta a circa 97 miliardi di euro.

Come riportato nel comunicato stampa,

“Di conseguenza, anche se in un orizzonte temporale più ampio corrispondente a circa un quinquennio, si stima un incremento di PIL di quasi 91 miliardi di euro e di gettito fiscale di circa 37 miliardi di euro.”

Il costo netto per lo Stato relativo al superbonus viene stimato in 60 miliardi di euro, un importo notevolmente inferiore all’incremento del PIL. Questi dati sono contenuti nella nuova pubblicazione, aggiornata con i dati disponibili fino al 31 dicembre 2022.

Lo studio rivela che il moltiplicatore sull’aumento del PIL generato dagli investimenti aggiuntivi indotti dal superbonus è dello 0,95%. Inoltre, l’effetto di retroazione fiscale, che rappresenta l’aumento del gettito fiscale rispetto all’aumento della spesa pubblica, è del 38%.

Come specificato nel comunicato,

“Se si considera adeguatamente l’effetto di retroazione fiscale, l’impatto del Superbonus 110 per cento sulle finanze pubbliche è dunque addirittura positivo, nel senso che l’incremento del PIL generato comunque a debito, cioè facendo deficit, sarebbe superiore all’impatto sul debito, migliorando, in termini percentuali, il rapporto debito/PIL.”

Le dichiarazioni del presidente dell’ordine dei commercialisti sugli Effetti economici superbonus 110

“Il nostro documento rappresenta un contributo tecnico che può orientare il decisore politico a riconsiderare il meccanismo della cessione del credito anche nell’ambito della proposta avanzata dal Consiglio Nazionale di inserire, per gli anni 2024 e 2025, un superbonus ‘sostenibile’, mirato cioè agli interventi di riqualificazione energetica degli edifici meno performanti sotto tale profilo e realizzati su grandi condomini, immobili destinati a edilizia residenziale pubblica e a beneficio dei soli nuclei familiari meno abbienti.”

Queste sono le parole del presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Elbano de Nuccio, che ha elogiato il documento diffuso in merito agli effetti economici del superbonus 110.

Il presidente ha inoltre suggerito che una porzione delle risorse potrebbe essere destinata anche alle aziende:

“Parte delle risorse potrebbero essere destinate anche alle imprese, attraverso meccanismi di detrazione fiscale o di riconoscimento di crediti di imposta connessi all’installazione di sistemi di autoproduzione di energia attraverso l’utilizzo di fonti rinnovabili, in particolare di quella solare fotovoltaica.”

Queste dichiarazioni evidenziano la volontà di promuovere un superbonus “sostenibile” che si concentri sulla riqualificazione energetica degli edifici meno efficienti e sull’utilizzo delle energie rinnovabili. Questa proposta mira a favorire due soggetti in particolare:

  1. i grandi condomini e quindi a sostenere l’edilizia residenziale pubblica, oltre a offrire benefici alle famiglie a basso reddito.
  2. le imprese, incoraggiando l’installazione di sistemi di autoproduzione di energia solare fotovoltaica attraverso meccanismi di detrazione fiscale o riconoscimento di crediti d’imposta.

Queste proposte testimoniano l’importanza di un approccio sostenibile nel settore energetico e l’impegno a utilizzare il superbonus come strumento per raggiungere tali obiettivi.

Le altre dichiarazioni sul Superbonus 110: l’impatto positivo sugli investimenti, l’occupazione e l’ambiente

Lo studio sugli effetti economici del superbonus 110 ha suscitato commenti anche da parte di Salvatore Regalbuto, tesoriere nazionale con delega alla fiscalità, che ha curato il documento insieme ai ricercatori Tommaso Di Nardo, Pasquale Saggese e Enrico Zanetti.

Regalbuto ha spiegato quanto segue:

“Attraverso il modello teorico del Consiglio e della Fondazione nazionali stimiamo un impatto molto positivo dei bonus edilizi, in particolare del Superbonus 110 per cento, sugli investimenti in edilizia e, quindi, sul Pil, oltre che sull’occupazione.”

Ha inoltre sottolineato l’impatto sia ambientale che occupazionale:

“Sebbene non si possa dire che le agevolazioni in edilizia si ripaghino totalmente, si può certamente asserire che tali agevolazioni hanno una elevata capacità di attivazione economica e fiscale con importanti ricadute in termini ambientali e occupazionali e anche sui fondamentali di finanza pubblica.”

Il tesoriere nazionale con delega alla fiscalità ha chiarito l’importanza dei dati aggiornati forniti dal MEF:

“In questo contesto un’importantissima conferma giunge dai dati resi noti dal Mef nell’Audizione del 23 maggio 2023, laddove, sulla base delle stime di impatto dei bonus edilizi sul Pil nominale per il periodo 2021-2025, per altro, limitate al solo impatto del Superbonus e del bonus facciate, si ricava un valore complessivo di incremento del Pil, per i cinque anni presi in considerazione, di 121 miliardi di euro. Un dato persino superiore alle nostre stime che si assestano a 91 miliardi di euro.”

Queste dichiarazioni sottolineano l’impatto positivo del superbonus 110 non solo sugli investimenti nel settore edilizio e sull’occupazione, ma anche sull’ambiente e sulle finanze pubbliche. I dati forniti dal MEF confermano l’importanza di tali agevolazioni e la loro capacità di stimolare l’economia, superando persino le previsioni iniziali.

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Superbonus case popolari: in arrivo la scadenza del 30 giugno

Superbonus case popolari in scadenza il 30 giugno 2023 ma con possibilità di prolungare i lavori fino a fine anno a specifiche condizioni. Vediamo quali in questo approfondimento

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Stai effettuando i lavori di ristrutturazione in una casa popolare?

Allora non perdere di vista la scadenza imminente del 30 giugno 2023 per beneficiare del Superbonus 110%. Questa opportunità ti consente di usufruire di una detrazione fiscale del 110% sui lavori eseguiti sulla tua abitazione, con la possibilità di concludere gli interventi già avviati entro la fine dell’anno.

È importante sottolineare che se raggiungi almeno il 60% di lavori eseguiti entro il 30 giugno, potrai beneficiare del superbonus anche sulle spese sostenute nella seconda metà dell’anno. Tuttavia, affinché la detrazione sia valida, è fondamentale completare tutti i lavori entro il 31 dicembre 2023.

Questa scadenza si accompagna ad alcune modifiche normative che sono state introdotte nel corso dell’ultimo anno (scopri di più qui), il che rende necessario tenersi aggiornati sulle ultime disposizioni. Non lasciare scappare questa opportunità di risparmio significativo e di valorizzazione della tua casa popolare. Assicurati di sfruttare al massimo il Superbonus 110% entro la scadenza del 30 giugno 2023.

Continua a leggere per scoprire di più!

Superbonus in scadenza il 30 giugno 2023 per le case popolari

Nel calendario delle scadenze legate alla fruizione del superbonus case popolari, quella del 30 giugno 2023 riveste un’importanza cruciale. Questa data limite riguarda le case popolari e le cooperative di abitazione a proprietà indivisa, in conformità con quanto stabilito dall’articolo 119, comma 8-bis, del decreto legge n. 34/2020.

È importante notare che questa scadenza, seppur parzialmente mobile, può beneficiare di un prolungamento residuale di sei mesi, ma solo in determinate condizioni.

Se entro il 30 giugno, sarà raggiunto uno stato di avanzamento dei lavori pari almeno al 60% dell’intervento complessivo, sarà possibile usufruire della proroga del superbonus fino al 31 dicembre 2023.

Questa condizione agevola anche coloro che, parallelamente all’esecuzione dei lavori sul condominio popolare, hanno avviato o intendono effettuare interventi sulla propria abitazione. La proroga condizionata al 31 dicembre si applica, infatti, anche agli interventi effettuati dalle persone fisiche sulle singole unità immobiliari all’interno dell’edificio.

Superbonus case popolari fino al 31 dicembre 2023 con SAL del 60 per cento entro giugno

E’ anche importante tenere presente la scadenza imminente del 30 giugno 2023. Questa data assume un ruolo cruciale nella valutazione dei beneficiari della proroga semestrale del superbonus case popolari.

Ecco cosa potrebbe accadere:

  1. Non raggiungimento del requisito del SAL del 60% entro il 30 giugno 2023: Se non completi almeno il 60% dei lavori entro questa data, perderai l’opportunità di beneficiare del superbonus del 110%. Tuttavia, potrai ancora usufruire delle detrazioni fiscali ordinarie per completare l’intervento programmato, sia per i lavori sulle case popolari che per quelli sulle abitazioni singole.
  2. Rispetto del requisito dello stato di avanzamento lavori del 60% entro la fine del mese: Se, invece, raggiungi almeno il 60% di progresso dei lavori entro il termine stabilito, potrai beneficiare della proroga fino al 31 dicembre 2023. Questa proroga ti consentirà di fruire del superbonus per completare l’intervento sulla casa popolare e per i lavori sugli appartamenti singoli.

Nel SAL del 60 per cento si considera l’intervento complessivo

A questo punto è fondamentale comprendere come viene calcolato il SAL (Stato di Avanzamento Lavori) del 60% per il superbonus case popolari. Questo criterio di valutazione, che deve essere raggiunto entro la scadenza del 30 giugno 2023, tiene conto dell’intervento complessivo, inclusi lavori che potrebbero non rientrare nel superbonus del 110%.

In altre parole, il calcolo del SAL del 60% considera tutti gli interventi previsti, anche quelli che non rientrano nella detrazione fiscale del 110%. Questo approccio estensivo permette di includere l’insieme completo dei lavori programmatisi, diventando una vera e propria “ancora di salvezza” per i cantieri che hanno subito ritardi a causa delle continue modifiche al superbonus introdotte nell’ultimo anno.

Quindi, se stai portando avanti diversi tipi di interventi all’interno delle case popolari, puoi tenerli in considerazione per il calcolo complessivo del SAL del 60%. Questo ti darà l’opportunità di rientrare nella proroga a fine anno e continuare a beneficiare delle agevolazioni fiscali offerte dal superbonus.

Ottieni il massimo dal Superbonus 110% con l’esperienza di Valore Energia

Valore Energia, è specializzata nelle pratiche relative al Superbonus 110%, è pronta ad aiutarti a sfruttare al meglio questa detrazione fiscale straordinaria.

Grazie alla competenza approfondita e alla conoscenza delle normative dei nostri esperti, siamo in grado di fornirti consulenza professionale per guidarti passo dopo passo nella procedura di richiesta e fruizione del Superbonus.

Per ottenere ulteriori informazioni e scoprire come possiamo aiutarti, basta compilare il modulo in fondo alla pagina con i tuoi dati. Dopo aver inviato il modulo, il nostro operatore ti contatterà per fornirti tutte le informazioni di cui hai bisogno.

Inoltre, una volta compilato il modulo, avrai la possibilità di scaricare gratuitamente la nostra guida al Superbonus 110% scritta direttamente dagli esperti di Valore Energia. Questa guida completa ti fornirà tutte le informazioni essenziali, consigli pratici e linee guida dettagliate per massimizzare i benefici del Superbonus per la tua abitazione.

Non perdere l’opportunità di ottenere il massimo risparmio fiscale e migliorare la tua casa grazie al Superbonus 110%. Affidati all’esperienza e alla professionalità di Valore Energia. Compila il modulo in fondo alla pagina e inizia il tuo percorso verso un’abitazione più efficiente ed ecocompatibile.

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Scadenza unifamiliari superbonus: arriva la proroga al 30 settembre 2023

Finalmente è arrivato il via libera della commissione Finanze della camera al decreto sui crediti incagliati del superbonus e sulla proroga della scadenza unifamiliari al 30 settembre 2023.

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Il Superbonus al 110 per cento ha una nuova data di scadenza per le unifamiliari, anche se non per tutti.

In più, grazie al via libera della commissione Finanze della Camera al decreto sui crediti del Superbonus c’è la possibilità di poter spalmare su più anni le detrazioni. In particolare è prevista la possibilità di detrarre le spese sostenute fino a dieci 10 anziché 4. Di fatto quindi sono state raccolte le indicazioni del ministro dell’Economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti.

Ma le novità non si fermano qui. Sarà infatti possibile usufruire di cessioni e sconti in fattura grazie a una sanatoria.

Abbiamo quindi deciso di approfondire l’argomento della proroga scadenza unifamiliari e della tempistica della detrazione fiscale in questo articolo. In questo modo cerchiamo di spiegare meglio quanto approvato dalla commissione Finanze della Camera e chiarire tutti gli eventuali dubbi in merito.

Scadenza unifamiliari superbonus prorogata al 30 settembre 2023

La scadenza del superbonus per villette e abitazioni unifamiliari, attualmente fissata al 31 marzo, sarà rinviata al 30 settembre 2023.  Per l’ufficialità però ci sarà da attendere il testo della legge di conversione del decreto 11/2023 in Gazzetta Ufficiale anche se ieri è stato votato l’emendamento in camera dei Deputati.

A beneficiare della nuova scadenza unifamiliari superbonus saranno i contribuenti che svolgano interventi che rientrano nell’ambito del superbonus su abitazioni unifamiliari e villette. L’importante è però che, alla data del 30 settembre 2022, abbiano realizzato almeno il 30 per cento dei lavori. La misura quindi sarà adottata esclusivamente pensando a coloro i quali sono in fase avanzata dei lavori. Le regole invece sono state riscritte per chi ha intenzione di iniziarne di nuovi (ne parliamo qui).

Ma cosa comporta questa proroga scadenza unifamiliari superonus?

Il rinvio della scadenza per le unifamiliari, su cui è stata trovata ampia convergenza dalle varie parti politiche, permetterà ai contribuenti di avere più tempo per i pagamenti tramite bonifico della conclusione dei lavori. Tempo prezioso visto che la conclusione dei cantieri a causa della mancanza di materie prime e di liquidità ha subito nella maggior parte dei casi enormi slittamenti temporali.

Cosa cambia per lo sconto in fattura e la cessione del credito?

La proroga scadenza unifamiliari non riguarda invece le modalità di fruizione del superbonus alternative alla detrazione in dichiarazione dei redditi. Non è stato prorogato il termine per la comunicazione della comunicazione all’Agenzia delle Entrate della cessione del credito e dello sconto in fattura. Il termine per chi ha realizzato interventi che rientrano nelle agevolazioni edilizie ed ha sostenuto le spese nel 2022 rimane infatti fisso al 31 marzo 2023.

Tuttavia, per salvare le cessioni del 2022, c’ una nuova possibilità. Coloro che non avranno ha concluso il contratto di cessione entro il 31 marzo potranno comunque effettuare la comunicazione all’Agenzia delle Entrate con la ‘remissione in bonis‘.. In altre parole, potranno usufruire comunque della cessione del credito entro il 30 novembre, pagando una sanzione di 250 euro.

Cessione e sconto in fattura restano per però per le seguenti casistiche:

  • eliminazione delle barriere architettoniche
  • per gli istituti per le case popolari (Iacp), le onlus e il terzo settore
  • lavori su immobili colpiti da eventi sismici e anche per l’alluvione delle Marche.

Allargato anche a tutti i cessionari che acquistano crediti da una banca lo scudo dalla responsabilità in solido per chi acquista i crediti del superbonus.

Sblocco dei crediti incagliati

La proroga scadenza unifamiliari superbonus arriva insieme alla possibilità di smaltire la montagna di 19 miliardi di crediti bloccati del superbonus. Le grandi società pubbliche, hanno infatti convinte banche e istituzioni a far ripartire le acquisizione dei crediti dopo anche l’approvazione del Decreto Blocca Cessioni.

Un doppio canale che si è concretizzato grazie anche alle novità introdotte nel decreto superbonus che secondo il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti dovrebbe portare l’arrivo di un veicolo atto a ciò dopo che hanno proceduto ad individuare un  quadro di maggiori certezze che abbiamo dato sotto il profilo giuridico per l’acquisto di questi crediti. Il tutto si dovrebbe concretizzare con la creazione di un veicolo atto a ciò che è stato possibile pensare solo dopo:

“l’elaborazione di un sistema, una specie di piattaforma, che dovrebbe in qualche modo permettere di smaltire tutto l’arretrato”.

Escluso invece il ricorso agli F24 per la compensazione orizzontale dei crediti. Il governo ha chiuso su questo con le dichiarazioni del sottosegretario Federico Freni che ha spiegato che  il loro utilizzo genererebbe sostanziali e rilevantissimi problemi di cassa.

Detrazione in 10 anni

Non solo una proroga scadenza unifamiliari del superbonus ma anche una proroga delle tempistiche entro cui fruire della detrazione in dichiarazione dei redditi. La tempistica è stata infatti oggetto di ipotesi che la vorrebbero estendere a 10 anni invece che a 4. In questo modo si aiuterebbero tutti i soggetti che hanno redditi più bassi o quindi con minore capienza fiscale. In particolare, tramite le parole del ministro Giorgetti, il governo apre alla possibilità anche per i privati di spalmare su un numero maggior di anni la detrazione:

 “Io sono assolutamente favorevole al sistema delle detrazioni: 5, 10 anche 20 anni”.

Il sottosegretario all’economia Federico Freni ha poi annunciato che la modifica stava per essere depositata precisando però al tempo stesso che le persone interessate da questa modifica rappresentano di fatto “numeri residuali”.

Compila il modulo contatti che trovi qui sotto per rimanere sempre aggiornato sulle ultime novità in merito al superbonus 110% ed alla proroga scadenza unifamiliari!

 

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Superbonus no, Direttiva Case Green Si! Quanto ci costa il cambio di rotta del Governo?

L’Eurocamera dà il via libera alla direttiva sulle case green ma con lo stop dello sconto in fattura i costi ricadono sui contribuenti. Spieghiamo brevemente cosa è ed in cosa consiste e quanto potrebbe costarci la nuova Direttiva Europea.

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In questi ultimi anni l‘Europarlamento è chiamato a votare sempre più spesso su politiche per l’ambiente dal forte peso ideologico. Ieri ad esempio, il Parlamento europeo ha approvato la cosiddetta Direttiva sulla casa “green” e l’efficienza energetica degli edifici. Ad una prima impressione un voto in questo senso non può che essere positivo. Soprattutto vista l’esigenza di portare avanti ancora più decisamente la transizione ecologica abbattendo drasticamente le emissioni di gas inquinanti. Ad un esame più attento però la situazione non è affatto così rosea.

La Direttiva case green prescriverà agli Stati membri obiettivi di ristrutturazione degli immobili residenziali e non, al fine di aumentarne l’efficienza energetica. Il lasso di tempo previsto si estenderà fino al prossimo decennio. Precisiamo che tale direttiva ha ottenuto una discreta maggioranza visto che a Strasburgo è stata approvata con 343 voti favorevoli, 216 contrari e 78 astenuti. A questo punto la palla passa in mano alla Commissione che è autorizzata a avviare trattative con il Consiglio, cioè gli Stati, per portare a compimento l’entrata in vigore della direttiva.

Si perché prima dell’entrata in vigore della direttiva case green c’è anche da capire su chi ricadranno le spese per la ristrutturazione di questi edifici oltre che gli effetti che una misura di questo tipo potrebbe provocare sull’economia. Visto l’attuale blocco dello sconto in fattura e della cessione del credito (ne parliamo qui), la risposta ci appare scontata: i costi ricadranno sui proprietari degli edifici da riqualificare ovvero su di noi cittadini.

In questo articolo cerchiamo di fare il punto della situazione spiegando perché, dietro alle buone intenzioni, si nasconde un rischio grandissimo per il nostro paese per le nostre tasche.

Cosa prevede la nuova direttiva “case green”?

Secondo la Direttiva Europea “Case green” gli stati Stati membri dell’UE dovranno dare una decisa sterzata green soprattutto nel settore delle costruzioni. La nuova direttiva si fonda sul fatto che gli edifici sono classificati per impatto ambientale su una scala che va da A a G. 

Se quanto abbiamo affermato è sicuramente vero, è altrettanto vero però che non c’è una uniformità di criteri per individuare la classe energetica peggiore degli edifici tra i vari paesi europei. In altre parole, la classe G italiana, non corrisponde ad esempio a quella della Romania o della Polonia, ovvero da paesi dalle caratteristiche socio-economiche e storiche ben diverse dalle nostre. Questi paesi infatti molto probabilmente dovranno sostenere spese molto minori per riqualificare i loro edifici partendo da un livello di efficienza più basso.

A questo punto dobbiamo anche riportare che secondo la direttiva casa green gli edifici residenziali dovrebbero raggiungere almeno la classe di prestazione energetica E entro il 2030 e D entro il 2033. Come se non bastasse, ogni nuovo edificio dovrà essere realizzato a emissioni zero a partire dal 2028 se costruito da privati e dal 2026 se costruito per fini pubblici. 

Ci preme quindi sottolineare due aspetti che riguardano queste ultime diposizioni:

  • la strettezza dei tempi previsti per l’adeguamento alla direttiva, soprattutto per i nuovi edifici,
  • i costi che questo potrebbe riservare, soprattutto per l’Italia.

In merito a quest’ultimo aspetto, il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, che ha già chiesto:

“una seria presa in considerazione del contesto italiano, diverso da quello di altri Paesi europei per questioni storiche, di conformazione geografica, oltre che di una radicata visione della casa come ‘bene rifugiò delle famiglie italiane”.

La direttiva è un eccesso di zelo?

Il percorso della direttiva al parlamento Europeo non è stato semplice visto che ha spaccato la maggioranza che sostiene Ursula von der Leyen. A favore, assieme ai Socialisti, sono andati i Verdi, parte dei Liberali di Renew Europe, la Sinistra Europea e piccoli frammenti di Partito Popolare Europeo. Contro, tutta la destra e parte del Ppe. Sembrerebbe quindi quasi che il Parlamento Europeo sia stato vittima di un idelogia iper-ambientalista che poco tiene in considerazione le vere necessità di cittadini e imprese.

L’efficientamento energetico degli edifici è un obiettivo condivisibile e di fondamentale importanza. Tuttavia tale obiettivo non può essere perseguito sulla pelle dei cittadini. In queste condizioni infatti, le spese per l’efficientamento energetico saranno a carico dei cittadini. Costoro dovrebbero farsi carico di esborsi ingenti per ottemperare agli obblighi della direttiva. I costi del materiale edilizio, ma non solo questi, che in questo momento sono sensibilmente più alti rispetto a qualche anno fa grazie al Superbonus, potrebbero infatti ulteriormente aumentare.

Quando si parla di transizione energetica, l’Unione Europea, ha la tendenza di mettere il carro davanti ai buoi. Non si ragiona in termini di percorsi fatti di obiettivi da raggiungere organizzati in base a priorità, ma si individua l’obiettivo finale senza avere idea di come raggiungerlo. E questo è molto pericoloso da un punto di vista economico, per i singoli paesi ma anche per tutti i cittadini europei.

Se da un lato si rischia la perdita di milioni di posti di lavoro a livello europeo, dall’altro si rischia un costo plurimiliardario per l’Italia che sarebbe comunque minore di quello di  Francia e Germania. La prospettiva aperta dalla direttiva “case green” è quindi complessa anche se c’è ancora da giocare la partita del Consiglio Europeo.

Quanto costa la follia delle case green?

A realizzare una stima dei costi che l’Italia dovrebbe sostenere qualora passasse così come la “Direttiva casa green” ci ha pensato Ance (Associazione Nazionale dei Costruttori Edili).

Secondo il suo rapporto, la spesa per le ristrutturazioni “green” della casa ammonta ad una cifra compresa tra 40-60 miliardi di euro. Precisiamo inoltre che questa stima non tiene in alcuna considerazione né i costi per eventuali mutui e finanziamenti in capo ai privati, nuove torsioni verso l’alto del prezzo delle materie prime e costi burocratici in capo a amministrazioni o cittadini per la ristrutturazione. Si tratta quindi di una stima prudenziale che considera un costo medio per ristrutturazione che ammonta a 20-25 mila euro.

Ance ha poi anche stimato il numero di immobili che servirà ristrutturare al netto delle esenzioni che il Partito Popolare Europeo ha promosso. Se approvate tali esenzioni riguardano gli edifici dei centri storici delle città, case di famiglie indigenti, luoghi di culto e costruzioni soggette a vincolo storico e culturale. In totale sono circa 230.000 edifici pubblici e non residenziali e 1,8 milioni di residenziali privati. In altre parole è come dire che fino al 2033, dovranno essere ultimati oltre 200.000 interventi su singoli edifici. Tutto questo per portare a una classe energetica di E entro il 2030 e D entro il 2033 gli oltre 2 milioni di immobili interessati.

Per capire la dimensione della sfida, Ance ricorda che, con il superbonus 110%, sono stati realizzati poco meno di 100.000 interventi nel 2021 e 260.000 nel 2022. La Direttiva prevede, quindi, che nei prossimi anni dovremo mantenere un ritmo, costante, simile a quello sperimentato nell’ultimo anno.

Ma non finisce qui. La vera minaccia è quella che riguarda la svalutazione degli immobili. Ovvero il bene che gli italiani hanno usato per anni come forma di investimento dei loro risparmi. Per fortuna le sanzioni per chi non avesse ottemperato a questo obbligo, come il divieto di vendere o affittare la casa che non avesse il bollino verde richiesto dall’Europa sono decadute. Tuttavia rimane concreto il rischio di deprezzamento degli immobili che non saranno riusciti a raggiungere la classe E entro il 2033. In altre parole, o si sostengono le spese necessarie per far salire di classe energetica casa propria con i nostri soldi, o la casa in cui viviamo subirà un crollo del proprio valore.

Le previsioni di ANCE

Il testo della Direttiva casa green ha diviso in due le opinioni sulle tempistiche entro cui effettuarla. C’è chi sostiene la necessità di accelerare i tempi della riqualificazione degli edifici e chi invece promuove un approccio più ‘soft’.

In ogni caso l’attuazione un simile disegno presuppone un enorme piano strategico che interessa non solo il settore dell’edilizia, ma l’intera catena del valore che tali interventi richiedono (materiali, impianti, servizi, finanza). In sostanza quello che si dovrebbe creare è un vero e proprio Piano europeo per la neutralità e l’indipendenza energetica che presupponga:

  • adeguate risorse pubbliche,
  • un sistema di finanziamenti accessibili alle famiglie,
  • progetto industriale in grado di ridurre i costi delle forniture e degli interventi 
  • regime fiscale che sappia assecondare la creazione di un polo industriale, italiano ed europeo, capace di diventare un punto di riferimento mondiale dell’efficienza energetica.

Accanto a tutto questo serve anche un sistema efficiente di cessione dei crediti fiscali (anche per percentuali inferiori al 110%). Tale meccanismo infatti non può mettere n discussione, la monetizzazione dei lavori eseguiti, con il risultato di bloccare qualsiasi ulteriore decisione di investimento. Per questo motivo, quello che farà la differenza tra un Piano concreto di miglioramento ambientale e un libro dei sogni è la decisione di Eurostat sui crediti fiscali. Come abbiamo scritto anche qui, vengono considerati come debito pubblico e quindi possono essere spalmati su più anni.

Cosa può fare adesso l’Italia?

Come abbiamo già anticipato, la partita decisiva si combatterà al Consiglio Europeo. Sarà infatti quest’ultimo, nei prossimi mesi, a decidere se vidimare la decisione della Commissione o proporre emendamenti.

Si tratta di una sede di dialogo non ostile all’Italia. Tra l’altro, in questa sede, possiamo anche puntare sulla coerenza tra l’esecutivo in patria e i voti dei partiti al Parlamento Europeo. Finlandia, Spagna e Olanda infatti hanno già mostrato diverse riserve per la direttiva che ritengono eccessivamente precipitosa. C’è quindi spazio per il nostro paese per proporre modifiche alla direttiva “case green”. Ad esempio potremo fare in modo che si allunghino i tempi o modifichino le soglie di esenzione per evitare un disastro industriale.

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Cessione del credito 2023: le regole dopo il Decreto blocca Cessioni

Cessione del credito 2023: il decreto “blocca cessioni” approvato pochi giorni fa stoppa definitivamente le nuove operazioni di cessioni del credito e sconto in fattura. Ecco le nuove regole

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Il dl 11/2023, decreto blocca cessioni, approvato d’urgenza nei giorni scorsi riscrive nuovamente le regole sulla cessione del credito 2023 e sullo sconto in fattura. In sostanza il nuovo decreto apporta delle modifiche sostanziali al vecchio articolo 121 del DL Rilancio.

A farne le spese sono così molti dei bonus fiscali attualmente in vigore per i quali era riconosciuta la possibilità di usufruire dello sconto in fattura in cambio della cessione del credito d’imposta maturato. Niente più Superbonus 110%, Bonus fotovoltaico al 60% o Bonus caldaia.

Ma è davvero così per tutti gli incentivi o ancora è possibile usufruire della cessione del credito 2023 in qualche modo?

Puoi richiedere una nostra consulenza o maggiori informazioni cliccando qui!

Cessione del credito 2023: tutte le modifiche dopo il dl 11/2023 Blocca cessioni

Cessione del credito 2023: tutte le modifiche dopo il dl 11/2023 Blocca cessioni

Cessione del credito 2023, le modifiche del decreto blocca cessioni

I punti principali del decreto cessioni sono i seguenti:

  • stop agli enti locali all’acquisto dei crediti da Superbonus;
  • responsabilità solidale del cessionario;
  • stop alle nuove cessioni del credito e allo sconto in fattura;
  • stop anche al vecchio meccanismo di cessione dei crediti (dl 63/2013).

Di seguito analizziamo brevemente le novità una per una delle nuove regole per la cessione del credito 2023.

Cessione del credito 2023, stop all’acquisto dei crediti per gli enti locali

Regioni e province stavano iniziando a muoversi per provare a sbloccare il mercato dei crediti fiscali del 2023. In questo modo, pensavano di poter in qualche modo contribuire a sbloccare una serie di cantieri sospesi a causa proprio dell’impossibilità di cedere il credito d’imposta in cambio di liquidità e rilanciare il settore edilizio.

Con le nuove regole per la cessione del credito 2023 di fatto il governo introduce un divieto secco per comuni, province e regioni di acquistare crediti derivanti da bonus edilizi.

Stando alle parole della Premier Giorgia Meloni e del ministro dell’economia, questa misura sarebbe necessaria per evitare danni più grossi alle casse dello Stato. Se gli enti pubblici acquistassero questi crediti infatti, lo stato potrebbe rischiare di non avere neanche i fondi per la prossima manovra (ne avevamo parlato anche qui). In particolare, l’art. 1 comma 1 lett. a) prevede che:

ai fini del coordinamento della finanza pubblica, le pubbliche amministrazioni […] non possono essere cessionari dei crediti di imposta derivanti dall’esercizio delle opzioni di cui al comma 1, lettere a) e b) dell’art. 121.

Responsabilità solidale del cessionario

Il decreto cessioni prova a sbloccare i crediti cosiddetti incagliati perimetrando la responsabilità solidale del cessionario in caso di truffa o dolo introducendo una serie di documenti per l’esonero della responsabilità dei cessionari.

In particolare, l’art. 1 comma 1 lett. b) prevede che il concorso nella violazione e la conseguente responsabilità in solido sono in ogni caso escluse per i cessionari che siano in possesso dei seguenti 9 documenti:

  • titolo edilizio oppure dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà nel caso di edilizia libera, in cui sia indicata la data di inizio dei lavori ed attestata la circostanza che gli interventi di ristrutturazione edilizia posti in essere rientrano tra quelli agevolabili e non necessitano di titolo;
  • notifica preliminare ASL oppure, nel caso di interventi per i quali tale notifica non è dovuta in base alla normativa vigente, dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà che attesti tale circostanza;
  • visura catastale ante operam dell’immobile oggetto degli interventi, oppure, nel caso di immobili non ancora censiti, domanda di accatastamento;
  • fatture, ricevute o altri documenti comprovanti le spese sostenute, nonché documenti attestanti l’avvenuto pagamento delle spese medesime;
  • asseverazioni, quando obbligatorie per legge, dei requisiti tecnici degli interventi e di congruità delle relative spese, corredate da tutti gli allegati previsti dalla legge, rilasciate dai tecnici abilitati, con relative ricevute di presentazione e deposito presso i competenti uffici;
  • delibera condominiale di approvazione dei lavori e relativa tabella di ripartizione delle spese in caso di interventi su parti comuni;
  • nel caso di interventi di efficienza energetica: relazione tecnica (legge 10), APE / APE convenzionale, oppure dichiarazione sostitutiva che attesti la non necessità di tale documentazione;
  • visto di conformità rilasciato dal commercialista;
  • attestazione delle banche o istituti di credito che intervengono nelle cessioni di avvenuta segnalazione delle operazioni sospette (art. 35 dlgs 231/2007) o di astensione (art. 42 dlgs 231/2007).

Le nuove regole per la cessione del credito 2023 prevedono che solo il possesso di questi 9 documenti possa salvare il cessionario in caso di controlli e responsabilità accertate. Resta comunque da sciogliere il nodo del sequestro preventivo del credito.

Stop alle nuove cessioni del credito 2023 e allo sconto in fattura. Quali sono i bonus a farne le spese?

Analizziamo adesso quello che è il vero punto dolente delle nuove regole per la cessione del credito 2023 introdotte dal decreto blocca cessioni. La nuova normativa infatti prevede che dal 17 febbraio non è più possibile procedere con la cessione del credito né con lo sconto in fattura per i seguenti interventi (art. 121 c. 2):

  • recupero del patrimonio edilizio;
  • efficienza energetica;
  • misure antisismiche;
  • recupero o restauro della facciata;
  • installazione di impianti fotovoltaici;
  • colonnine di ricarica.

In altre parole, questo significa che fare le spese del decreto blocca cessioni nel 2023 sono i seguenti bonus:

  • superbonus
  • bonus ristrutturazione;
  • ecobonus;
  • sismabonus;
  • bonus facciate, non più accessibile per il 2023 ma i cui crediti sono ancora in circolazione;
  • detrazione per l’installazione degli impianti fotovoltaici;
  • detrazione per l’installazione delle colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici;
  • bonus barriere architettoniche

In pratica, questo significa che non è più possibile cedere il credito.

Nulla cambia invece per quanto riguarda bonus verde e bonus mobili per i quali non era cmq prevista la possibilità della cessione del credito.

Divieto di prima cessione di altri crediti fiscali: come funziona per le imprese?

Abbiamo visto come, sempre con decorrenza dalla data di entrata in vigore del decreto n. 11/2023, non è più consentita la prima cessione di tutta una serie di crediti d’imposta, istituiti negli ultimi due anni. Abbiamo precedentemente preso in esami i crediti fiscali derivanti dai bonus edilizi. Ma non sono solo questi quelli modificati dalle nuove sulla cessione del credito 2023.

Il Dl blocca cessioni interviene anche sulle prime cessioni dei:

  • bonus energia per le imprese energivore e non, 
  • crediti per il settore della ristorazione, 
  • crediti relativi alla cosiddetta super Ace,
  • bonus concessi a favore delle imprese turistiche e per le agenzie di viaggio.

Restano fuori dalla tagliola introdotta dal comma 4 dell’articolo 2 del dl n. 11/2023 i crediti per i quali, prima del 16 febbraio 2023, sia stato stipulato un contratto di cessione avente data certa.

Quando sarà ancora possibile cedere il credito d’imposta?

Le nuove regole per la cessione del credito 2023 prevedono cmq alcune casistiche per le quali resta comunque possibile optare per questa possibilità. Le elenchiamo qui di seguito:

  • interventi Superbonus diversi da quelli effettuati dai condomìni (in sostanza le unifamiliari) per i quali sia già stata presentata la CILA-S (CILA-S entro il 16 febbraio 2023);
  • interventi effettuati dai condomìni per i quali sia stata adottata la delibera assembleare e risulti presentata la CILA-S (entro il 16 febbraio 2023);
  • interventi di demolizione e ricostruzione per i quali sia stata presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo (entro il 16 febbraio 2023).

Per tutti gli altri bonus invece, vale sempre la regola generale che è possibile cedere il credito solo per le CILAS presentate entro il 16 febbraio.

Cessione del credito, anche le vecchie regole sono abrogate!

A questo punto è lecito chiedersi se sarà più possibile usufruire dello sconto in fattura o cessione del credito secondo le regole previgenti al dl 34/2020. Si perché in realtà, questo meccanismo è stato introdotto ben prima del Decreto Rilancio ma in una delle tante modifiche dal dl 63/2013.

Ad un’attenta analisi del dl 11/2023 si nota che l’art. 2 all’ultimo comma 4 prevede espressamente l’abrogazione anche del vecchio meccanismo di cessione del credito che prevedeva che:

Per le spese sostenute per interventi di riqualificazione energetica di cui al presente articolo, i soggetti che nell’anno precedente a quello di sostenimento delle spese si trovavano nelle condizioni di cui all’articolo 11, comma 2, e all’articolo 13, comma 1, lettera a), e comma 5, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (incapienti, ndr) in luogo della detrazione possono optare per la cessione del corrispondente credito ai fornitori che hanno effettuato gli interventi ovvero ad altri soggetti privati, con la facoltà di successiva cessione del credito. Le modalità di attuazione delle disposizioni del presente comma sono definite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

Viene abrogato anche il punto 3.1. che prevedeva, inoltre, che;

a partire dal 1° gennaio 2020, unicamente per gli interventi di ristrutturazione importante di primo livello di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 giugno 2015, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 15 luglio 2015, […], per le parti comuni degli edifici condominiali, con un importo dei lavori pari o superiore a 200.000 euro, il soggetto avente diritto alle detrazioni può optare, in luogo dell’utilizzo diretto delle stesse, per un contributo di pari ammontare, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, anticipato dal fornitore che ha effettuato gli interventi e a quest’ultimo rimborsato sotto forma di credito d’imposta da utilizzare esclusivamente in compensazione, in 5 quote annuali di pari importo, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, senza l’applicazione dei limiti di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Il fornitore che ha effettuato gli interventi ha a sua volta facoltà di cedere il credito d’imposta ai propri fornitori di beni e servizi, con esclusione della possibilità di ulteriori cessioni da parte di questi ultimi. Rimane in ogni caso esclusa la cessione ad istituti di credito e ad intermediari finanziari.

Anche il meccanismo di cessione del sismabonus è abrogato: l’art. 16 comma 1-quinquies. prevedeva che (interventi 75%/85%) che:

qualora gli interventi […] siano realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali, le detrazioni dall’imposta […] spettano, rispettivamente, nella misura del 75% (incremento di una classe di rischio sismico, ndr) e 85% (incremento di 2 o più classi di rischio sismico, ndr). Le predette detrazioni si applicano su un ammontare delle spese non superiore a euro 96.000 moltiplicato per il numero delle unità immobiliari di ciascun edificio. Per tali interventi, a decorrere dal 1º gennaio 2017, in luogo della detrazione i soggetti beneficiari possono optare per la cessione del corrispondente credito ai fornitori che hanno effettuato gli interventi ovvero ad altri soggetti privati, con la facoltà di successiva cessione del credito. Rimane esclusa la cessione ad istituti di credito e ad intermediari finanziari. Le modalità di attuazione del presente comma sono definite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

Conclusioni

Le nuove regole per la cessione del credito 2023 non fanno altro che complicare ulteriormente il quadro relativo ai bonus fiscali che già il Superbonus aveva complicato enormemente. Alla luce delle ultime novità introdotte orientarsi tra regole ed eccezioni per la cessione del credito e dello sconto in fattura è sempre più complicato. E il futuro del panorama normativo di riferimento, al centro di un forte dibattito, sembra essere destinato a complicarsi ancora di più.

Per il momento, in ogni caso, è sempre possibile usufruire dei bonus sopra elencati. Tuttavia si potrà beneficiarne solo in detrazione in dichiarazione dei redditi o in compensazione (leggi qui per approfondire) come avveniva fino a qualche anno fa.

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